Angelo, Gabriele, Linda, Luca ed io all’annuale campo di vicino alla grotta della Sibilla.
Venerdi’ 28 Aprile – Il viaggio d’andata
La sera del venerdi’ si parte, o meglio Gabriele, Luca ed io partiamo mentre Linda e Angelo ci raggiungeranno domattina.
Gabriele passa a casa da me e Luca ci raggiunge. Stavolta non mi sono regolato ed esco di casa con il solito zaino piu’ 4 bustone piene zeppe. Una volta stipato il mio bagaglio nei sedili posteriori dell’auto rimane appena lo spazio per Luca. Per sentirmi meno in colpa una delle buste la tengo davanti, ma serve a poco.
Il viaggio e’ lungo, alla fine impiegheremo quasi 2 ore e mezza. Con mia somma sorpresa ad un certo punto del viaggio passiamo per le terme di Cotilia. Davanti alle terme c’e’ una allegra sfilata di chioschi e molti di questi vendono generi alimentari tra cui anche la porchetta. Visto che e’ quasi ora di cena propongo di fare una sosta per mangiare qualcosa.
La proposta viene prontamente accettata quindi fermiamo l’auto davanti al chiosco piu’ promettente. In breve siamo muniti di succulenti panini con la porchetta e prendiamo posto ad un tavolo.

Luca procrastina la cena per andare a dare uno sguardo alle terme. Lo seguo.

Luca, che ne sa tante, mi dice che questi laghetti di acque termali sono chiuse perche’ ci sono emissioni di gas venefici o comunque pericolosi. In effetti lo stato rugginoso del guardrail sembra confermare che qua l’aria perlomeno e’ corrosiva.

Dopo aver fatto conoscenza con le terme torniamo al tavolino dove Gabriele ci ha atteso pazientemente sbocconcellando il suo panino. Lo imitiamo senza perder altro tempo.

Dopo cena ripartiamo e accompagnati dalla sera che scende arriviamo alla zona del campo. Una volta parcheggiato vicino a dove monteremo le tende andiamo dove e’ stato allestito il tendone-mensa che sara’ il cuore del campo nei prossimi giorni.
Qua incontriamo alcuni amici che hanno appena terminato il montaggio dei tendoni e subito si parte con saluti e chiacchiere speleo.

Ecco il tendone-mensa, in fondo se ne esce per entrare in quello che funge da cucina, piena di tante cose buone.

Tra una chiacchiera e l’altra parliamo anche della visita che faremo domani in grotta. Dentro al tendone-mensa c’e’ un pannello con il rilievo della grotta e ne parliamo a lungo consultandolo. Non conoscendo molto bene la grotta avevo ipotizzato di fare una traversata entrando dall’ingresso basso e uscendo dall’ingresso alto. Pero’ Carlo, che la conosce bene me lo sconsiglia, la parte di grotta vicino all’ingresso alto e’ stretta e i pozzi scaricano parecchio.
In alternativa propone il “Giro del ghiro” che e’ piu’ tranquillo. Me lo mostra sul rilievo, e’ disegnato staccato dal resto, in alto a sinistra. Carlo lo descrive e poi aggiunge che non e’ sicuro che sia completamente armato, conclude con un profetico “al massimo ritornerete indietro per dove siete venuti”. Mi lascio convincere, quindi e’ deciso, domani sara “Giro del ghiro”.

Dopo altre chiacchiere speleo condite con un aperitivo a base di vino, qualche fetta di lonza e pane di Terni rigorosamente senza sale prendiamo commiato e torniamo alla macchina per poi montare le tende e goderci un buon sonno.
Sabato 29 Aprile – Inizio ufficiale del campo, andiamo in grotta
Non dormo benissimo, mi sveglio in piena notte per il freddo, non posso credere alle mie ossa ma devo prendere atto che il mio caldissimo sacco a pelo dopo oltre trent’anni di onorato servizio inizia a cedere le armi.
Alle 6 e’ oramai giorno e io sono sveglissimo. Esco dalla tenda e do’ inizio alla giornata. Subito recupero la fotocamera per immortalare le nostre tende, per ora quasi le sole. In lontananza si vede un monte parzialmente rischiarato dal sole ma qua da noi il sole, se arrivera’, non lo fara’ prima di qualche ora.

Mi avvicino al tendone e continuo a fare un giro di foto. La prima per inquadrare la zona della grotta. E’ in quella zona di bosco dove si vedono molti alberi abbattuti, l’ingresso, mi hanno detto, e’ nei pressi del bordo sinistro della zona di alberi crollati.

