Alla riscoperta dell’Ouso di Salvatore con Vincenzina, Maurizio, Leandro, Vincenzone, Luca, Giuseppe, Gabriele ed io.
Tempo fa eravamo con Nerone, probabilmente in ricognizione alla ricerca di buchi nuovi. Il buon Nerone quel giorno era in vena di raccontare delle sue avventure passate. Tra le tante che ci ha narrato c’era l’esplorazione di una grotta presso Carpineto Romano, l’Ouso di Salvatore. Quello che mi colpisce della sua storia e’ che nella grotta, giu’ al fondo, c’e’ tanta aria e che nessuno l’ha piu’ frequentata da anni. Sentite le sue parole, e’ stato un attimo programmare, insieme a Gabriele, una visita alla grotta. Naturalmente tra dirlo e farlo sono passati svariati mesi, anche perche’ l’esplorazione della Piccola CretaRossa ci ha assorbito completamente. Finalmente pero’ e’ arrivato il momento di mettere in pratica i nostri buoni propositi.
Gabriele si accorda con Luca e Vincenzone che sono del posto e conoscono bene il luogo dove si apre la grotta. Gabriele ritrova anche il rilievo da un notiziario di “Speleologia”. Nei giorni precedenti l’uscita ce lo studiamo per vedere cosa c’e’ da fare e per ricostruire una sorta di scheda d’armo per avere una idea del materiale da portare.
Da quel che ci racconta Nerone sono circa 20 anni che nessuno frequenta questa grotta, probabilmente sara’ da riarmare completamente.
Domenica mattina inizia la lunga catena di appuntamenti che ci portera’ alla grotta. Gabriele passa a prendermi e Giuseppe ci raggiunge sotto casa mia. Da li’ ci spostiamo al bar vicino Ikea di Anagnina dove ci ritroviamo con Vincenzina e Maurizio. Fatti i conti e valutate le macchine a disposizione imbarchiamo tutto in macchina di Maurizio e ci accalchiamo dentro per fare il viaggio tutti assiemeEccoci in viaggio, decisi e pronti a tutto.
Maurizio alla guida, e’ talmente serio che anche la fotocamera ne rimane scossa.
Vicino Montelanico ci troviamo a seguire una macchina con uno stemma conosciuto, quello degli “Speleologi Romani”. Sappiamo che sono diretti ad Alien 3 un’altra delle innumerevoli grotte del carpinetano. Mi sporgo dal finestrino per salutarli ma il mio gesto raccoglie solo l’indifferenza dei nostri amici “alieni” e la disapprovazione del nostro driver.
Speravo di salutare i nostri amici “alienici” durante la solita sosta al bar Semprevisa di Carpineto ma loro tirano dritto, la loro grotta chiama. Noi invece abbiamo l’ultimo rendez-vous proprio al bar quindi posteggiamo la macchina alla meno peggio e scendiamo ad incontrare Leandro, che ci ha raggiunto da Subiaco (o dintorni), Vincenzone e Luca, che vivono nei pressi.
Dopo un supplemento di colazione andiamo alla grotta. Non saliamo molto lungo la strada per Pian della Faggeta. Giriamo infatti quasi subito per una strada in salita. Il fatto che ci sia un cancello con l’invitante cartello “Strada Privata” non ci tange, se Vincenzone, alla guida della sua Panda, ha preso questa strada, si vede che si puo’. Arrivati ad uno spiazzo delimitato da recinzioni e 2 cancelli di ingresso a 2 diversi terreni, il buon Vincenzone si ferma e parcheggia. Nello spiazzo troviamo gia’ una macchina, e’ quella del proprietario del terreno di destra che si avvicina incuriosito. Iniziando i nostri rituali di vestizione scambiamo qualche chiacchiera con lui per informarlo che stiamo cercando una grotta nei dintorni e tranquillizzarlo sul fatto che non lasceremo le macchine nello spiazzo. Lui infatti a minuti andra’ via e le nostre macchine gli tolgono lo spazio per fare manovra. Risolviamo subito il problema, prendiamo gli zaini e portiamo le macchine piu’ giu’. Solo Vincenzone lascia la sua Panda ben accostata da un lato. Durante la vestizione, come tradizione vuole, inizia a piovere. Per fortuna non in maniera violenta, con qualche ombrello risolviamo. Infilo la tuta speleo, imprecando mentre cerco di tenere l’asta dell’ombrello incastrata tra mandibola e clavicola. Naturalmente, appena finisco di chiudere la velcro della tuta, la pioggia cessa. Una foto a Luca col suo ombrellino rosa non poteva mancare.
