Ricerca nuove grotte vicino Fondi. Gianni, Maria, Netta, Veruska, Andrea (detto Tore), Fabio, Maurizio e Guido (la nostra guida locale) ed io.
Partenza alle 8.00, abbiamo appuntamento al bar vicino all’Ikea sulla Anagnina. Netta lo ha battezzato “bar fico” ed io concordo perche’ ha dei cornetti spettacolari! Arrivo un po’ in anticipo e mi metto a sistemare l’attrezzatura che e’ inzeppata alla rinfusa in macchina. Mentre sono ancora a meta’ dell’opera arrivano tutti. Richiudo in fretta la macchina con tutto il caos piu’ caotico per precipitarmi a fare colazione! La ciambella fritta fritta ancora calda e’ deliziosa. Degusto la colazione chiacchierando della gita che faremo ma dopo un po’ lascio tutti per andare a riprendere il mio lavoro di sistemazione bagaglio. In qualche maniera riesco a farcire un solo zaino, enorme, con tutto il necessario. Nel frattempo gli altri sono ritornati dai bagordi colazionistici. C’e’ un posto libero in macchina di Andrea dove ci sono gia’ Veruska e Netta. Mi aggrego a loro e lascio la mia macchina al parcheggio. Riusciamo addirittura a far stare il mio “zainetto” nel portabagagli!
La destinazione e’ Fondi, ma non e’ semplice dire dove siamo stati con maggiore precisione, una volta a casa ho ricostruito meglio che ho potuto la strada aiutandomi con Google Maps ma potrei anche aver individuato una zona che centra poco o nulla con quella realmente visitata. Oh! Pero’ e’ il meglio che sono riuscito a fare, accontentiamoci! Dal bar fico andiamo a prendere l’autostrada Roma-Napoli e ne usciamo a Ferentino dopodiche’ seguiamo la strada per Fondi (un pezzo e’ chiusa e si devia per stradine di campagna). L’ultimo pezzo di strada costeggia il lago di Fondi dal lato interno, non l’avevo mai percorsa, il buon Maps la indica come “Via Appia lato Roma” e mi sento propenso a fidarmi. Nei pressi di Fondi ci fermiamo al parcheggio di un negozio, chiuso, di articoli sportivi e aspettiamo Guido, un amico di Gianni (ma sono solo io a non conoscerlo perche’ e’ la prima volta che partecipo alle uscite in questa zona) che conosce bene il posto dove andremo a cercare grotte. Ulteriore sosta al vicino supermercato, sempre sulla Via Appia, per fare provviste e poi di nuovo in macchina fino alla zona di esplorazione. Ecco quanto ho ricostruito con Goggle Maps: partendo dalla Via Appia lato Roma verso Fondi, a sinistra in Via Provinciale per Lenola, pochi metri poi a sinistra su via San Magno. Quando si incrocia Via Colle Troiano si continua dritti fino ad una svolta a sinistra di quasi 180° su Via Vardito. Si sale per circa 3 chilometri fino ad un curvone a sinistra con sulla destra uno spiazzo per parcheggiare. Scendendo dalla macchina e restando con la strada da cui si proviene alla spalle, di fronte si ha tutta la piana di fondi con il lago ed il mare, in alto un poco spostato a sinistra si vede la chiesa/monastero/eremo non meglio identificato dove porta la strada. Con la dovuta calma ci prepariamo, Gianni, scatenatissimo, trova un buco a pochi metri dalle macchine. Ancora mezzo vestiti andiamo a vedere, si tratta di una frattura ostruita dai sassi, da qualche pastore, probabilmente, per evitare azzoppamenti agli animali al pascolo. Iniziamo a toglierli ma non si avverte aria, decidiamo di desistere, rimettiamo a posto i sassoni per evitarci le maledizione dei sunnominati pastori e torniamo alla vestizione. Nel frattempo Gianni e’ diventato un puntolino lontano in mezzo alla vegetazione, oramai lo abbiamo perso!
Una volta pronti si parte dalle macchine con gli zaini stracarichi di materiale e si scende lungo la strada per alcune decine di metri, poi si lascia per andare a dx su un sentiero tracciato, credo, dalle mucche al pascolo.
Dopo vari zigozago tra cespugli, fango e e roccioni affioranti vediamo il primo fratturone, e’ semi invaso dai cespugli. Noi, i novizi, ci avviciniamo per dare uno sguardo ma i reduci della volta scorsa ci dicono che non vale la pena e quindi lasciamo perdere. Scendiamo ancora un poco fino ad un ingresso dove, sempre la volta scorsa, ha lavorato Giorgio, signore anziano, Pintus lasciando un buco nella roccia che bisogna pulire per evitare pericoli ai futuri esploratori. L’ingresso e’ un triangolone, isoscele azzarderei (!), alto circa 3 metri. Appena entri si va a destra per un metro e poi si scende a sinistra per meno di un metro. Fatta la perigliosa scesa, sulla destra ti trovi la frattura dove aveva iniziato a lavorare il Pintus. La frattura prosegue alcuni metri poi si perde nel buio, l’unico problema e’ che e’ larga poco piu’ di un palmo (20 cm) e non si avverte aria.