La valle a sinistra, la grotta si sviluppa sul fianco destro, chissa’ dove.

Ancora la montagna “assolata”, ora la striscia di luce che la rischiara e’ salita parecchio.

Facendo tutti i preparativi vicino alla tenda ho fatto rumori vari cosi’ anche Gabriele si e’ svegliato. Ha resistito in tenda ancora per un’ora ma ora e’ qui, gia’ pronto per la passeggiata di ricognizione che intende fare. Luca invece continua a resistere in tenda.

Pian pianino il campo si anima. Il capo-cuciniere detto Pota ancora manca ma per consenso popolare ottengo il via libera per preparare il caffe’, quindi mi attivo. Entro in cucina e mi impossesso della enorme moka, la apro, la pulisco e vado alla fontana a riempirla d’acqua. Strada facendo saluto Alessio e Manuel che stanno uscendo ora dalla tenda.

Caffe’ fatto, lo degusto continuando ad ammirare il panorama, ecco laggiu’ le nostre tende.

Dopo il caffe’ e qualcosa di colazione torniamo alle tende a vedere se Luca e’ sveglio. Lo troviamo pronto, ora non rimane che attendere l’arrivo di Linda e Angelo.

Eccoli! Intorno alle 9, come promesso, arrivano i rinforzi. Sono in viaggio da parecchio ma sono carichi e pronti al cimento ipogeo.

Senza perdere altro tempo ci prepariamo pro-grotta e torniamo al campo tutti bardati. Nel frattempo sono arrivati altri speleo e anche loro si sono preparati. Tra l’altro il nostro gruppetto del “Giro del ghiro” ha acquisito un componente, anche Alessio verra’ con noi.

Prima di partire c’e’ una lunga sosta. Non si riesce a capire se il pozzo d’ingresso sia armato o meno. Dopo una consulenza telefonica viene appurato che non e’ armato e dopo una ricerca corale troviamo il materiale per armare. Affibbio lo zaino con il materiale a Luca, che deve fare allenamento, e partiamo. Anche Gabriele viene con noi, poi all’ingresso proseguira’ per la sua ricognizione.

La salita in verita’ me la ricordavo meno in salita, parto sparato e infatti a nemmeno un terzo ho gia’ un fiatone da record e sbuffo come un mantice bucato. Mi fermo a fare foto per recuperare almeno una parvenza di dignita’.

Fedele alle indicazioni ricevute raggiungo la macchia di alberi abbattuti e mi tengo alla loro destra. Mentre arranco verso la parete una voce amica da dietro ci indica che l’ingresso e’ piu’ a sinistra. Correggo la direzione.

Angelo e Luca in virtu’ della loro giovanile prestanza fisica arrivano prima di me. Visto che stranamente ne ho ricordo, descrivo loro meglio che posso cosa devono cercare per trovare l’ingresso.

Ancora pochi metri seguendo la parete e troviamo finalmente l’ingresso. Mi siedo a recuperare il fiato e a sbollire un poco dal sudore. Anche gli altri man mano arrivano e iniziano i preparativi.

Ancora Luca e Angelo sono i primi a essere pronti.

In attesa che il sudore la finisca di colare giu’ per la mia schiena prendo la corda ed inizio ad attrezzare per scendere. Uno dei ragazzi che e’ salito con noi mi dice che solitamente armano la partenza in alto a destra, fanno un deviatore esterno a sinistra, un frazionamento dopo circa 3 metri e poi fino a giu’. Lo ascolto e poi…faccio come mi pare! In pratica faccio la partenza a sinistra poi metto un deviatore dentro quasi alla stessa altezza. Mi sporgo per controllare, la corda non tocca e arriva fino in fondo, andra’ bene?
Mando giu’ Angelo per primo per controllare. Il deviatore non e’ semplicissimo da passare ma poi si arriva giu’ senza problemi. Anche Angelo conferma che la corda non tocca. Andata.

Nel frattempo arriva anche il gruppo degli esploratori tra cui riconosco Federico e Paolo. Andranno a lavorare in una zona della grotta di cui ho gia’ scordato il nome.

Si inizia a fare la fila per entrare. Vado allo zaino per terminare la vestizione e sostituire la maglia fradicia con una asciutta.

Gabriele e’ ancora con noi e fa da comitato d’accoglienza ai nuovi arrivati.

Intanto io mi preparo e poi torno vicino all’ingresso. Linda sta partendo ora e ne approfitto subito per una foto.

Anzi, visto che ci sono gliene scatto una sequenza durante la discesa.

Eccola mentre passa nella zona oscura.

Arrivata.