Vincenzina ama che io la fotografi mentre si cambia, l’ho potuto notare gia’ da quando era allieva del corso SCR, alcuni anni fa, oramai. Il suo sguardo tenero e comprensivo me lo conferma ancora una volta.
Zona public relation.
Lascio Gabriele a fare quello in cui e’ piu’ bravo ed intanto metto al lavoro i nostri baldi giovani per preparare il materiale. Guardando il rilievo abbiamo calcolato che ci servono circa 24 attacchi completi di fix. Leandro si occupa di assemblarli mentre gli altri insaccano le corde in ordine inverso di utilizzo. Abbiamo una 100m per la serie centrale di pozzi, speriamo basti.
Intanto in zona public relation si continua a parlare animatamente.
Siamo pronti? Si, pare proprio che siamo pronti. Andiamo! Il padrone del terreno di fronte ci ha dato qualche indicazione utile a trovare la grotta. Ha detto: “seguite la strada fino al cancello, da li’ salite circa 20m a destra e troverete la grotta”.
L’ha detto con sicurezza sufficiente a dargli fiducia, quindi aspettando che tutto il gruppo sia con noi, scavalchiamo il primo cancello con le apposite scale ed andiamo pian pianino lungo la strada.
Arriviamo al secondo cancello. 20 metri alla nostra destra c’e’ una casupola. Che abbiano costruito sopra la grotta? Speriamo di no.
Che si fa, che non si fa? Scavalchiamo anche questo cancello con le scalette che troviamo accanto. Quindi iniziamo a salire verso la casupola in ordine sparso.
La recinzione ora l’abbiamo alla nostra destra. E proprio a destra, oltre la recinzione, sembra esserci un punto interessante. Salendo troviamo un punto per scavalcarla di nuovo. Ci sono piu’ punti buoni dove cercare la nostra grotta. C’e’ una grossa dolina, molto interessante, mi avvicino per valutarla. In quel mentre sento Vincenzone affermare che l’Alberta diceva che la grotta si apre a ridosso di una “roccetta”. Mi dirigo senza ulteriori indagini verso la piccola parete dove Vincenzina ha individuato un paio di buchi. Leandro e Luca hanno la mia stessa idea.
Vincenzina intanto ha iniziato a ripulire la roccia per cercare le antiche vestigia di attacchi buoni per mettere una corda e scendere.
Mentre valutiamo il da farsi, il gruppo inizia a ricompattarsi. Dal rilievo la grotta inizia con un pozzo da 18 metri. Il buco giusto e’ quello che stiamo guardando, non ci sono dubbi. Luca pero’ controlla il buco poco distante, soffia con decisione. Dovremo proprio darci un occhio una di queste volte.
In parete ci sono dei chiodi da roccia, da come “suonano” battendoli col martello sembrano integri. A scanso di problemi decidiamo per una soluzione mista, piantiamo un fix e doppiamo l’armo su un chiodo. Vins fa suo il trapano ed inizia ad armeggiare, in tutti i sensi. Finito col fix, sistema la corda ed inizia la sua discesa.
Mentre lei scende vediamo che la corda tocca di lato. Sistemiamo al volo un deviatore per correggere la traiettoria della corda.
