Bucio Nero’ – 22/04/2023

Una nuova puntata dell’avventura a Bucio Nero’ che ci regala piccole soddisfazioni ed enormi delusioni. Con Luca a proseguire l’esplorazione.

Gabriele questo fine settimana ha impegni non grotteschi quindi chiedo a Luca se ha voglia di andare in grotta. Quando mi risponde di si alzo la posta proponendogli di tornare alla fredda e fangosissima Bucio Nero’ per continuare lo scavo. Con mia sorpresa Luca risponde ancora di si. E’ fatta!

Il sabato mattina passo a prendere Luca al casello di Tivoli, che gia’ abbiamo rinominato come “il solito posto”. Proseguiamo con la mia macchina saltando la consueta sosta per la colazione da “Cicchetti”. Andiamo direttamente al magazzino dove troviamo anche Nerone. Chiacchierando con lui facciamo il materiale poi salutiamo e partiamo per la grotta.

Alle 11 siamo pronti per entrare. Prendo lo zaino del materiale e mi avvio mentre Luca termina i suoi preparativi. Nerone ci aveva detto: “Durante la settimana ho fatto un salto alla piana di fondi di Jenne, c’erano almeno 10cm di neve”. Per nostra fortuna oggi troviamo nessuna traccia di neve e in sua vece abbiamo un bel sole, anche troppo caldo mentre attendiamo alla vestizione.

Come al solito uno sguardo alla dolina vicina a Bucio Nero’. Il disgelo non ha portato nuove notevoli.

Invece qualche gitante si e’ esercitato a costruire manufatti con rami e corda per poi abbandonare tutto sul prato. Luca che ha esperienza afferma che si tratta di scout che probabilmente avevano dei capi-squadra (o come si chiamano in gergo scoutesco) poco attenti a lasciare il luogo visitato come lo avevano trovato. Comunque i manufatti sono graziosi, una via di mezzo delle ciaspole e dei acchiappasogni. Li lasciamo dove sono, magari piaceranno a qualche bimbo in gita.

Ecco Luca che arriva passando anche lui accanto alla dolina intermedia.

Davanti alla grotta sfido definitivamente il caldo indossando il resto della attrezzatura. Oggi sperimento, sotto la tuta ho indossato una giacca di plastica assolutamente impermeabile, vediamo se sara’ utile a soffrire meno il freddo. Anche alla grotta troviamo qualche sorpresa attribuibile a gitanti poco rispettosi. Molti sassi sono sopra la rete che poniamo a protezione della grotta, molti dei ferri che aveva portato Nerone per fare una copertura all’ingresso che limitasse la circolazione d’aria sono spariti (poi scopriremo che sono stati tirati giu’ in grotta. Come se non bastasse questi simpatici individui hanno fatto sparire il dado del fix di partenza…che simpatici giocherelloni, col pensiero auguro che un giorno qualcuno vada a trovarli a casa e una volta la’ si comporti come loro qua.

Per prima cosa entro nel recinto che dovrebbe proteggere la grotta per togliere i numerosi sassi che sono incastrati nella rete poi finalmente tiro da parte la rete per il nostro passaggio. Per mettere la corda non possiamo utilizzare il fix perche’ non abbiamo portato dadi di scorta. Luca trova un attacco naturale abbastanza solido e utilizziamo quello. Il secondo fix per fortuna non ha subito atti di incurante vandalismo. Monto il discensore e scendo. Luca poco prima aveva visto un uccellino volare via dall’ingresso della grotta, gli avevo sorriso con scetticismo. Ora vedo che aveva ragione lui, accanto al frazionamento c’e’ un nido! Non mi ci avvicino per guardare se ci sono uova, non vorrei creare involontariamente danni. Appena sistemato il primo frazionamento interno, un metro sotto la quota d’ingresso, mi metto comodo per far scendere Luca cosi’ che possa sottrarsi anche lui al caldo sole, infatti qua gia’ si sta al fresco.

Scendo e termino di sistemare la corda. Dopo l’ultimo frazionamento manca da affrontare “solo” lo scivolo di fango. Mi stendo con rassegnazione nella melma e scendo nella prima saletta. Urlo la libera a Luca e attendo il suo arrivo. Nell’attesa inizio a togliermi parte dell’attrezzatura per non infangarla troppo e poi mi dedico a fotografare un “bacherozzo” che traffica nella melma.

