Collaborazione tra gruppi all’Elefante con Barbara, Fabrizio, Giuseppe, Vincenzo, Emanuele, Arturo, Ruggero, Michele.
Stasera ho un impegno e devo tornare a casa al massimo per le 5 del pomeriggio. Mi auto-propongo la grotta dell’Elefante e me la approvo all’unanimita’. Ora devo solo trovare dei sodali. Gabriele purtroppo e’ ancora impegnato con visite mediche varie e non e’ ancora abile. Sento Giuseppe, lui questo fine settimana e’ rimasto a Roma e mi accompagnerebbe volentieri. Gli propongo di vederci a casa mia per le 8.00 e lui rilancia rimandando alle 8.30. Ottimo. Squadra fatta. Per finire i preparativi faccio ancora due o tre cose. La prima e’ telefonare a Vincenzo, visto che e’ lui a tenere le fila dell’esplorazione alla grotta mi sembra opportuno avvisarlo. Quando mi risponde gli racconto dei miei programmi e lui si dice felice ed aggiunge che ci troveremo alla grotta poiche’ stanno andando anche lui ed altri amici. Anzi, aggiunge, noi abbiamo appuntamento al bar Lanciani alle domattina alle 7.30. Penso subito a Giuseppe, non penso gradirebbe l’alzataccia e declino l’offerta, arriveremo piu’ tardi. Come seconda cosa, vorrei pubblicizzare la cosa presso i “miei” gruppi. Il GSCO, i miei amici di Orvieto, lo escludo subito, non verranno mai cosi’ lontano con cosi’ poco preavviso. Lo SCR, sarei tentato, ma ho appena letto che vanno in massa all’Arnale quindi escludo anche loro. Lancio un appello sul gruppo dello Shaka Zulu, pero’ le poche risposte sono negative, si sono gia’ organizzati per domenica, una nuova esplorazione a monte Livata. Dopo tutta questa girandola di pensieri e comunicazioni la conclusione e’ sempre la stessa, il gruppo e’ rimasto quello iniziale. Domani saremo Giuseppe ed io. Terminata la parte social, mi dedico a fare lo zaino. Ho mandato dalla sarta le tute che uso di solito, sono molto, ma molto da rammendare e spero vivamente non si scoraggi. Per fortuna in armadio ne ho ancora un’altra. La recupero, e’ malandata assai, ci metto uno strato di colla sulle toppe che si sono staccate troppo e la lascio sotto peso, per domani sara’ pronta.
La mattina vado a fare la colazione con Betta verso le 7 poi torno a casa e mi metto in paziente attesa dell’arrivo di Giuseppe. Aspetta, aspetta, aspetta, si fanno le 9. Il caro Giuseppe, per non farmi sentire la mancanza di Gabriele, ha pensato bene di presentarsi con una mezz’ora di ritardo. Un bel pensiero, ma sinceramente ne avrei fatto a meno. Partiamo quindi da Roma col povero Giuseppe che deve sorbirsi i miei rimbrotti e borbottii sulla puntualita’ agli appuntamenti. Per sovrappiu’ gli faccio anche pagare la colazione al bar di fronte a dove e’ parcheggiata la macchina. Per non trovare traffico facciamo l’autostrada. Arrivati a Guidonia facciamo ancora una sosta ad una pasticceria. Ufficialmente e’ per prendere delle bottigliette d’acqua, ma alla fine prendiamo anche una pasta per uno. Ora mi e’ passato il malumore da attesa, quindi ricambio l’offerta “spintanea” della colazione fatta a Roma. Soddisfatti da questo ulteriore spuntino, riprendiamo la macchina ed andiamo diretti al parcheggio vicino la grotta.Dopo un rapido scambio di foto, prepariamo le nostre robe e partiamo per cambiarci al fresco della galleria.
Delle allegre bacche trovate lungo il sentiero che porta alla grotta.
Eccoci arrivati in zona “monnezza”, la discarica all’inizio della galleria. Ci cambiamo qua.
Infilo la tuta dai mille rattoppi, per fortuna sembra tenere, vedremo all’uscita. Iniziamo la breve passeggiata per la galleria.