Dopo di lei sembra tocchi a me. Nel frattempo il gruppo si e’ diviso, alcuni di noi sono andati a vedere meglio la dolina che ho appena abbandonato. Scendo. Il pozzo inizia stretto ma quasi subito si allarga abbastanza da non essere opprimente. A meta’ pozzo, guardando in alto si riesce ancora a vedere un barlume di luce. La corda tocca ancora un poco, ci vorrebbe un altro deviatore, ma non ho con me l’occorrente.
Quando arrivo alla base del pozzo, mi sento chiamare da Vins. Vado verso la sua voce prima di dare la libera. Ha trovato un ramo laterale che risale, probabilmente un’altro ingresso. Sarebbe da vedere, ma oggi e’ meglio fare quel che ci siamo ripromessi.
Mentre attendiamo il resto del gruppo col materiale, Vins esplora le possibili diramazioni della grotta.
Intanto scende Giuseppe. Quando arriva urliamo di sospendere un attimo le discese, risalgo il pozzo per sistemare un deviatore con il cordino che Giuseppe ha portato con se’. Fatto quel che potevo, scendo di nuovo giu’.
In attesa dei nostri vado anche io a curiosare dove il rilievo indica la prosecuzione della grotta. Dietro questo sperone di roccia si nasconde la temibile strettoia. La dico temibile perche’, per nominarla nel rilievo e darle addirittura il nome “Rio la Sventra”, deve essere una strettoia che lascia memoria di se’.
Anche per non sentire freddo, inizio a togliere sassi dal pavimento cosi’ da rendere il passaggio piu’ agevole. Male non fara’. Mi volto verso la base del pozzo d’ingresso sentendo rumori di speleo in avvicinamento.
In breve arriva Maurizio, quindi Leandro e Giuseppe. Il gruppo e’ completo cosi’, gli altri hanno deciso di dedicare del tempo e delle energie alla dolina. Il materiale necessario lo abbiamo, possiamo proseguire. Non so perche’, ho la malsana idea di prendere con me lo zaino delle corde. E’ uno zaione enorme con dentro una 100m, una 30m ed una 20m. In alcuni piccoli passaggi in discesa devo farlo scendere a calci. Non e’ una cosa buona. Mi riprometto, per la prossima volta, di portare corde di misura per i pozzi in piu’ zaini, stretti, se possibile. Oltre al fatto di essere stretta, la grotta non presenta un andamento semplice come si potrebbe intuire dal rilievo. Siamo in una profonda frattura con detriti nel mezzo a determinare la via. Una via che va cercata muovendosi da un livello all’altro. Capita molte volte di dover tornare indietro a cercare un passaggio migliore. Al P4 segnato in carta c’e’ posto per sostare insieme. Ne approfitto per una foto a Giuseppe.
Per armare troviamo dei fix. Sono senza dado, per fortuna ne ho portati alcuni in piu’ proprio per questa evenienza. Vorrei tanto sapere chi e’ il misterioso collezionista di dadi che ripulisce tutte le grotte…Ma poi, sara’ uno solo o e’ una setta feticista del dado da grotta?!? I fix non sembrano messi nel migliore dei modi, pero’ il suono da “vuoto” dei punti piu’ adatti sconsiglia di tentare soluzioni differenti. Vins arma e scende. Come stabilito iniziamo qui ad utilizzare la famigerata corda da 100m. Mi raccomando con tutti di farla bagnare il meno possibile, dopo dovremo portarla indietro e tutti sappiamo quanto possa pesare una corda bagnata!
Un mini sifone. Il ruscellare dell’acqua mi ricorda che ho dimenticato di portarla. Mi rimbocco la barba e tuffo le labbra nella pozza cercando sollievo alla sete.
La pozza d’acqua alla base del pozzetto appena sceso.
Nei metri successivi mi ritrovo avanti, in teoria dal rilievo la distanza dal P4 al P8 sembra una facile camminata. Non e’ cosi’! Siamo sempre in frattura ed impieghiamo buona parte del tempo a cercare il passaggio migliore tra almeno un paio di possibilita’. Dopo un cunicolo basso, mi ritrovo ad affacciarmi alla base di un camino verticale da cui si intuisce un cospicuo arrivo d’acqua, la roccia e’ pulita e la concrezione residua e’ smangiucchiatta dall’azione erosiva dell’acqua.
