Una bella uscita a Bucio Nero’ con Angelica.
Questa grotta continua a prometterci cose meravigliose, ce le lascia intravedere ma non ce le concede facilmente. Noi continueremo a darle fiducia e a lavorare per rendere reali i sogni che ci fa fare.
La mattina Angelica arriva puntualissima. Esco con tutte le mie cose seguito dall’uggiolio addolorato di Luna, ha capito che non la portero’ con me.
Non c’e’ tempo nemmeno per un saluto, sulla via dove abito c’e’ traffico e si riesce a fermarsi solo per istanti. Saliamo in macchina e andiamo. Passiamo il tempo del viaggio a parlare, guarda un po’, di grotte, nodi, attivita’ del gruppo.
Su questo ultimo punto entrambi concordiamo che c’e’ bisogno di coinvolgere e far appassionare alla speleologia dei giovani che portino nuova energia al gruppo. Il problema e’ solo quello di trovare i giovani ed interessarli con attivita’ ad hoc.
La prima sosta e’ dal solito “Bar Cicchetti” per una sostanziosa colazione che dovra’ sostenerci fino a cena. Non porteremo cibo in grotta, col freddo che avremo la’ dentro e’ inutile appesantire il fisico con cibi da digerire. In caso di necessita’ c’e’ sempre la fida frutta secca, poco soddisfacente come pasto ma non troppo impegnativa da digerire.
Anche stavolta non ho portato la fotocamera, faro’ una relazione “alla vecchia”, solo a parole, un cambiamento ogni tanto non ci sta’ male.
Dopo la colazione facciamo un salto in magazzino a prendere il materiale, Nerone ci ha preparato il necessario. Carichiamo tutto in macchina e poi via in direzione di Livata. La salita e’ la solita, lunga e piena di curve, ma condita dal nostro parlare di futuri impegni speleologici risulta piacevole. Neve? Nulla. Solo in prossimita’ di Livata si inizia a vedere una sparuta rappresentanza di neve a bordo strada.
Non facciamo altre soste ma ci dirigiamo decisi verso Fondi di Jenne, parcheggiamo al solito posto. L’aria e’ fresca assai, cambiarsi a queste temperature non e’ piacevolissimo ma l’eccitazione per quel che ci attende rende piu’ accettabile qualche momento di freddo. Indosso tante di quelle maglie che poi ho qualche difficolta’ a chiudere l’imbrago. Siamo pronti, andiamo alla grotta. Ci dividiamo i compiti, io prendo l’attrezzatura da rilievo e preparo il necessario, Angelica si impossessa della corda e inizia a provvedere all’armo.
In lontananza, dalla strada si vedono delle persone che si avvicinano con tutta l’intenzione di raggiungerci. Chi saranno? A questa distanza non distinguo, di sicuro non hanno con loro attrezzature speleo. Arrivano a salutarci, sono 2 ragazzi e un uomo con la maglia che lo identifica come guardiaparco. Ci salutano amichevolmente, sono incuriositi dai nostri preparativi e ci chiedono. Senza interrompere quel che stiamo facendo descriviamo loro la grotta e il fatto che oggi ci dedicheremo al rilievo. Mostro loro gli attrezzi, il DistoX e il cellulare con Topodroid. Si trattengono per una decina di minuti osservando quel che facciamo, uno dei ragazzi commenta che lui e’ piu’ interessato alla arrampicata e guarda con interesse il lavoro di Angelica con le corde e gli attacchi. Quando vedono Angelica salutare e sparire nel buco, prendono commiato. Ricambio ed entro nel recinto che protegge la grotta, chiudendolo prima di seguire Angelica. E’ sempre meglio che il recinto sia chiuso, sarebbe sconveniente ritrovarsi in grotta con una mucca curiosa o, ancora peggio, un gitante incauto!
Scendo, ho con me anche lo zaino col trapano. Dalla voce sento che Angelica e’ subito sotto di me. Mi avvisa che gli manca il moschettone per l’ultimo frazionamento, le dico di non preoccuparsi, lo sistemero’ io. Ora pero’ la mia attenzione e’ rivolta ad altro. Mentre Angelica iniziava la discesa l’ho vista appoggiarsi di schiena su una roccia. Ho avuto l’impressione che la pietra si muovesse. Meglio controllare.