Ma perche’ chi va in grotta parla sempre dell’aria? Provo a fare un po’ di teoria spicciola, senza pretese, che non fa mai male! Allora, a proposito dell’aria, questa, quando si sente, e’ un ottimo indizio del fatto che oltre l’ostacolo ci sono dei volumi notevoli e quindi vale la pena sudare sette camice per tentare la rimozione dell’impedimento che la perfida grotta ha voluto frapporre tra noi e la prosecuzione! Bisogna pure dire che l’aria e’ tanto piu’ avvertibile quanto e’ piu’ alta la differenza di temperatura tra l’esterno e l’interno. Da questo discende che, quando la temperatura esterna e’ quasi uguale a quella interna si dice (gergo grottesco!) che la grotta e’ in “stallo” e non c’e’ circolazione d’aria.
Ritornando a noi, dopo questa dotta disquisizione, posso precisare che la giornata presenta una temperatura simile a quella delle possibili grotte che stiamo visitando. E’ quindi molto probabile che siano in stallo, di qui la mancanza di corrente d’aria. Dovremo rivederle in una giornata piu’ calda (o anche piu’ fredda, ma visto che andiamo incontro alla primavera, sembra improbabile!).
Sono entrato a vedere la grotta “incompiuta di Pintus” (!!!) con molta aspettativa ma la frattura che preclude il passaggio e’ veramente disarmante, torno indietro proponendo di rimandare a tempi migliori ulteriori tentativi e di andare a vedere altro. Maria propone un buco vicino ad uno sgrottamento adibito a santuario (mi dice pure a quale santa e’ dedicato ma l’ho scordato!). Sembra una buona idea, aspettiamo che ci raggiungano Gianni Guido e poi partiamo.
Scelta disgraziata! Guido ci porta per il sentiero che scende in picchiata sempre piu’ giu’! Tutto il gruppo geme pensando al ritorno! Finalmente arriviamo, Guido ci indica un sentiero in salita che devia dal sentiero principale. Fossi stato da solo non so’ se l’avrei visto! Saliamo alcuni metri fino ad un buco su una paretina a destra. Maria mi dice che poco piu’ su c’e’ il santuario di cui mi diceva prima. Non lo degno di una visita e mi dedico al “bucoforsegrotta” oggetto della faticaccia che faremo risalendo! La roccia e’ buona e se trovi il punto giusto tra 2 strati, salta via a bei pezzettoni, il lavoro di mazzetta e scalpello procede spedito, Netta mi aiuta preparando quanto necessario. Quando e’ abbastanza largo per la strettoista di turno, oggi e’ Veruska, mi riposo e, mentre lei si prepara, Netta appronta un un attacco e sistema la corda per scendere. Veruska si cimenta nella strettoia ma questa risulta essere ancora proibitiva da affrontare con tutta l’attrezzatura. Continuo ad allargare. Alcune allargate dopo tiro giu’ un po’ di sassi per sondare la situazione. Mi sembra che a meno di 2 metri ci sia un pavimento di fango. Probabilmente senza attrezzatura ora ci passo pure io. Provo. In effetti, trattenendo un po’ il respiro, ci passo!
Sono giu’ con i piedi sul pavimento di fango. Sul fondo non ci sono prosecuzioni visibili. Proseguendo, ma solo con lo sguardo, in linea con l’ingresso si vede una prosecuzione in salita. Se non fosse per una colonnina di roccia che ho proprio davanti potrebbe essere anche percorribile. Di aria non mi sembra ce ne sia, lo spazio per manovrare la mazzetta non c’e’, decido di lasciar perdere. L’uscita di una strettoia in salita e’ sempre ardua, anche questa non si smentisce. Sento la tuta gemere e strapparsi piu’ di una volta e la mia cassa toracica sembra volerne seguire l’esempio! Dopo una buona dose di sospiri e soste per riprendere fiato sono finalmente fuori. Descrivo brevemente le mie scoperte, arriviamo tutti alla conclusione che per il momento possiamo archiviare la cosa e passare ad altro.