Per quando arriva Luca sono quasi pronto per la seconda parte del fango odierno, il cunicolo successivo. Recupero la corda di servizio che avevamo lasciato in grotta la volta scorsa, la lego al capo terminale di quella su cui siamo scesi e ne prendo l’altro capo per portarlo con me nel cunicolo cosi’ una volta nella minuscola saletta che chiamo pomposamente “campo base” potro’ recuperare lo zaino dei materiali.

Mentre Luca inizia a levare l’attrezzatura io mi distendo di nuovo nel fango con il solito sospiro rassegnato. Dannaz…Malediz…anche stavolta ci sono dei sassi ad ingombrare il passaggio. Avverto Luca e poi con pazienza, sempre ben immergo nel corroborante limo di grotta, mi tolgo i sassi piu’ grandi da dietro la schiena e li passo a Luca. Per fortuna sono solo 4 o 5 quindi in una decina di minuti ce la sbrighiamo. Gli altri son piccini e li trascino con me fino alla saletta.

Sono finalmente al nostro attuale campo da dove partiamo per aggredire il cunicolo successivo nella speranza ci porti avanti nell’esplorazione. Urlo a Luca di legare lo zaino alla corda e poi lo recupero fino ad averlo con me. Luca mi avverte che prima di raggiungermi vuole sistemare meglio i sassi che nel tempo abbiamo accumulato nella prima saletta. Gli rispondo che e’ ok, intanto io rovisto nello zaino per fare di nuovo l’inventario di quel che abbiamo portato. Sistemo un po’ in giro per la saletta tutto il necessario poi prendo il trapano, ci inserisco una delle due batterie, prendo la punta lunga e la inserisco nel mandrino…o almeno cerco di farlo…la punta nel mandrino non ci vuole proprio entrare. Con un adeguato numero di imprecazioni reitero il tentativo, nulla da fare. Aumento la luce per vedere meglio dentro al foro del mandrino. Boh, non sembra esserci roba che possa impedire alla punta di prendere il suo posto. Forse la punta? Nel dubbio la pulisco meglio che posso. Tento di nuovo, nulla. Riesco ad inserirla per poco piu’ di meta’ ma poi si blocca. Punto la punta della punta su una roccia e “accendo” il trapano facendo girare la punta e contemporaneamente spingendo. L’espediente fa l’effetto che mi aspettavo, ora la punta e’ innestata per intero. Ora si deve far fare uno scatto al mandrino per bloccare la punta. Pare semplice a dirlo ma il mandrino a fare il suo dovere non ci pensa proprio. Passo il successivo quarto d’ora a combattere con lui mentre in lontananza sento Luca che sposta sassi con molta energia. Ho fiducia nella sua maestria nel costruire muretti a secco ma il pensiero che possa crollare tutto e bloccarmi la via del ritorno mi attraversa la mente per almeno un decimo di secondo.

Alla fine il primo round lo vince il mandrino, mi arrendo, per ora. Prendo quel che mi serve e vado col trapano nel cunicolo, fino al punto dove stiamo allargando. Mi metto comodo, per quanto possibile in un cunicolo meno largo delle mie spalle, e inizio a lavorare col trapano. Naturalmente fare buchi nella roccia con la punta non bloccata si rivela molto difficoltoso. Ogni tanto si deve tirare il trapano verso l’alto per fare in modo che la punta uscendo tiri fuori la polvere che ha prodotto. Peccato che la punta in questo caso non sia bloccata quindi tende ad uscire dal mandrino. Fare due buchi in questa maniera e’ quasi snervante. alla fine mi accontento del magro risultato e lavoro con quel poco che sono riuscito a fare. Quando fatto torno strisciando nella saletta per avvertire Luca che mi servirebbe il suo aiuto. Mentre aspetto che arrivi torno in zona scavi dove decido di riprendere la mia lotta contro il mandrino malefico. Prendo il trapano, tolgo la punta malmessa, prendo la mazzetta. Quando sono pronto poggio il mandrino sulla roccia e do corrente al trapano per farlo girare, allo stesso tempo con la mazzetta assesto dei colpetti al mandrino. Gli faccio questo servizio per un paio di minuti poi riprovo a far fare lo scatto al mandrino…funziona! Con molta, moltissima soddisfazione innesto di nuovo la punta e finalmente riesco a bloccarla. Ora si puo’ lavorare con meno problemi.