All’ingresso troviamo segni del passaggio di Vincenzo ed i suoi amici. Se non hanno avuto ritardi, sono in grotta da circa 3 ore, sono curioso di vedere cosa stanno facendo. Spiego brevemente a Giuseppe cosa trovera’ per i primi metri di grotta, fino alla base della spaccatura, poi andiamo.
Giu’ per il saltino d’ingresso, poi il traverso, poi la discesa del pozzo, fino alla proboscide dell’elefante.
Mentre aspetto Giuseppe trovo ancora una volta a fotografare le sottili lamelle di calcite depositate sopra i broccoletti.
Eccolo che arriva.
Quando siamo di nuovo assieme gli racconto di quanto ho letto sul librone riguardo la grotta. Gli spiego che da dove siamo ci sono 2 rami, uno a destra ed uno a sinistra e che sul librone veniva descritta una corrente d’aria proveniente da uno dei 2 rami. E’ stata quest’aria ad incuriosire chi, anni dopo, ha deciso di riprendere l’esplorazione della grotta. Per stimolare l’esploratore che e’ in Giuseppe, gli chiedo di dirmi da quale direzione venga l’aria. Lui con fare investigativo inizia a perlustrare un tratto di grotta. Lo seguo.
Mentre Giuseppe investiga, incontro un mio buon amico, il teschio di cucciolo di drago. Visto che non ho fretta lo ingaggio per un servizio fotografico. Lui si presta volentieri.
Mentre lo riprendo anche da sotto, si avvicina Giuseppe. Ipotizza che “l’osso” non sia per nulla un cranio…e magari ha pure ragione. Pero’ finche’ qualcuno non lo identifica, lo chiamero’ il “draghetto”
Blocchetti di fango in via di solidificazione.
Ancora le lamelle di calcite.
Giuseppe termina le sue ricerche dell’aria con un nulla di fatto. Lo aiuto io finendo di raccontare quel che so della grotta. Visto che per lui e’ la prima visita, gli propongo di andare a vedere per primo il ramo di sinistra, quello senza correnti d’aria. Va bene, si va.
Anche io rivedo volentieri questo ramo, ne approfitto per tentare qualche foto con impostazioni differenti da quella automatica.
Passiamo i punti piu’ ostici, pero’ ora li conosco ed andiamo spediti.
Ancora le lamelle. Mi affascina pensare che sono la testimonianza di un lungo periodo in cui qua era tutto allagato.
Siamo vicini al punto in cui la frattura si chiuse su se stessa.
Giuseppe tenta di trovare qualche passaggio ancora sconosciuto.
Proviamo in un punto in cui le pareti sono consumate, come dal passaggio di una corrente d’aria in qualche maniera corrosiva.
Foto di fine meandro.
Tanto per non lasciare nulla al caso andiamo anche a sbirciare nella nicchia dove questo ramo termina.
A parte qualche lamella, nulla di buono ne viene fuori.
Prendiamo la via del ritorno. Strada facendo provo a fare una foto a dei broccoletti con una finitura da istrice. Non male, devo assolutamente ricordarmi l’impostazione scelta per l’occasione.
Senza fretta torniamo sui nostri passi.
All’elefante, tiriamo dritto per l’altro ramo.
Un saluto veloce al “draghetto”.
Ciao ciao.
Eccoci alla strettoia. Sistemo le mie cose ed inizio a passare. In mezzo alla strettoia, mi sento bagnato addosso, visto che ancora non sono incontinente, deve essere la maledetta bottiglietta dell’acqua che si e’ bucata. Mi estraggo dalla strettoia con qualche sbuffo, e controllo. Si, e’ la bottiglietta dell’acqua. Naturalmente la bottiglia si e’ bucata proprio sul fondo, quindi posso fare ben poco. Ne bevo una lunga sorsata e poi la passo indietro a Giuseppe chiedendogli il piacere di metterla a testa in giu’.
Terminato il litigio con la bottiglietta, scendo verso il passaggio che tanto amo, quello in cui ci si bagna i piedi.
Forse il livello dell’acqua e’ cresciuto di alcuni centimetri, ma i laghetti sono ancora separati.