Ricomponiamo gli zaini e lenti e mesti affrontiamo la salita per tornare alla zona dove eravamo prima. L’erta si rivela fetente come avevamo previsto e arriviamo in zona operazioni con il fiatone e, almeno io, sudato come un caprone svizzero nel deserto del gobi (!!!). Gianni ci porta subito al “fratturone”. Lei in effetti e’ una bella frattura larga circa un metro, lunga una decina di metri e profonda circa 15. La volta scorsa e’ stata scesa da Max e ha lasciato detto che vale la pena rivederla. L’armo e’ comodo, si parte da un albero, si fraziona su un altro e si scende fino al fondo. Li’ parte un’altra frattura perpendicolare a quella appena scesa che scende 4 o 5 metri con una pendenza di 45° (decina piu’ decina meno!). Per scendere Max ha previsto una corda, mi sembra un po’ eccessivo, ma visto che il fix gia’ c’e’, perche’ lesinare? Andrea, che mi segue mi porta un attacco. Fisso la corda e scendo. Si arriva in un ambiente dove 2 o 3 persone possono anche stare quasi comode. La frattura riparte in una direzione parallela alla frattura principale pero’ e’ stretta un bel po’ e guardando avanti non sembra allargare. Come tutti i buchi visti oggi di aria nemmeno un cenno (pero’ Max assicurava esserci la volta scorsa). Mentre mi disincastro dalla fratturina mi raggiunge Andrea e quasi subito dopo arriva anche Netta. Curiosando mi accorgo che una parte del soffitto dell’ambiente dove siamo e’ formato da un masso che, anche se ben bloccato, sembra appoggiato e tenuto fermo solo dal proprio peso. Non c’e’ pericolo immediato, ma contando che per uscire ci si striscia sopra, se dovesse esserci in futuro molto passaggio sarebbe buona cosa metterlo in sicurezza. Faccio notare la cosa a Nettta ma non ricevo commenti entusiastici. Con rinnovata lena ed un po’ di cautela usciamo tutti. Parto per primo ed esco a far merenda che mi e’ venuta fame! Segue Andrea e quindi Netta che disarma. Nota affettuosa: per armare abbiamo usato una corda da 50m che Netta chiama confidenzialmente “Martha”, non mi chiedete perche’. Ma poi, pensandoci, perche’ no! E’ bello avere un rapporto privilegiato con chi ci sostiene sempre! Voi come la chiamereste la vostra corda preferita?!? Io pensavo a Genoveffa, la corda che non ti beffa, ora mi manca solo la corda da adottare!!!
Fatta merenda e recuperata Martha ricomponiamo gli zaini e andiamo a vedere cosa combina Gianni. Lo trovo a scavare un buco a mo’ di talpa. Commentiamo brevemente il lavoro ed il fatto che la zona sembra promettere bene ma che c’e’ tanto da lavorare per trovare la frattura giusta, quella che con l’aiuto dell’acqua si sia trasformata in grotta e ci faccia scendere senza stringere inesorabilmente o chiudere in un tappo di fango. Terminati gli scavi di Gianni riprendiamo gli zaini e ci avviamo sulla strada del ritorno. Mentre saliamo Gianni si ferma perche’ c’e’ un buco che ha una “scenografia” che gli sembra promettere bene. Ci fermiamo a dare un’occhiata. Il buco in se’ non e’ di piu’ di 20cm ma dopo sembra esserci un ambiente piu’ largo e, cosa notevole, i sassi che tiriamo non si fermano su fango come al solito! Ci lavoriamo su una mezz’ora circa ma intorno al buco e’ tutta roccia compatta, dovremo tornare in forze! Questa ultima, piccola, fatica chiude la giornata. Sulla strada del ritorno, su suggerimento di Gianni, faccio una deviazione al buco che hanno chiamato “grotta del Dolmen”. Un mini-dolmen in effetti c’e’ a sormontare il buco, ma chiamarlo grotta mi sembra eccessivo. Mai dire mai, chissa’ che non porti fortuna!
Arriviamo alle macchine stanchetti ma felici. Ci cambiamo, c’e’ un simpatico vento semifreddo a farci compagnia. Netta offre quel che rimane della ricotta di bufala “fondina” che si era presa per pranzo e Veruska provvede a farle la festa. La assaggio anche io , non male, brava bufala!
Tutti in macchina! Torniamo indietro seguendo la strada dell’andata. Arrivati sull’Appia ci fermiamo prima in un parcheggio dove cresce un albero del pepe, non ne avevo mai visto uno! Sembra un incrocio tra una mimosa ed un salice piangente ed e’ costellato di grappoli di “pepini” rossi e verdi. Colgo un chicco e lo “frantumo” con le mani, in effetti l’odore del pepe c’e’! I miei compari fanno scorta, io mi astengo perche’ il mio stomaco non lo tollera e non gli farei mai questo torto! Sosta successiva al bar per un caffe’ di commiato con Guido e poi ci avviamo verso casa. Il ritorno lo facciamo per la via Pontina, il traffico c’e’ ma e’ scorrevole. Arriviamo al bar fico dove, dopo gli ultimi saluti, riprendo la mia macchina. Oramai la giornata e’ finita e con la mente sono gia’ proiettato sulla impresa disperata della ricerca del parcheggio. Come sempre, alla prossima!
Bello! Dovevo esserci anche io ma ho passato la mano per questa volta. Sarà per la prossima!
Martha…lei si chiama Martha!
Corretto!