Davanti a me le pareti della grotta si riempiono di nuovo di fango, non e’ un buon segno. Forse la grotta e’ soggetta a piene fino a questo livello?
Il livello sopra di me, relativamente pulito.
Il livello sotto di me, coperto di fango sedimentato.
Arrivano i miei amici con il resto del materiale, mi passano la 100, possiamo armare il breve pozzo poco piu’ avanti.
Alla partenza del pozzo ci sono alcuni fix, uno ribattuto, uno con la filettatura spanata (che ribatto io) ed una piastrina vergognosamente arrugginita. Alla fine decido per un nuovo fix da utilizzare in congiunzione con la piastrina vergognosa. Nel prendere l’attacco che mi serve, riesco a perderne uno, mi cade di mano. Lui cade nella pozza d’acqua alla base del pozzo, limacciosa e profonda. Non lo troveremo mai. Spunto mentalmente di segnalare a Gabriele la grave perdita. Sistemata la corda facciamo provare a Leandro il brivido della discesa per primo in un posto ancora sconosciuto.
Mentre Leandro scende illumino un poco di piu’ per vedere cosa ci attende.
Alla base del pozzo troviamo un segno del passaggio di Nerone! Nonostante il rilievo indichi alcuni metri di gradoni, la grotta sembra partire quasi subito con un nuovo pozzo. Ad intuito dovrebbe essere il P13 indicato in rilievo.
Ci sono 2 fix di partenza, sono molto fuori dalla roccia e sono senza dado, pero’ la roccia in quel punto e’ buona, decidiamo di utilizzarli. Sistemo la corda ed inizio a scendere. La corda inizia a toccare la parete quasi subito. Cerco a lungo un fix, o anche uno spit, per fare un frazionamento, trovo nulla. Alla fine mi rassegno e ne pianto uno io. Alla base del pozzo urlo la libera ai miei amici.
Alla base del pozzo ancora un segno inequivocabile del passaggio di Nerone, una candela.
Intanto i miei amici iniziano ad arrivare, Vins e Leandro sono pronti a proseguire. Ora, se non abbiamo clamorosamente sbagliato nella valutazione del rilievo dovremmo essere nei pressi del P37.
La grotta ed il rilievo non sembrano andare molto d’accordo. Dalla base del pozzo si deve scendere ancora alcuni metri in una stretta spaccatura. Arrivati al fondo della suddetta, si risale tra massi incastrati fino a vedere, finalmente, la partenza del P37. Il primo tratto da dove siamo ora si potrebbe anche scendere fino in fondo utilizzando la corda che viene dall’alto, pero’ decidiamo di mettere almeno un deviatore per evitare sfregamenti indesiderati.