Mentre aspetto Giuseppe mi metto a pensare, possibile che nel dedalo di spaccature che ci sono nei dintorni non ci sia un passaggio alternativo? Per vedere meglio arrampico alla meno peggio alzandomi dall’acqua di un paio di metri. Mi sposto lateralmente verso l’acqua per trovare un posto comodo. Escludo un paio di passaggi perche’ sono stretti. Pero’, proprio sopra di me c’e’ qualcosa di interessante. Accendo la luce di profondita’, in effetti si potrebbe tentare il passaggio per andare a vedere, sopra continua per alcuni metri, chissa’…Provo ad infilarmi nel passaggio. E’ un poco stretto per me. Forzo ma ottengo solo di incastrarmi col petto. Per fortuna tornando giu’ ho l’aiuto della gravita’. Con il primo tentativo ho ottenuto solo di scrostare via il primo strato delle concrezioni. Pero’ oggi ho l’arma segreta che risolvera’ il problema…Giuseppe! Nel frattempo lui, ignaro di cosa lo attenda, e’ arrivato all’acqua ed aspetta paziente di capire cosa io stia combinando appollaiato quassu’. Gli spiego brevemente la mia teoria poi lo incito a raggiungermi. Mentre lui affronta la scalata, sentiamo delle voci. Provo ad urlare una prima volta ma non ottengo risposta, una allucinazione? La seconda volta le voci sono piu’ nette, ci sono 2 persone che dialogano da una certa distanza, sembra che anche loro siano alla ricerca del bypass ma partendo dopo l’attraversamento dell’acqua. Mi metto ad urlare per attirare la loro attenzione. Alla fine comprendono di non essere piu’ solo loro in questo tratto di grotta e mi rispondono. Ci presentiamo, loro sono “quelli del CAI”, noi siamo “quelli dello Shaka Zulu”. Mi confermano che anche loro stanno cercando il bypass. Giuseppe mi ha raggiunto, gli mostro il passaggio verso l’alto e cerco di convincerlo a tentarlo al mio posto. Decide di provare. Per lui naturalmente non c’e’ alcun problema. Sale alcuni metri poi l’ambiente si allarga e lui inizia a vagare cercando di ricongiungersi con i nostri amici. Mentre fremo per avere nuove da Giuseppe, sento rumore di passi nell’acqua e poi mi si palesa un essere fangoso assai. Si presenta mentre sale agilmente verso il mio trespolo, e’ Arturo, e’ del GSCAI Roma ed e’ qui per dare una mano a Vincenzo. Gli spiego cosa stiamo tentando e gli indico il passaggio. Se possibile, Arturo e’ ancora piu’ smilzo di Giuseppe quindi si infila svelto e sparisce anche lui nel buio sulle tracce di Giuseppe. Rosico ferocemente, devo passare anche io. Arturo e’ passato col petto verso l’alto, non verso il basso come avevo provato io. Guardando ancora la strettoia, noto che da un lato e’ leggermente piu’ largo, forse se tento col petto verso l’alto ce la posso fare. Mi posiziono, cerco un appoggio per i piedi. Sono incastrato. Invece di spingere stavolta mi sposto leggermente di lato…funziona! Lo sterno passa, e’ andata. Ancora qualche sbuffo, un paio di sospiri e sono dall’altra parte. Salgo un paio di metri fino a raggiungere il buio che vedevo da sotto. L’ambiente si allarga, c’e’ una spaccatura quasi orizzontale che sembra comoda, e’ sicuramente quella dove sono passati Giuseppe ed Arturo. Vado anche io.