Visto che son la’ e sono pronto rubo il posto a chi era in attesa e scendo anche io. Alla base del pozzo c’e’ una saletta, che non ricordavo affatto, poi un pertugio laterale che porta alla sala terminale del pozzo. Proprio la sala che ricordavo, quella dove c’e’ la temutissima strettoia in salita. Noi pero’ oggi non la affronteremo perche’ anche il “Giro del ghiro” parte da la’ ma va verso il basso. Una simpatica mappa con il classico “voi siete qua” ci permette di ripassare il percorso.

Dalla saletta sopra sono sceso senza corda. Il passaggio e’ facilmente disarrampicabile ma una corda e’ sempre meglio ci sia. Un’anima buona si occupa di sistemarla al mio posto.

Rapidamente il nostro gruppetto si compatta e partiamo per il giro. Dalla saletta si va verso il basso per un pertugio a lato sul pavimento. Quando lo passo penso sia stretto ma solo perche’ non so cosa viene dopo! Scendiamo lungo un meandrino stretto fino alla partenza di un bel pozzo da 25 metri circa. Il pozzo e’ grande, e’ maestoso, ma la partenza e’ un buco infimo dove anche con l’aiuto della gravita’ entro a fatica. Penso oziosamente, per fortuna non dovro’ ripassarlo in salita altrimenti sarebbero guai.
Al frazionamento subito dopo lo stretto mi fermo ad ammirare un chiodo da roccia piu’ vecchio di me e aspetto che arrivi Linda per darle una mano se serve.

Eccola che arriva. Passa senza problemi. Intanto io passo il frazionamento.

Quando siamo vicini le chiedo di aspettare al frazionamento, dare assistenza a chi la segue e di dirgli di seguire il suo esempio a sua volta. Dopo queste raccomandazioni parto per la discesa.

Quasi in fondo al pozzo trovo un deviatore con un moschettone di quelli ovali da ferramenta che deve avere la stessa eta’ del chiodo da roccia visto sopra. E’ arrugginito per bene, devo lottare con lui almeno un minuto per farlo aprire ma alla fine lo convinco. Il pozzo prosegue in appoggiata sulla mia destra. Pochi metri e sono arrivato, urlo la libera e mi guardo attorno. Sono in una sala allungata col soffitto che si perde nel buio. In fondo, dalla parte opposta rispetto a dove sono arrivato parte una corda in risalita. Nel frattempo vedo Linda che arriva al deviatore domato.

Eccola arrivata. Attendiamo gli altri.

Per ingannare l’attesa Linda mi offre un poco di frutta secca che accetto volentieri.

Quando siamo riuniti alla base della risalita prendo atto che e’ arrivato il momento di affrontarla. Non mi fido molto delle risalite di cui non conosco la “storia” per cui ho approfittato dell’attesa del resto del gruppo per studiarla. Saranno un 15 metri, il primo tratto di circa 10 metri porta ad un frazionamento doppio, non ne vedo lo stato ma il fatto che sia doppio gia’ mi rincuora. La corda non sembra messa male. Vabbe’, andiamo, magari la sfango pure questa volta!
Al frazionamento vedo gli attacchi, sia l’asta dei fix che i dadi e le placchette sono molto molto arrugginiti. Il bello e’ che proprio accanto ci sono 2 fix quasi nuovi. Per qualche istante sono tentato di svitare i dadi e spostare gli attacchi ma non sono certissimo che la cosa sia fattibile, il rischio e’ che mi rimanga in mano qualcosa. Meglio non rischiare. Avverto i miei amici che gli attacchi non sono al meglio delle condizioni e di non sollecitarli troppo.

Continuo a salire fino alla fine della risalita. Urlo la libera e aspetto i miei amici.

La grotta prosegue stretta fino a un pozzetto di 5 metri. Gli attacchi sono a posto ma il nodo “tira” su un attacco solo, mi sistemo per alzarmi e poterlo assestare, poi scendo, subito seguito da Linda.

Visto che son comodo mi sistemo per fare una foto a chi arriva.

Ecco Angelo.

Arrivato anche lui.

E’ il turno di Alessio.

Mentre faccio le foto chiedo ad Angelo di dare uno sguardo intorno. In effetti c’e’ poco da cercare perche’ a qualche metro da noi fa bella mostra una corda che risale. Deve essere la seconda risalita di cui parlava Carlo ieri sera. Mi perdo nel contemplarla e il povero Luca ne fa le spese perche’ mi dimentico di fargli le foto.
Questa risalita e’ piu’ breve e mi sembra che gli attacchi siano in migliori condizioni rispetto a quelli della risalita precedente. Salgo. Al frazionamento faccio una foto ai miei amici.