Da quel momento in poi Luca ed io ci alterniamo allo scavo. La prima batteria del trapano termina la carica dopo solo 6 o 7 buchi. Poco male, la cambiamo e proseguiamo. Con la nuova batteria facciamo ancora un paio di buchi poi sospendiamo perche’ Luca spostando sassi ha creato un pertugio da cui si intravede un ambiente e dice di voler provare a passare.

Luca prova…ma non passa, ancora troppo stretto. Facciamo per l’ennesima volta il laborioso cambio di posto tornando al “campo base” e vado io avanti per tentare di allargare ulteriormente. Sto molto nello stretto ma ci provo. Faccio un primo buco ma non va bene, ho preso poca roccia e son sbucato dall’altro lato dello spuntone da eliminare. Mi sposto per quanto posso e punto il trapano piu’ in la’. Inizio a bucare ma nemmeno a meta’ buco la batteria mi tradisce facendo fermare il trapano quasi senza avvisaglie. Cosi mi trovo nei guai. Sono incastrato nello stretto con il trapano in mezzo alle gambe, fermo e con la punta solidamente piantata nella roccia. Provo a togliermi dallo stretto ma nulla da fare, il trapano e’ la mia chiave di volta, mi tiene ancorato dove sono. Aspetto con pazienza un paio di minuti nel caso la batteria si riprendesse un minimo. Nulla da fare. Potrei provare a staccare la punta dal trapano, liberarmi poi dell’ingombro del trapano e uscire dallo stretto. E’ complicato arrivare con una mano al mandrino per sbloccarlo e poi non voglio dargliela vinta al malefico trapano che oggi vuol farmi dannare. Trovo lo spazio per ruotare un poco il corpo del trapano in maniera da poter usare le gambe per fare forza verso l’alto. Bene! La punta si sblocca e va verso l’alto per alcuni centimetri, poi si blocca di nuovo. Non male, tecnica che funziona non si cambia inoltre ora ho qualche centimetro di gioco per dare maggiore impulso quando tiro su le gambe per estrarre il trapano. Una decina di tentativi e riesco nel mio intento, la punta esce dalla roccia e io sono di nuovo libero. Luca, rimasto pazientemente in attesa che io terminassi di smoccolare recupera il trapano poi insieme torniamo al “campo base” per scambiarci di posto ancora una volta. Stavolta Luca va avanti e io rimango a guardare cosa combina.

Alla fine i 2 buchi parziali che sono riuscito a fare non sono stati completamente inutili, Luca con delle sonore mazzettate riesce a rompere lo spuntone che impediva il passaggio. Si affaccia per guardare cosa c’e’ dopo e quello che vede ci elettrizza. Poco piu’ avanti c’e’ un vuoto molto piu’ grande rispetto a quello che ci ha proposto Bucio Nero’ finora. Piu’ avanti Luca vede “nero”. I sassi che tira sembrano fermarsi subito e molte volte nell’acqua. Che si fa? Bisogna scendere!

Torniamo al “campo base”, Luca torna alla prima saletta per mettersi l’attrezzatura, passando scioglie la corda di servizio e io la recupero. Mentre aspetto che torni striscio di nuovo nel cunicolo portando con me la corda. Cerco un armo naturale poiche’ non abbiamo ne’ fix ne’ trapano. Bene, poco piu’ avanti c’e’ uno spuntone di roccia che fa al caso nostro. Faccio un nodo alla corda e la incastro nello spuntone di roccia. Con la mazzetta stacco un bel pezzo di roccia che incastro per fare in maniera che la corda non possa uscire dalla sede che le ho imposto. Appena fatto faccio un bel nodo in fondo alla corda e la butto giu’.

Luca intanto e’ tornato al “campo base” attrezzato per la discesa su corda. Con la tecnica acquisita dopo i molti scambi di posto lo faccio passare avanti velocemente poi mi distraggo a guardare le vermicolazioni disegnate dall’acqua sulla paretina d’accesso al “campo base”. Vedo le gocce d’acqua scivolare a caso tra le piccole macchie di fango. Questo comportamento dell’acqua mi ricorda un gioco composto da una parete verticale lastricata di chiodi disposti a intervalli regolari. Dall’alto di lasciano cadere delle monete che girano intorno ai chiodi in maniera casuale arrivando in fondo sempre in maniera casuale ma statisticamente prevedibile. Gia’ mi immagino impegnato in un esperimento che consiste nel mettere tanti contenitori del medesimo volume affiancati in fondo alla paretina in maniera che possano raccogliere l’acqua che arriva. Se alla fine i livelli di acqua raggiunti nei recipienti formassero una curva gaussiana potrebbe essere un dato interessante.