Metto il fix, sistemo il deviatore e scendo. Nello stretto do’ qualche strattone di troppo ed il coperchio del contenitore di plastica che contiene la batteria del trapano, cade giu’. Il mio urlo di disappunto ed alcune irripetibili ingiurie seguono la caduta del coperchio. Per fortuna riesco facilmente a recuperare il coperchio e risistemarlo al suo posto. Risalendo tra i massi incastrati mi trovo, come dicevo, alla partenza del P37. Aspetto che il resto del gruppo mi raggiunga, ho sentito parlare di ritorno e voglio appurare se tutti hanno voglia di continuare. Dopo un rapido consulto la decisione e’ presa, piantero’ ancora un fix per preparare la partenza del P37 e poi inizieremo a tornare indietro. Faccio quel che devo mentre i miei amici iniziano a risalire fino alla base del P13. Sistemato il fix, ripongo le punte e mi muovo per raggiungere i miei amici. Al momento Giuseppe e’ alla base del pozzo, Leandro e’ su corda e Vins e’ in attesa. Muovendomi nello stretto faccio ancora un errore nel valutare il mio ingombro con tutto il materiale d’armo addosso. Sbatto tutto contro la parete ed il coperchio salta via nuovamente. Poco male, penso, e’ recuperabile. Non faccio a tempo a terminare questo pensiero che vedo la batteria staccarsi dal connettore e cadere a sua volta…in una pozza d’acqua. Orrore! Immagini di violentissimi scoppi mi precipitano nel panico. Per alcuni attimi penso solo ad allontanarmi dalla batteria. Alla batteria e’ rimasto attaccato il sensore che indica lo stato di carica della batteria, lui continua a fare il suo lavoro senza alcuna percezione del pericolo. Ho il fiatone per l’ansia. Perche’ la batteria in corto circuito nell’acqua ancora non scoppia? Aspetto un tempo che mi pare congruo poi, nonostante i richiami preoccupati di Vins, mi avvicino e tiro fuori la batteria dall’acqua. La lascio appoggiata su una roccia fuori dall’acqua. Nel prenderla ho notato che e’ fredda. Magari e’ stata l’acqua a mantenerla ad una temperatura accettabile. Vediamo cosa succede a tenerla fuori dall’acqua. Passano un paio di minuti, il sensore di carica continua a fare il suo lampeggiante lavoro. Mi avvicino di nuovo. La batteria e’ ancora fredda. Stacco il sensore e ripongo di nuovo la batteria nella scatola. Stavolta pero’ cedo tutto a Vins, lei si muove con maggiore grazia ed evitera’ altri guai. Vins inizia a salire il breve tratto fino al deviatore. Purtroppo nemmeno lei la puo’ avere vinta sulla diabolica scatoletta che contiene, o meglio dovrebbe contenere, la batteria. Infatti a meta’ salita la nefanda scatolaccia si apre di nuovo. Vins scongiura la perdita del coperchio schiacciando il tutto tra la parete ed il suo corpo. Ci sono attimi concitati ma alla fine sistemiamo di nuovo tutto. Appena Vins arriva alla base del P13 la batteria ed il trapano vengono riposti al sicuro nello zainetto di Leandro. Per oggi niente piu’ armo. Il rientro ci vede cosi’ organizzati, io per primo, Leandro a darmi assistenza mentre Vins e Giuseppe si incaricano del disarmo.
Cerco di andare lento nel caso i disarmanti avessero bisogno di una mano, ho quindi il tempo per notare alcune formazioni molto belle.
Come il rilievo faceva supporre, la strettoia, fatta in risalita, si rivela un vero DAC (acronimo utilizzato da un mio amico per indicare una cosa fastidiosa come puo’ esserlo un dito messo “alla traditora” dove non si dovrebbe!). Subito dopo la strettoia trovo ad attendermi il buon Gabriele che mi aggiorna circa la situazione. Maurizio, essendo una delle sue prime grotte dopo un piccolo infortunio, ha preferito non proseguire facendo la strettoia. Scelta saggia, penso io dopo averla appena superata. Luca invece ha problemi a casa ed e’ andato via gia’ da un poco, mentre Maurizio e Vincenzone aspettano fuori insieme. Quando arriva Leandro, invito lui e Gabriele ad avviarsi nella risalita. Da questo punto in poi l’aria fredda che viene dall’esterno mal si sposa con la tuta fradicia che abbiamo addosso. Io mi trattengo ancora in