Mi sistemo e aspetto che arrivi Linda.

Lo spazio all’arrivo della risalita non e’ molto quindi vado avanti a dare uno sguardo. Non dovremmo essere lontani dal punto in cui incontreremo il pozzo Eku.
Dopo un saltino da un metro facilmente arrampicabile mi ritrovo alla base di un ambiente, una spaccatura il cui soffitto si perde nel buio, chissa’ se e’ gia’ stata esplorata. Una freccia indica la direzione da prendere.

Anche da qua riesco ad intravedere chi e’ ancora sotto la risalita.

Anche Linda e’ arrivata e si mette comoda ad aspettare gli altri.

In rapida sequenza salgono tutti, questo se non erro e’ Angelo.

Come dicevo il soffitto si perde golosamente nel buio e mi mette gran curiosita’.

Ecco Angelo che supera la piccola arrampicata per arrivare dove siamo noi.

Questo indubbiamente e’ un punto di rilievo e sospetto si tratti del caposaldo numero 13! Peccato che la numerazione dei capisaldi non sia stata riportata sul rilievo.

Arriva anche Alessio.

…e buon ultimo Luca. A Luca come sempre ho mollato il mio zaino, con la scusa che lui e’ giovane e deve fare esperienza gli lascio volentieri questa incombenza, almeno finche’ non mi mandera’ a quel paese.

Quando siamo tutti vado avanti per il pertugio indicato dalla freccia in nerofumo. Ci ritroviamo in un’ampia sala con stillicidio e una simpatica mappa a ricordarci dove siamo. Come pensavo, siamo nelle vicinanze del pozzo Eku, sembra fatta, si scende un altro poco, si risale fino ad intercettare il pozzo e poi si prosegue verso l’ingresso. Facile.

Una datata freccia indica la direzione. Prima di ripartire Linda decreta che e’ l’una passata, e’ ora di pranzo e conviene mangiare qualcosa. Tutti noi possiamo far altro che concordare, cerchiamo un posto comodo e ci sediamo. Linda gentilmente condivide due mezzi panini con me, per una volta che avevo comprato cibo da portare in grotta…l’ho lasciato fuori, al sicuro dentro la tasca del giacchetto.

La sala ha pareti verticali che scompaiono in alto. Da un lato pende una corda, non raggiungibile, che sembra troncata malamente, chissa’ da dove viene.

Luca approfitta della pausa pranzo per fare qualche foto, cosi’ anche io ho l’occasione per fare finalmente una foto a lui.

Dopo il lauto pasto (grazie Linda!) ripartiamo. Come indica la mappa iniziamo a scendere.

La giustezza della direzione presa ci viene confermata dalla presenza di una corda. Vado a tirarla a me per montare il discensore ma non riesco. La corda e’ tesa. Metto la luce al massimo e controllo, si e’ incastrata alla base del pozzetto da scendere. Provo a scuoterla con vigore ma lei resiste, nulla da fare. Non posso dargliela vinta cosi’, riguardo il pozzetto con occhio critico e mi rendo conto che posso disarrampicare facilmente. Avverto i miei amici di attendere e poi vado. In effetti e’ abbastanza semplice, arrivo dove la corda e’ incastrata, la libero e urlo la libera ai miei amici.

Ben presto siamo una sala con il pavimento fangoso e un camino che scompare verso l’alto.
La parete da salire per arrivare al pozzo Eku e’ qua, davanti a noi pero’…non c’e’ la corda!
Cerchiamo ovunque ci sembra possibile trovare un passaggio alternativo. Non ne troviamo. Luca ci indica delle pedate impresse nel fango delle pareti a picco ad un paio di metri d’altezza, le seguiamo con lo sguardo sconsolato, sono la conferma che li’ doveva esserci una corda che non c’e’.
Risalgo il pozzetto appena sceso per valutare soluzioni alternative. C’e’ un passaggio in alto che permetterebbe di avvicinarsi alla fine della risalita e quindi al pozzo Eku ma ci sono almeno un paio di metri di passaggio orizzontale, esposto e senza appigli che sconsigliano vivamente il tentativo.
Guardiamo ovunque, io vado per un pertugio laterale, Luca per un altro. Ci ritroviamo ad illuminarci reciprocamente ma ne risulta nulla di utile per noi.