Girato l’angolo mi trovo in una sala, quasi tutta occupata da un masso gigantesco. Davanti a me ci sono delle spaccature che proseguono. Sento le voci di Giuseppe ed Arturo che girano da qualche parte. Gia’ sono contento, sono sicuramente oltre il passaggio dell’acqua, ora devo solo trovare il modo per arrivare in una zona conosciuta. Sopra di me c’e’ una spaccatura nel soffitto della sala, non e’ larghissima, ma in alcuni punti e’ percorribile. Sopra, dopo la spaccatura, sento una voce. E’ Ruggero, un altro degli amici di Vincenzo. Cerco un modo per avvicinarmi alla spaccatura. Salgo sul sassone che occupa la sala. Lo devo fare con cautela perche ‘ ricoperto da almeno un palmo di fango semi-solido e scivolosissimo. Quando sono al piano superiore, riesco finalmente a vedere e salutare Ruggero. Ho l’impressione di averlo gia’ visto da qualche parte ma questa e’ una cosa che mi riprometto di capire in seguito. Ruggero ha una corda con se’, sara’ utile per farmi sicura mentre salgo a raggiungerlo. Con la sua assistenza cerco un punto dove la spaccatura e’ abbastanza larga da permettermi il passaggio. Una volta individuato il punto giusto, faccio un nodo alla corda e poi chiedo a Ruggero di agganciarcisi con la longe e di cercare un punto comodo dove puntellarsi. quando e’ pronto, metto l’altro capo della corda nel croll ed inizio la salita. Non e’ semplice, per la prima parte della salita ho i piedi che vanno nel vuoto, devo tirarmi su a braccia. Anche se si tratta di pochi centimetri, li sento tutti. Nonostante tutto il fiatone che riesco ad esprimere, in un paio di minuti sono a salutare Ruggero. Riconosco il posto e’ “l’altopiano” dove la volta scorsa abbiamo fatto pausa sigaretta con Livia. Poco piu’ a destra infatti ritrovo il punto dove volevo armare un pozzo per evitare arrampicate nel fango.
Mi siedo un paio di minuti a riprendere fiato. Sotto di me sento voci che si spostano, sembrano contenti perche’ hanno trovato delle prosecuzioni. Per ora non ho interesse a seguirli, cerco un armo naturale per riscendere. Trovo un masso abbastanza grande da poter fare da ancoraggio. Con l’aiuto di Ruggero gli passiamo intorno la corda. La passo poi di sotto nel caso i girovaghi vogliano salire. Le urla entusiastiche continuano. Con Ruggero andiamo noi verso di loro. Siamo sul pianoro visto la volta scorsa, ricordo il fix piantato sul pavimento. Su quello avevo basato la supposizione che il posto fosse gia’ stato visto. Supposizione che le urla dei ragazzi sotto di me sembrano confutare. Ora li vedo, sono circa 3 metri piu’ in basso. E’ abbastanza stretto da poter scendere in opposizione, controllo bene poi li raggiungo, Ruggero rimane su. Incontro Emanuele, e’ raggiante, hanno trovato un meandro che continua. Non ci sono segni di passaggio. Giuseppe ancora non lo vedo, e’ nei dintorni perso in questo dedalo. Seguo Emanuele.
All’inizio del meandro troviamo il suo compagno di esplorazione. Sono interdetto, sembra Ruggero! con una risata mi chiarisce le idee. Lui e’ Arturo ed e’ lui che mi ha raggiunto prima dell’acqua ed ha seguito Giuseppe nel passaggio stretto. Ruggero semplicemente e ‘ suo fratello. Chiarite le relazioni familiari, procediamo per il meandro. Nel primo tratto vanno avanti Emanuele ed Arturo, sono galvanizzati dalla esplorazione. Ad un certo punto pero’ trovano un passaggio un poco piu’ tecnico e si fermano indecisi, la voglia di proseguire e’ tanta ma il timore di andare oltre le proprie possibilita’ anche. E’ ammirevole in loro tanta prudenza nonostante l’emozione da esplorazione, se la conserveranno, in futuro sara’ loro utile per evitare passi falsi pericolosi.
Vado avanti a vedere il passaggio che li ha fermati. Non e’ piu’ largo del tratto che abbiamo appena percorso, pero’ ora si vede che stiamo camminando nel mezzo di una alta frattura. Sotto di noi c’e’ l’acqua a circa 4 metri.
Spiego loro di procedere utilizzando sempre gambe e braccia curando di avere sempre almeno 3 appoggi sicuri. Faccio loro vedere per un tratto. Il mio esempio sembra rassicurarli abbastanza da riprendere l’esplorazione.