attesa di vedere i miei amici disarmanti e per aiutarli a tirare su gli zaini dalla strettoia. Mentre aspetto, tanto per non stare con le mani in mano, disfo l’armo della strettoia e lo rifaccio, sempre su armo naturale, pero’ piu’ in alto. Magari sara’ utile. Faccio quindi quel che mi ero riproposto, ovvero tiro su gli zaini quando arrivano i miei amici. Dopo, piu’ bagnato che mai e seriamente infreddolito mi avvio per uscire. Con disappunto trovo ancora Gabriele in attesa di salire. Con poco garbo gli chiedo come mai. “Leandro doveva finire il suo spuntino” e’ la sua disarmante risposta. Nel frattempo da sopra arriva la “libera” da Leandro. Oramai sento proprio freddo quindi chiedo a Gabriele di poter risalire subito. Ricevuto il suo assenso, parto. Dopo qualche pedalata gia’ mi sento meglio. All’andata avevo sistemato un deviatore posticcio per evitare troppi sfregamenti della corda in salita. A Leandro si e’ tolto ed ha portato tutto via. Per fortuna la corda non sembra soffrirne piu’ di tanto. L’ultimo metro del pozzo di uscita e’ un altro DAC, riesco anche ad infilare il cordino del pedale dentro il croll. Sono quasi con la testa fuori ma ad un punto morto, devo cambiare tattica. Mentre mi appresto a girarmi sento la voce di Vincenzone borbottare in un sussurro: “ma te devi gira’!”. Magari lo dicevi prima! In effetti una volta girato ho piu’ spazio per muovere le gambe e l’uscita e’ piu’ semplice. Appena fuori ricevo il saluto “sigaroso” di Maurizio e la stretta di mano di Leandro che prende commiato per tornare a casa. Dopo di me escono anche Vins e Giuseppe, si vede che Gabriele non soffre piu’ di tanto il venticello freddo che arriva alla base del pozzo. Quando Gabriele risale cerco di evitargli la fatica che ho fatto io avvertendolo per tempo di girarsi per fare l’ultimo tratto. Come sempre non mi ascolta e termina per incastrarsi a tappo nell’ultimo metro. Tanto per completare l’infausta situazione, all’ennesimo sforzo inconsulto, il suo pedale di fettuccia si strappa. Provo a passargli la mia maniglia e pedale ma oramai e’ troppo incastrato per poterli usare. Alla fine Giuseppe ed io risolviamo mettendo una carrucola sull’attacco piu’ alto, prendendo un’altra corda ed usando il tutto per stapparlo di forza. Tutto e’ bene quel che finisce bene si e’ soliti dire! Una volta riuniti scendiamo assieme alle macchine dove potremo cambiarci. Il proprietario del capannone e dello spiazzo dove ci cambiamo ci tiene compagnia con i suoi simpatici cuccioli di cane, assetati di coccole. E’ proprio lui che ci avverte che oggi abbiamo causato scompiglio tra gli abitanti della via privata che porta allo spiazzo di stamane. Sembra che alcuni abitanti si siano parecchio agitati al nostro passaggio. Prendiamo nota della cosa promettendo che la prossima volta saremo piu’ accorti e cercheremo di avvertire prima. Una volta cambiati con abiti asciutti e caldi non ci rimane altro che salutare il nostro ospite e prendere la strada per Carpineto centro dove ci attendono le fettuccine dellla “Sbirra”! Al parcheggio fermo tutti per una foto ricordo.
Visto che insistono ne facciamo anche un’altra con il flash e l’autoscatto, cosi’ mi ci intrufolo anche io.
Strada facendo continuo a scattare foto, ma tra il movimento ed un po’ di nebbia escono fuori solo immagini che poco rendono.
La fontana nella piazza principale.
L’ingresso della Sbirra!
Eccolo piu’ da vicino.
Provo anche togliendo il flash,
Un saluto cordiale a Luca…
…e poi a tavola!
Le mie fettuccine, mezza porzione, come al solito.
Ma anche gli altri non si lamentano.
A fine cena mi concedo anche una foto con Floriana, sorella di Luca. Peccato che il nostro fotografo, dopo l’abbondante cena, abbia la mano malferma.
Tornando al parcheggio faccio un’ultima foto panoramica a Carpineto by night.
Al ritorno lascio il posto avanti a Gabriele e mi metto dietro per poter sonnecchiare liberamente. E’ stata una giornata soddisfacente ed un sonnellino penso di essermelo meritato. Alla prossima.