Dopo una mezz’ora di “studio matto e disperatissimo” nella ricerca di un passaggio che ci permettesse di completare il “Giro del ghiro” dobbiamo arrenderci all’evidenza. Lo dico ad alta voce per renderlo reale: “Ragazzi, dobbiamo tornare indietro”. Questo vuol dire che dovremo gustarci di nuovo tutte le strettoie fatte all’andata ma con l’aggravante di doverle fare in salita. Un sospiro, un ultimo sguardo al pozzo Eku di cui vediamo la corda irraggiungibile e poi via.
Anche se non proprio allegramente affrontiamo con rassegnazione i “comodi” passaggi che avevamo salutato poco prima.

Il divertimento non manca di certo.

Ecco Angelo in uno dei pochi punti in cui c’e’ spazio a sufficienza per non stare in fila indiana.

Scendo la ex-risalita facendo sempre attenzione a non forzare troppo sugli attacchi “ruzzinosi”.

Aspetto che arrivino gli altri, intanto vado col pensiero al P25 da salire con il suo arrivo stretto.

Tutto sommato fino al pozzo da 25 va benone. Il percorso ancorche’ stretto e’ facile da seguire. Quando arrivo al pozzo da salire aspetto che il gruppo si ricompatti poi mi metto l’anima in pace e vado. All’arrivo in cima al pozzo come pensavo mi ritrovo a faticare per trovare il modo di passare. Gia’ per far passare lo sterno oltre lo stretto devo rimanere in apnea forzata. Tento prima in un verso, poi mi giro, finalmente dopo molti tentativi trovo dei buoni appoggi per i piedi e forzando parecchio riesco a passare col petto. Anche il croll contribuisce non poco nell’ostacolarmi ma con qualche strattone ad arte passa pure lui. Ne sono fuori!
Preso dal passaggio della strettoia non me ne sono accorto ma e’ passata piu’ di mezz’ora da quando sono partito per salire il pozzo. I miei amici ora sono preoccupati dal mio prolungato silenzio e mi urlano di dare loro notizie. Li tranquillizzo mentre termino di riprendere fiato e urlo loro la libera. Mi metto comodo ad aspettare che arrivino.

Per prima sale Linda.

Ne approfitto per farle alcune foto.

Eccola nel momento del passaggio, non ha particolari problemi nel passare la strettoia.

Le dico di aspettare che arrivi Angelo e di aiutarlo con lo zaino. Le chiedo anche di dire ad Angelo di fare la stessa cosa con Alessio e di dirgli di aiutare a sua volta Luca.

Mi sposto piu’ in alto e li vedo tutti passare la strettoia senza difficolta’. Ne sono sollevato nonostante un piccolo principio di invidia.
Siamo vicini al punto da cui siamo partiti. Da sopra inizio a sentire voci di altri speleo che molto probabilmente aspettano il loro turno per affrontare la strettoia in salita.
Un ultimo passaggio fetente prima di arrivare al punto di partenza. Linda cerca di affrontarlo come meglio puo’ ed io magnanimamente la lascio provare.

Quando vedo che non riesce le consiglio mettersi a pancia in giu’, di sollevarsi fino a incastrare una gamba in una spaccatura laterale che le permetta di mettersi in orizzontale rispetto al passaggio. Una volta capito il metodo il passaggio e’ piu’ semplice. Le dico di aiutare chi arriva mentre io vado nella saletta a vedere a chi appartengono le voci che sento.

