Ciao a tutti! questa e’ una relazione molto speciale, non l’ho scritta io bensi’ Leandro, un promettente speleo alle sue prime esperienze. Ho gia’ inserito relazioni di altri amici mentre scrivevo la mia, pero’ e’ la prima volta che “ospito” una relazione altrui in un articolo dedicato. Questa, credo, e’ la prima relazione di Leandro ed ho il piacere e l’onore di presentarvela. Stavolta non e’ accompagnata da foto sue, ne inserisco io alcune “di repertorio”, magari col tempo…
Tanto per fare conoscenza, questo e’ Leandro mentre funge da contrappeso.
Ma ora basta chiacchiere, lascio la parola a lui!
7 agosto – Grotta degli Urli.
Solo il giorno prima Valerio mi aveva chiamato per un’uscita a Grotta degli Urli; forse per invogliarmi, forse solo per prepararmi mentalmente alla “sfida”, me l’aveva descritta come la grotta più maestosa che, forse, avrei mai visto, un gigante profondo 610 metri ed esteso tre chilometri e mezzo. Il giorno dopo Valerio e Marika passano a prendermi accompagnati da Cesare e, insieme, ci avviamo per Campocatino, pur con qualche difficoltà, dal momento che Cesare mal sopporta le curve e dà, inevitabilmente, di stomaco (per la gioia dei sedili della macchina di Valerio).Arriviamo a Campocatino dove troviamo Bibbo, Gabriele, Nerone, Tarcisio e Luna ad aspettarci, anche se diretti verso un’altra grotta con l’intenzione di scavare e trovare la prosecuzione. Dopo una colazione veloce Tarcisio accompagna me e Valerio all’entrata della grotta; Cesare intanto gioca con i cavalli, che non sembrano felici della sua intraprendenza, tanto che nitriscono di rimando; dopo un breve tratto a piedi su un terreno pietroso pieno di arbusti aromatici raggiungiamo l’ingresso: il panorama è da cartolina. Una volta armato il primo pozzo, quello di accesso, ci caliamo con due grossi sacchi speleo, con materiali d’armo e viveri, sacchi che si sarebbero rivelati d’ingombro, non tanto per il peso (non particolarmente impegnativo), quanto per la conformazione della grotta. Superato l’ingresso, una serie di strettoie dai nomi poco rassicuranti (come la “buca delle lettere” per citarne una) ci danno il benvenuto nella Grotta degli Urli; alla mia domanda sul perche la grotta è detta “degli urli” Valerio mi risponde che ogni cosa viene a suo tempo, che capirò dopo; fin qui mi sembra sempre più la grotta delle imprecazioni! A spezzare il ritmo delle strettoie c’è un pozzo alto solo pochi metri, ma reso faticoso dal poco spazio che offre alle mie spalle. Ancora una strettoia e arriviamo al pozzo da venti metri. Dopo i cunicoli asfissianti l’altezza del pozzo genera un contrasto che ha un effetto eccitante, il battito aumenta; in un certo senso mi sento come Ulisse, in punta di piedi sul ponte della nave prima di varcare le Colonne d’Ercole. Valerio arma il pozzo aggirando un vecchio armo che non conduce verso la nostra destinazione e, subito dopo qualche raccomandazione, si cala. Quando è il mio turno perdo qualche minuto a sbrogliare un intreccio di corde a cui ho goffamente dato vita. Dopo un’ultima strettoia ci troviamo in un susseguirsi di gallerie che tendono ad ingrandirsi sempre più, percorse su ripide ed infinite discese con una pavimentazione a tratti composta da grandi pietre, a tratti da piccoli sassi sgretolati dal tempo. La grotta è secca, salvo qualche pozzanghera, ma comunque fredda ed anche se il ritmo dei nostri passi ci tiene caldi, ci ricordiamo della reale temperatura ogni volta che ci fermiamo a bere un po’ d’acqua, la cui temperatura si adatta a quella ambientale. Più proseguiamo più gli spazi si fanno grandi, fino a diventare maestosi, ci troviamo dentro cattedrali sommerse dove, d’istinto, urliamo per sentire il nostro eco e saggiare la profondità della grotta: ecco perché Grotta degli Urli. Percorriamo macigni crollati e gallerie per un tempo che ci sembra infinito, arriviamo in un salone titanico, tanto da ricordarci quanto piccoli siamo, a 250 metri di dislivello e ci fermiamo a bivaccare; tiro fuori il fornello ad alcol per preparare il tè mentre Valerio mi guarda divertito, perché ogni volta divento un totale imbranato (complice la stanchezza). Dopo un pranzo frugale e qualche chiacchiera ci incamminiamo sulla via del ritorno, ahimè, stavolta in salita, ma che affrontiamo comunque con energia, salvo qualche breve sosta per riprendere fiato. Il pozzo da venti metri mette a dura prova le mie forze perché ormai sono esausto, mentre Valerio tiene ancora un buon passo.
All’uscita ci aspettano Tarcisio, Marika e Cesare, più due ragazzi incuriositi da noi che risaliamo il pozzo. Tutto sommato Valerio aveva ragione, gli Urli sono la grotta più maestosa che ho visto fin’ora e che, forse vedrò mai.
Mai dire mai! Rieccomi qua per la chiusura. Piaciuta la relazione? Sono sicuro di si, lasciate qualche commento per incoraggiarlo. Come sempre, alla prossima.