Ora sono io ad andare avanti. Mi muovo con cautela senza forzare il passo. Nonostante questo scopro di faticare parecchio, ho caldo e sudo copiosamente. Nemmeno a dirlo, pensando di dover stare fermo durante l’armo del meandro, ho messo addosso ben 2 magliette, mi sciogliero’. Il meandro sembra continuare inesorabile.
Durante una breve sosta per riprendere fiato, Arturo mi avvisa che sente qualcuno avvicinarsi. E’ Giuseppe, ha trovato la via per raggiungerci. Bene. Purtroppo alla sosta successiva, sempre Arturo mi dice che da un certo punto in poi non ha piu’ sentito Giuseppe avanzare dietro di lui. Probabilmente si e’ stufato di “meandrare” ed e’ tornato indietro. Arturo ha l’orologio, lo consulta e decreta che e’ l’una. In un attimo di euforia dichiaro che alle 2, dove siamo siamo, torneremo indietro. Dopo un’altra manciata di minuti inizio a sentire una sete pazzesca, mi sto disidratando velocemente. All’ennesima sosta, ridimensiono i miei obiettivi. Faccio ai ragazzi: “Arriviamo fino a la’ davanti dove sembra esserci una biforcazione e poi torniamo indietro”. La biforcazione purtroppo sembra segnare anche la brusca fine del meandro, peccato, avrei voluto lasciare da proseguire a Vincenzo. Arturo ed Emanuele si infilano nelle 2 diramazioni ma anche loro devono concludere che non c’e’ passaggio umanamente percorribile.
Torniamo indietro ad un ritmo molto piu’ lento di quello dell’andata, la disidratazione inizia a farmi dolere un poco i muscoli. Ogni tanto mi giro per fare una foto ai ragazzi e per dare loro qualche chicca di tecnica che loro gentilmente accettano.
Tornati circa a meta’ strada ritroviamo l’aria, si comporta come se ora stessimo “entrando” in grotta. Probabilmente c’e’ da cercare verso l’alto, magari c’e’ un altro ingresso. Si vedra’
Foto da esploratore, purtroppo la fotocamera e’ lercia di fango e non riesco a pulirla bene. A voler essere buoni si puo’ dire che le foto sembrano antichizzate.
Proseguiamo.
Nonostante l’andatura piu’ lenta, progrediamo piu’ velocemente, ora infatti non dobbiamo valutare come conviene proseguire, seguiamo semplicemente le tracce dell’andata.
Emanuele ed Arturo sono sempre allegri ma anche loro accusano chi stanchezza, chi fame da lupi. Io ho un solo imperativo, trovare qualcosa da bere.
La stalagmite la riconosco, siamo quasi al punto dove parte il meandro.
Altra foto esplorativa, li avviso che si ritroveranno immortalati in aggrottiamoci.
Eccoci quasi tornati al punto di partenza.
Mi trovo davanti ad un bivio che mi sembra di conoscere. Mi fermo interdetto. Da che parte son venuto? Strano, da nessuna delle 2 direzioni, mi sembra. Alzando gli occhi mi scappa un sorriso, e’ la parete da cui mi sono calato. Mi giro per avvisare Arturo ed Emanuele che sto per risalire. Arturo mi avvisa che alla mia destra c’e’ un masso enorme che rischia di cadere. Non vedo perche’ un masso cosi’ debba rimanere in bilico, controllo che i ragazzi siano a distanza e lo butto giu’. Dopo un attimo di sconcerto da parte loro, la cosa sembra avere la loro approvazione. Mentre sono impegnato in queste rumorose attivita’ sentiamo una voce lontana, e’ Giuseppe. Lo richiamo, mi dice: “Rimani la’!”, dopo un poco pero’ si vede nessuno quindi ritorno al mio imperativo, trovare acqua per bere.
Mentre io salgo al piano di sopra, loro continuano ad esplorare la frattura nella direzione opposta al meandro. Nel salire trovo ancora un sasso di generose dimensioni che aspetta solo di cadere addosso a qualcuno. I ragazzi oramai sono lontani da me, quindi grido “Sasso!” e poi lo butto giu’. Il fragore e l’urlo devono comunque far loro impressione perche’ si levano urla di protesta. Dico loro di non preoccuparsi e di proseguire, non ci sono altri sassi in bilico.