In attesa di essere tutti insieme mi fermo a salutare gli speleo che stanno affrontando la strettoia in salita. Almeno uno di loro lo conosco di vista e scambiamo qualche parola. Intanto arriva Angelo e poi tutti gli altri.
Siamo di nuovo tutti assieme e alla partenza del nostro giro incompleto. Valutiamo il da farsi, tra una cosa e l’altra siamo in grotta da appena 5 ore e potremmo fare un altro giro. Se ne parla. Linda dice che anche se non e’ stanca per lei basta cosi’. Angelo dice che continuerebbe volentieri ma prima deve uscire a fumare. Luca e Alessio sono freschi come fossero appena entrati in grotta e sarebbero disponibili a continuare. Per parte mia penso che se esco ora difficilmente rientrero’.
Alla fine e’ deciso, usciamo tutti.
Manca solo il pozzetto d’ingresso. Per fare bella figura in uscita, riprendo lo zaino a Luca. Vanno avanti Linda e Angelo e salendo mi confermano quello che avevo immaginato…chi e’ sceso dopo di noi ha completamente cambiato l’armo riportandolo “come doveva essere”, col suo frazionamento intermedio e la partenza dal lato opposto. Lo dico solo per dovere di cronaca, il mondo e’ bello perche’ e’ vario e ognuno puo’ sistemare le cose come piu’ gli danno sicurezza, a patto di non dare disagio ad altri.
Siamo fuori. Quello che segue succede per caso e sono contento che sia successo.
Come dicevo, siamo fuori a riprendere fiato quando vediamo delle persone, indubbiamente speleo, che si avvicinano alla grotta. Li accogliamo pensando debbano entrare ma sbagliamo, l’allegra comitiva e’ diretta a un posto chiamato “Orecchio”, poco piu’ in alto, ci dicono. Ne avevo gia’ sentito parlare ieri ed ero rimasto incuriosito. Sentire la loro destinazione e decidere di seguirli e’ tutt’uno. Anche i miei amici si convincono facilmente quindi partiamo in coda al gruppetto. I nostri accompagnatori arrivano alla parete poi girano verso destra dove questa digrada offrendo un passaggio per salire e superarla. Si perde qualche minuto perche’ le nostre guide non riescono a mettersi d’accordo sulla via migliore da seguire e se mettere una corda o meno. Da bravi ospiti aspettiamo pazientemente che decidano il da farsi poi proseguiamo. La salita non e’ semplicissima ma nemmeno proibitiva e in qualche minuto siamo oltre la parete.
Qua con mio stupore arriviamo ad un tratto in piano, dopo una decina di metri la parete riprende con pareti verticali che si aprono a formare una imponente insenatura la cui apertura e’ parzialmente nascosta da un parallelepipedo di roccia che emerge in mezzo al tratto in piano…con molta fantasia probabilmente l’insieme puo’ ricordare un orecchio. In ogni caso e’ una struttura maestosa e molto interessante.

Entriamo subito a dare uno sguardo all’interno.

Sulla destra c’e’ un bel buco, chiaramente scavato da qualche speleo e dentro si puo’ vedere un ampio ambiente. Uno dei nostri accompagnatori mi dice che oltre all’ambiente che ho visto hanno trovato nulla. Visto che per scendere probabilmente servirebbe una corda mi rassegno a lasciarlo perdere.

Continuando a girare in senso antiorario lungo le pareti incontro un passaggio alto in cui Angelo sta cercando di arrivare in arrampicata, vado oltre. Arrivo al buco successivo appena in tempo per vedere Alessio che vi scompare dentro. Incuriosito gli chiedo se continua e lui, quasi scomparso alla vista, mi risponde di si.

Che fare? Ci penso su un decimo di secondo e poi lo seguo. Il posto e’ strettino ma riesco a passare abbastanza facilmente, chi ha allargato qua ha fatto un buon lavoro togliendo ne’ troppo ne’ troppo poco. Raggiungo Alessio e proseguiamo assieme. Scendiamo una trentina di metri in questo cunicolo fino ad arrivare ad un punto in cui si restringe a diventare una fessura abbastanza stretta. Sotto di noi c’e’ un tratto verticale di circa 3 metri e poi si intravede la partenza di un meandro con dimensioni ragionevoli. Per passare la fessura verticale troviamo una corda e una scaletta. Gia’ questo ci fa capire che volendo proseguire, al ritorno la risalita di questo punto sarebbe una prova impegnativa, almeno per me. Vedo pero’ che anche Alessio e’ titubante. Dopo un rapido consulto decidiamo di tornare indietro.
La salita per uscire e’ meno agevole dell’andata. In un punto particolarmente stretto riesco a dare una sonora botta al casco, sul davanti. Sento un rumore strano ma lo attribuisco alla roccia che mi circonda. Avanzo ancora un poco districandomi dallo stretto. Al passo successivo vado ad appoggiare la mano in prossimita’ di un appiglio quando noto un frammento di vetro che brilla illuminato dal mio led. Lo scanso pensando che e’ proprio una cosa curiosa trovare un minuscolo vetro in grotta.

E’ quando arrivo fuori che realizzo. Per abitudine, quando devo spegnere la luce poggio un dito sul vetro della lampada poi lo sposto all’interruttore. Serve a poco ma e’ un modo come un altro per farlo anche se dovessi trovarmi al buio. Faccio come sono abituato, questa volta pero’ trovo la sorpresa, al posto del vetro che protegge il led trovo un buco. Subito realizzo che i frammenti di vetro visti in grotta li avevo prodotti io! La visita al condotto uditivo dell’orecchio mi e’ costata cara. Con un sospiro rassegnato archivio la cosa e continuo la perlustrazione del posto.
Tornando indietro trovo che Angelo e’ arrivato su, ha trovato un buco non praticabile e ora vuole scendere con la corda. Visto che l’ha gia’ sistemata mi offro come contrappeso legandomi all’imbrago un capo della corda.