Dopo le mie filosofiche riflessioni circa le vermicolazioni vado a raggiungere Luca, intento nel tentativo di passaggio. Nonostante ora con l’attrezzatura il passaggio risulti piu’ ostico il buon Luca sembra fiducioso di poterlo passare.

Io posso far altro che osservare con fiducia e speranza i suoi sforzi. Fiducia ben riposta perche’ in effetti in un paio di minuti Luca passa.

Passa ed inizia la discesa appeso al discensore. Purtroppo un “Ah” di disappunto infrange i nostri sogni di nuovi pozzi profondissimi. In totale la sua discesa e’ solo di due metri. In compenso si trova in una sala abbastanza ampia e con la possibilita’, finalmente, di stare in piedi.

Visto che si tratta di un saltino da nulla decido di provare anche io a passare. Nulla da fare, dopo qualche centimetro di speranza mi incastro inesorabilmente col bacino compresso tra le pareti di roccia. Non mi resta altro che rassegnarmi e passare la fotocamera a Luca perche’ documenti la nostra scoperta.

Ecco le foto di Luca. Si trova in una sala lunga piu’ di 3 metri e larga altrettanto. Da un lato il meandro prosegue, stretto naturalmente.

Sopra di lui il soffitto sale restringendosi. Sara’ da vedere.

Questo e’ il pertugio con la corda da cui e’ sceso Luca.

Terminata l’esplorazione del nuovo ambiente Luca mi ripassa la fotocamera e si organizza per uscire. Ripassare in salita la strettoia non e’ affare da poco. Si rivela infatti un passaggio molto tecnico e impegnativo tanto che Luca deve fare almeno un paio di tentativi prima di averla vinta. Lo aspetto nei pressi per dargli manforte ma devo confessare che a forza di stare fermo il freddo mi vince ed inizio a tremare come una foglia.

Quando vedo Luca che esce vittorioso dalla sua tenzone contro la strettoia gli lascio detto di recuperare la corda e fuggo in avanti fino al “campo base” per sistemare il materiale dentro lo zaino. Quando Luca mi raggiunge con la corda ne prendo un capo e vado avanti a godermi un nuovo, sano e freddissimo, bagno di fango. Arrivato nella prima sala dico a Luca di legare lo zaino alla corda e quindi lo recupero.

Mentre attendo che Luca mi raggiunga rivesto l’attrezzatura, quando arriva monto gli attrezzi sulla corda che porta all’esterno e salgo piu’ velocemente che posso. Come sempre il fango rende difficile la salita e spesso devo aiutare la maniglia a far presa sulla corda altrimenti lei scivola giu’ incurante del mio desiderio di salire.

Appena fuori mi spoglio delle mie cose nascoste in uno spesso strato di fango e le porto vicino alla macchina poi torno ad aspettare l’arrivo di Luca.

Eccolo che arriva al frazionamento, gli ho lasciato sia lo zaino che da disarmare quindi mi sento vagamente in colpa quindi lo ricompenso con tante foto.

Eccolo pronto per l’ultimo tratto.

Il sole inizia ora a tramontare, ancora non fa freddo ma ogni tanto c’e’ una folata di vento che mi da’ i brividi.

Fuori tutti!

Richiuso l’imbocco della grotta ci avviamo verso l’auto dove ci rivestiamo con abiti puliti ed asciutti e imbustiamo a dovere tutto l’ammasso di fango che e’ la nostra attrezzatura.

Che dire, questa grotta e’ avara di soddisfazioni, ce ne da’ poche alla volta e non lesina il lavoro pero’ oggi e’ stata una giornata in cui era in vena e si e’ concessa ancora un poco, quel tanto che ci spingera’ ad andare avanti…ma non troppo presto, non appena ci saremo dimenticati di fango e freddo e la curiosita’ prendera’ di nuovo il sopravvento! Alla prossima.

Informazioni su fato63

Pratico la speleologia da qualche anno ormai. Mi sono finalmente deciso a tenere un diario delle uscite. Approfitto del blog per renderlo consultabile e commentabile.
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