Mentre sono al pianoro di sopra, vedo Arturo fare capolino da un buco, ha trovato un passaggio piu’ comodo rispetto alla mia arrampicata in opposizione.
Ripreso il fiato, mi dirigo verso il punto in cui ho capito essere il meandro dove sta lavorando Vincenzo. Appena arrivo nella sala dove parte il meandro, sento un altro componente della banda, Michele, che urla ad Emanuele ed Arturo di tornare che serve una mano dentro il meandro. Al momento dentro con Vincenzo c’e’ Ruggero. Mi fermo a scambiare qualche parola con Michele e ne approfitto per chiedergli una sorsata d’acqua, per terra ci sono svariate bottiglie e la loro vista mi attrae enormemente. Il primo sorso d’acqua e’ come un elisir, mi sento subito meglio. Quanto arriva Emanuele, sfodera addirittura una bottiglia di aranciata. Me la offre e ne bevo con immensa gioia. Dopo qualche minuto, prendo commiato da questi nuovi amici, devo ritrovare Giuseppe ed insieme dobbiamo riprendere la strada di casa, oramai e’ quasi ora di tornare. Torno al pianoro e con la corda che avevo sistemato con Ruggero, mi calo verso il masso fangoso dove e’ iniziato tutto.
Sceso dal masso, cerco il punto dove ritornare all’acqua. Giro la testa per un poco poi individuo il passaggio. Prima di calarmi urlo per chiamare Giuseppe, mi risponde prima lui poi una voce femminile. Sono interdetto, quello sciupafemmine di Giuseppe e’ riuscito a trovare compagnia anche dentro una grotta? Mistero! Non ho capito bene dove siano, pero’ sono nelle vicinanze quindi non dubito che ci ritroveremo. Scendo e mi ritrovo all’acqua. Sorrido ancora al pensiero di non essermi dovuto bagnare.
Risalgo verso la strettoia. Ora le voci mi arrivano chiaramente e si svela il mistero. Barbara e Fabrizio sono arrivati da un po’ per lavorare all’allargamento della strettoia. Giuseppe e’ tornato indietro e li ha incontrati. Mi arrampico su e poi traverso la strettoia, devo dire che per il momento e’ ancora stretta, ma ci sono speranze per la prossima volta. Appena passato mi avvento sulla mia bottiglietta d’acqua, quella fetente che si e’ bucata, e me la scolo in un fiato.
Con Giuseppe rimaniamo un poco ad osservare Barbara e Fabrizio che lavorano alacremente. Ora pero’ sono le 3 del pomeriggio, per me e’ proprio ora di tornare. Salutiamo Barbara e Fabrizio con la loro promessa che la prossima volta passeremo senza fatica.
Andiamo velocemente fino alla partenza del pozzo. Sale prima Giuseppe.
Inganno il tempo fotografando i miei attrezzi. Questo dovrebbe essere il discensore.
All’uscita Giuseppe insiste per farmi una foto, mi lascio convincere, una volta tanto non fara’ mica male.
Uno dei miei moschettoni. Non posso tornare a casa in queste condizioni, prima di cambiarmi devo ripassare tutto cercando di togliere piu’ fango possibile.
Giuseppe non ha ancora visto la restante parte della galleria artificiale. Lo accompagno nel giro. Sul soffitto trovo i resti di una mina.
Andiamo fino all’incrocio.
Facciamo prima un ramo…
…e poi l’altro.
Terminato il giro, torniamo alle nostre cose e partiamo verso la macchina. In qualche maniera stipo tutto l’ammasso di fango nello zaino senza sporcarlo troppo. Quando siamo pronti ci dedichiamo un selfie e siamo pronti per partire.
Non sono stato breve, pero’ questa grotta continua a piacermi parecchio e lo spirito di sana e proficua collaborazione che ci trovo, me la fa piacere ancora di piu’. Alla prossima.