Pochi secondi e siamo di nuovo tutti assieme a commentare la bellezza del posto.

Bello si, pero’ ora inizia a fare freddo, e’ ora di tornare. Avevo chiesto a Luca di prendere il punto all’ingresso dell’orecchio, visto che lo rivedo ora gli chiedo conferma. L’ha fatto, ottimo. Possiamo avviarci.

Tornando, sulla parte terminale della parete vedo un’altro buco. Uso Linda come riferimento per documentarlo con una foto. Dopo mi avvicino a curiosare, dentro sembra esserci un pozzo, nemmeno tanto piccino. Si sente pero’ un leggero tanfo di putrefazione. Le nostre guide dicono che e’ stato esplorato ma conduce da nessuna parte.

Siamo al limite della cengia, dobbiamo solo scendere giu’, un ultimo sguardo all’Orecchio e via.

Laggiu’, lontano, il tendone-mensa promette cose buone, c’e’ anche un timido raggio di sole a rendere il tutto ancora piu’ desiderabile.

Seguo Manuel che scende veloce come una capra di montagna.

Ci avviciniamo al campo.

Linda e Angelo hanno i piedi che vanno da soli.

Anche il resto del gruppetto dell’Orecchio ci segue in ordine sparso.

Dopo essersi cambiato Luca si concede un bisognino, potevo non disturbarlo con una foto?

Messi gli abiti asciutti siamo pronti per affrontare la serata di baldoria. Sotto il tendone ritrovo Gabriele, Roberto e tanti altri. Si formano aggregazioni spontanee che poi si sciolgono per riformarsi poco piu’ in la’, il tutto accompagnato da bei bicchierozzi di vino.

Appena fuori dal tendone alcuni valorosi stanno attrezzando la copertura per il fuoco dove verra’ cotta la carne alla brace. Con piacere vedo anche il “coso” per cuocere gli arrosticini, il mio stomaco brontola di approvazione.

Federico torna dalla esplorazione, subito lo raggiungo, dobbiamo fare una foto da mandare a Sgrunge tanto per farle venire voglia di andare in grotta. Ciao Sgrunge, a presto!

Ritorno al tendone dove mi aggiro ascoltando qua e la’.

Tra uno stuzzichino e qualche bicchiere di vino scende la sera, arriva ora di cena. Per la pasta riesco a far mio un generoso piatto che mi sazia alquanto. Purtroppo la carne arriva tardi, quando oramai la stanchezza e il vino mi hanno finito. Iniziano a passare gli arrosticini e riesco ad abbrancarne uno al volo. Dopo l’arrosticino consolatorio pero’ mi dichiaro finito e me ne vado alla tenda. Fine della giornata.
Domenica 30 Aprile -Ricerca Buca di Terzone e rientro.
Visto il freddo sofferto la notte precedente stavolta vado in tenda con un supplemento di copertura e devo dire che dormo molto meglio, complice forse anche il vino e la stanchezza. Naturalmente alle 6.30 sono in piedi e dopo aver sbrigato le mie faccende mattutine mi dedico al laborioso smontaggio della tenda. La mia tenda e’ una di quelle malefiche che chiamano 2″ (due secondi). In pratica ci metti si 2 secondi ad aprirla ma poi mediamente un 2 ore per chiuderla, una vera dannazione! Oggi pero’ affronto il cimento con cuore leggero, qua vicino c’e’ Angelo che e’ esperto di queste tende e so che in caso di disperazione posso chiedere aiuto.
Invece inaspettatamente la tenda si lascia chiudere senza troppa fatica e quasi al primo tentativo. Alla fine faccio una foto contemplando il posto sgombro tra la tenda di Gabriele e quella di Luca dove poco prima c’era la mia.
Il rumore che faccio nello smontaggio sveglia Gabriele, benone, cosi’ posso chiedergli le chiavi della macchina e riporre tutti i miei bagagli.

Oggi il tempo non promette bene. Gabriele che e’ informatissimo sul meteo dice che a ora di pranzo piovera’. Intanto le nuvole basse sembrano voler arrivare fino a noi. Faccio un giro di foto per paragonarle a quelle di ieri.

Nuvoloni grigi, bassi e compatti.