Avevo visto bene, un pietrone alto un metro e’ semplicemente appoggiato su un gradino di roccia sottostante e sembra pronto a cadere giu’. Urlo ad Angelica di scendere alla prima saletta e di mettersi bene al sicuro. Inizio a muovere il masso, per fortuna non e’ tutta roccia compatta, in parte si rompe in pezzi piu’ piccoli che riesco a tirare fuori dalla grotta. Per l’ultimo mezzo metro di roccia, nulla da fare, lo devo tirare giu’. Mi assicuro di nuovo che Angelica sia al riparo e lascio andare il blocco. Cade con un discreto frastuono e cadendo si spezza in pezzi piu’ piccoli, meglio. Avverto Angelica del cessato pericolo e continuo la discesa. Arrivo al frazionamento mancante e lo sistemo. Riprendo la discesa ma un pensiero mi blocca. Cosa stavo facendo prima che il masso pericolante assorbisse tutta la mia attenzione? Certo! Stavo prendendo i punti per il rilievo. Mi sono interrotto dopo i primi 2 capisaldi. Devo risalire per riprendere i punti mancanti. Avviso Angelica della mia distrazione, per non farla stare troppo ferma ad infreddolirsi le calo lo zaino con il trapano in modo che anche lei possa iniziare col lavoro. Con santa pazienza risalgo e prendo i punti mancanti. Arrivo alla saletta e gia’ sento il trapano lavorare sodo. Vado a vedere il termometro, segna 4,7°. La grotta ora aspira e si porta dentro aria alla temperatura esterna. Prenderemo tanto freddo oggi. Termino di prendere i punti della saletta, del lato laterale, che abbiamo quasi occluso coi sassi, prendo solo una direzione generica. Mi fermo per scaricare i punti su Topodroid e verificare che finora i capisaldi siano stati riconosciuti correttamente. Mi tolgo l’attrezzatura che non serve piu’ (per ora spero!) ed entro nel primo cunicolo. Chiamo Angelica distogliendola dal proprio lavoro col trapano. Mi serve un piacere, mi deve indicare un punto per il caposaldo successivo. Col suo aiuto vado avanti fino a raggiungerla nella minuscola saletta dove facciamo base per lavorare ai punti stretti che ancora ci dividono dalla prosecuzione. Prendo ancora un caposaldo sul cunicolo successivo e solo un punto a traguardare la parte ancora stretta su cui stiamo lavorando. Dopo questo, scarico i punti presi, osserviamo il risultato sul Topodroid e poi ripongo tutto per aiutare Angelica. Dimenticavo di dire che oggi dal primo cunicolo in poi c’e’ un allegro rivolo d’acqua in cui ci si trova per forza a strusciare. Ancora prima, in corrispondenza dell’accesso alla prima saletta, c’e’ un ammasso di fango bagnato su cui si deve per forza scivolare. Insomma ora che sono pronto a lavorare alla strettoia sono lercio di fango e bagnato come un pulcino. L’aria gelida che arriva dall’esterno completa l’opera. Angelica e’ nelle mie stesse condizioni, ma lavora alla strettoia e muovendosi si riscalda. Io aspetto paziente. Inizio a sentire un freddo intenso. Quando Angelica si accorge del mio tremore da gelo mi chiede se voglio andare a lavorare un poco per scaldarmi. Da quel momento i cambi si susseguono frequenti, chi rimane fermo nella saletta si ghiaccia.
Pero’ nonostante il disagio, il lavoro prosegue benone. Riusciamo ad assestare alla roccia che ci ostacola un paio di bei colpi. Angelica ora puo’ affacciarsi avanti (a me nel punto stretto entrano a malapena gli scarponi). La grotta continua verso destra, riesce a sentire un rumore di acqua, forse una piccola cascata. Purtroppo le dimensioni della strettoia sono proibitive anche per lei quindi puo’ vedere solo qualche centimetro avanti. Gia’ meglio pero’. Tra un tremito e l’altro decidiamo che per oggi abbiamo fatto abbastanza, sistemiamo il materiale negli zaini e torniamo indietro. Alla prima saletta recuperiamo l’attrezzatura. Salgo prima io, Angelica si occupera’ del disarmo. C’e’ poco da fare per disarmare, ma tutto fa esperienza. In pochi minuti io sono fuori. Per ingannare il freddo e l’attesa mi tolgo da dosso l’imbrago e l’attrezzatura. Quando Angelica esce a sua volta le faccio vedere dov’era il masso pericolante e poi recupero e rifaccio la corda (per chi non lo sapesse, rifare la corda in gergo speleo vuol dire farne una matassa legata per compattarla prima di infilarla nello zaino.) .
E’ scesa la notte e il freddo si sente ancora piu’ intenso. Cambiarsi a queste temperature polari e’ un piacere unico. Sono talmente fradicio che quando rimango a petto nudo sto piu’ caldo che con tutte le maglie che avevo addosso. Svelto trovo i vestiti asciutti e me li metto. Ora e’ molto meglio. La tuta e’ un ammasso informe di fango, l’attrezzatura anche. Metto tutto dentro lo zaino gia’ prefigurando il lavoro necessario per dare una pulita al tutto. Nel frattempo anche Angelica si e’ cambiata, insieme commentiamo l’incredibile quantita’ di fango che siamo riusciti a raccogliere in meno di 2 metri di grotta, perche’ tanti sono quelli col fango.
Sistemato in macchina tutto il nostro bagaglio, combattiamo per imbustare lo zaino dei materiali che somiglia ad un piccolo totem di fango poi ci infiliamo in macchina. Accendo il motore e metto il riscaldamento al massimo concedendomi poi un buon quarto d’ora di tremore prima di essere in grado di guidare. Tra un battito di denti e l’altro scambio qualche parola con Angelica commentando il lavoro fatto. Ci sentiamo soddisfatti e speranzosi per questa grotta. La prossima volta magari sara’ quella buona. Recuperata la temperatura giro l’auto e riprendiamo la strada per Livata dove finalmente potremo chiamare i nostri amici prima che si preoccupino per la nostra sorte.
Abbiamo una fame consistente, un piatto di fettuccine ci starebbe proprio bene. Chiamiamo le nostre amiche a Marano ma oggi e’ il giorno di riposo. Peccato. Andremo a mangiare un boccone in un ristorante di Subiaco. Un rapido passaggio al magazzino e poi via, alla pappa. Inizia a piovere ma questo non spegne il nostro entusiasmo per la cena.
Che dire; tanto freddo, fatica il giusto e ancora soddisfazioni moderate. Ma andiamo avanti con la fantasia. Alla prossima!