Intanto il campo inizia a risvegliarsi. I cucinieri non sono ancora in attivita’ quindi mi faccio coraggio e preparo il caffe’ con la solita moka gigante. Un corroborante bicchiere abbondante di caffe’ bollente e’ il mio premio, lo accompagno con una bella fetta di pane e nutella che non guasta. Anche Angelo e’ sveglio, tra poco lui e Linda si uniranno con Manuel e Alessio per tornare in grotta. Luca preferisce fare una passeggiata mentre Gabriele ed io andremo a cercare la “buca di Terzone”, ma solo dopo aver trovato un bar per fare colazione.

Pian pianino il campo si popola di speleo pronti a partire.

Il braciere per ora e’ inattivo pero’ magari per pranzo riaccenderanno il fuoco.

Prima di andare via con Gabriele prendiamo accordi con Luca per rivederci a mezzogiorno qua al campo, poi passiamo ai saluti. Passando faccio foto ai nuovi amici, pero’ solo di Katia ricordo il nome.

Sulla strada per le tende fermo Linda e Angelo per un saluto e una foto, per oggi difficilmente ci incontreremo di nuovo.

Una foto anche a Elena, l’unica partecipante in rappresentanza dello GSCO il gruppo di Orvieto.

Dopo i saluti Gabriele ed io partiamo. La ricerca del bar e’ piu’ laboriosa del previsto e giriamo almeno un’ora alla sua ricerca. Tanto per la cronaca il bar e’ vicino al locale birrificio, ben fuori da Cittareale. Sono cosi’ contento di averlo trovato che lo saluto con una foto. Cosi’ ho pure l’occasione di mandare un saluto a Silvana.

Terzone dove dobbiamo cercare la grotta e’ proprio dalla parte opposta rispetto al bar per cui dopo la colazione dobbiamo tornare indietro.

Ripassando per Cittareale ne approfitto per fare qualche foto al castello.

Lungo il tragitto ci fermiamo spesso, ogni volta che ci sembra di vedere un buco promettente che poi si rivela un nulla di fatto. Mi consolo con le foto ai fiori.

Ecco la “Buca di Terzone”!

Riprendiamo il punto e facciamo le foto dell’ingresso.

Gabriele che si e’ documentato mi dice che questo e’ un pozzo da 40 metri. Mi affaccio a curiosare ma non ne ricavo molto.

Con la grotta abbiamo terminato cosi’, riprendo con i fiori.


Il posto pero’ ci sembra interessante quindi diamo uno sguardo proseguendo a piedi lungo la strada. Qualcosa troviamo ma nulla di umanamente percorribile.

Gabriele documenta tutto.

Un buco non male ma e’ protetto dalla rete.

Altri piccoli buchi che degniamo di uno sguardo appena.

E’ Gabriele a trovare qualcosa di promettente.

Entro dentro a guardare ma dopo nemmeno 2 metri il passaggio stringe inesorabilmente. Peccato. Ne prendiamo le coordinate per segnalarla ai nostri amici del gruppo di Terni. Loro sono piu’ vicini di noi e capitano piu’ spesso di noi da queste parti.

Concludiamo la ricognizione con la foto di un bel “bacarozzo”.

Ritornati in macchina Gabriele deve prestarmi una delle sue magliette perche’ la mia e’ zuppa di sudore. Fatto il cambio maglia ce ne torniamo al campo dove finalmente identifico Pota, il capo-cuciniere, colui che ci ha sfamato in questi giorni. Lo ringrazio con una foto, anche se non viene un granche’.

Al campo ritroviamo anche Luca, e’ vicino al fuoco e sta cercando di scongelare i piedi e asciugare le scarpe. Pare che durante la passeggiata abbia incontrato anche la neve e le scarpe che aveva non erano adatte.

Con Gabriele si era detto: “Se non piove rimaniamo per pranzo poi partiamo”. Non piove, quindi visto che e’ mezzogiorno passato e Pota ci ha detto che per l’una sara’ pronto, ci fermiamo.
Per ingannare il tempo mi dedico a sfoltire bruciandoli un cumulo di rami verdi e altre robe simili a liane. E’ una cosa meno facile del previsto ma alla fine coinvolgo anche gli altri e quando arriva ora di pranzo il cumulo e’ quasi sparito.
Arriva la pasta, anzi ne arrivano due tipi, pero’ faccio a tempo a prenderne solo un tipo, l’altra termina prima che io arrivi a lei. La carne alla brace e’ prevista solo per la sera quindi mi consolo con qualche fetta di salame. Oggi il vino lo evito, meglio non esagerare.
A fine pranzo prendiamo commiato dall’allegra compagnia, ringraziamo coralmente gli organizzatori e i convenuti poi andiamo alla macchina per il lungo viaggio di ritorno verso casa.
Bel campo, bella gente. Grazie ancora a tutti. Alla prossima.