Veloce uscita al Miesole presso Configni. Siamo entrati Andrea, Giulio ed io. Piero con un suo amico sono venuti per una saluto e per supporto esterno.
Siamo riusciti ad organizzare questa micro-uscita partendo alle 16.00 da Montebuono. Siamo partiti Giulio ed io rimanendo d’accordo con Andrea che ci avrebbe raggiunto alla grotta se fosse riuscito a combinare con il lavoro. Visto che non si ricorda bene dove e’ la grotta, Giulio ne prende le coordinate dal libro del GSS, le inserisce sul suo GPS e glielo lascia. Appena partiti mando un sms a Piero per avvertirlo che stavamo andando. Arriviamo velocemente a Configni e andiamo al bar a prendere il caffe’. Il bar e’ stato ristrutturato, ha cambiato gestione ed ora e’ anche trattoria. Interessante! Prendo un bigliettino con i numeri di telefono, magari ci sara’ occasione di provarlo. Dopo la pausa caffe’ torniamo alla macchina e senza ulteriori soste andiamo allo spiazzo sopra la grotta dove ci cambiamo (in verita’ mi cambio ben poco, non ho portato intenzionalmente i pantaloni e ho scordato nella mia macchina la maglietta!) e prepariamo il materiale.
L’avvicinamento, una volta tanto, e’ questione di pochi passi!
Siamo davanti alla recinzione che borda la voragine d’ingresso del Miesole quando sentiamo chiamare. E’ Piero con il suo amico (amico che ho gia’ incontrato altre volte ma di cui, purtroppo, non ricordo il nome). Finiamo i preparativi scambiando battute scherzose con Piero. Un albero cresciuto sul bordo del pozzo si e’ sradicato da poco. Per il momento sembra stabile ma si dovra’ tornare per toglierlo. Metto una corda (e’ la “fida” 12m da 8mm di Andrea!) come corrimano per arrivare in sicurezza al grosso albero da cui si parte solitamente con l’armo. Con Piero che ci osserva dal lato opposto del pozzo commentiamo che sembra un poco malmesso. Probabilmente reggera’ ancora per anni ma decidiamo collegialmente che e’ il caso di piantare un paio di fix sulla roccia subito accanto. Partiamo da li’ con 2 corde, abbiamo una 50 ed una 30. Scendo sulla 30 e sistemo 2 deviatori sul ramo orizzontale che si usa di solito. Anche lui non e’ messo benissimo ma al momento puo’ ancora andare.
Mentre scendo inizio a sentire un allegro vociare, e’ arrivato Andrea,
il GPS ha fatto egregiamente il suo lavoro e ce l’ha fatta a raggiungerci!
Arrivo sulla sella a meta’ discesa che divide il pozzo in 2. Mi sposto verso quello piu’ piccino che preferisco perche’ e’ meno esposto alla caduta di sassi dall’alto. Inizio ad attrezzare la seconda parte della discesa e mando un urlo di “libera” sopra perche’ inizino a scendere.
Arriva Giulio,
subito seguito da Andrea.
I fix di partenza della seconda parte del pozzo sono ben arruginiti, saranno da cambiare anche loro, ma non ora. Faccio un bel “topolino” sulla 50, la attacco e scendo. Manca solo il deviatore poco piu’ in giu’ per concludere. Vado. Accidenti, sono sceso troppo! Il fix che cercavo e’ alle mie spalle, un metro sopra di me. Risalgo pazientemente, sistemo il deviatore e proseguo la discesa. Che bella sorpresa, la corda non arriva! Mancano 2 o 3 metri per arrivare a toccare terra. Comunico la bella notizia ai miei amici. Andrea inizia a smoccolare, non vuole rinunciare alla discesa, commenta vivacemente e suggerisce soluzioni al problema. Risalgo da loro. Provo a suggerire di tornare un’altra volta ma ricevo in risposta solo male parole. Vabbe’, aggiustiamo la faccenda. La corda da 50 e’ molto lasca nella prima parte, serviva per scendere. Recupero quindi piu’ corda possibile e cambio l’armo lasciando il frazionamento solo su un fix. Una volta finita la modifica bisogna andare a controllare se la corda arriva.
Dico ad Andrea che si sta offrendo volontario per andare!
Scende, passa il deviatore e scompare nel buio,
un attimo col fiato sospeso.
Eccolo che urla. Si! La corda ora basta. Scende anche Giulio che non sta piu’ nell’imbrago dalla voglia di andare.
E’ un po’ che sto fermo, sotto la tuta sono propriamente in mutande e sono anche bagnate, inizio a sentire decisamente freddo. Scendo anche io arrivando sulla sommita del cono detritico che occupa un buon terzo della sala. Andrea e Giulio sono scesi e sono seriamente intenzionati a strisciare nel fango per andare a visitare le sale successive. Io gia’ tremo e sinceramente un bagno nel fango gelido me lo risparmio. Loro vanno, io faccio un giro “turistico” per tutto il perimetro della sala, non mi e’ ancora capitato di farlo.
Fotografo un po’ a casaccio durante il giro, ecco le “macchie” provocate dallo stillicidio sulla sabbia del fondo della sala,
una colonna, l’unica credo, nella sala,
e per finire le ossa di qualche povero animale che ha avuto la sventura di cadere dentro Miesole.
Quasi a fine giro arrivo allo sgrottamento dove in passato ho trovato centinaia di pipistrelli ammucchiati sul soffitto.
Oggi non ce n’e’ nemmeno uno. Risalgo il cono e raggiungo la corda, mi sono un po’ riscaldato ed il tremore e’ passato. Mi preparo alla salita molto lentamente, tendo l’orecchio verso il buco di fango dove sono scomparsi i miei compari. Si, li sento tornare. Mentre salgo mi raggiungono sul cono, provo anche a fotografarli.
Li avviso che inizio a risalire e che si attrezzino per disarmare tutto. Arrivato alla sella passo sull’altra corda, la 30, mi appendo per non tirare giu’ sassi e/o terra e quindi grido la libera. Sale Andrea e si mette piu’ o meno comodo. Giulio inizia la risalita, gli grido qualche raccomandazione e inizio a risalire anche io. Visto che ci sono 2 corde possono risalire assieme ma non vorrei stressare troppo il ramo con i deviatori. Mi fermo quindi a mettere un fix a circa 6 metri dai deviatori.
Faccio un po’ fatica perche’ la parete e’ un po’ distante dalla mia verticale e quindi mi “friggo” l’avambraccio per tenermici vicino. Un attimo di paura vera quando con un piede sgancio un sasso che probabilmente era trattenuto solo dal muschio che ricopre la roccia in quel punto. Urlo concitatamente “sasso”, lo vedo con sollievo scomparire nella diramazione del pozzo dove non c’e’ nessuno. Sono contentissimo di sentire inveire Andrea! Ci scambiamo degli improperi di circostanza e poi finisco il lavoro col fix. Sistemo il frazionamento e proseguo. Ora possono salire insieme per buona parte del pozzo. Esco con molta attenzione perche’ anche qui la probabilita’ di tirare giu’ sassi e’ alta. Ne esco indenne, aggiorno i miei amici, mi tolgo di mezzo e do’ loro la libera. Ma non e’ ancora finita. Mentre mi allungo sulle gambe per mettere la longe sul corrimano sento uno strappo. Mi giro e vedo il trapano scivolare lentamente verso il pozzo. Confesso che in quei pochi istanti ho perso almeno almeno 10 anni di vita. In quegli eterni istanti mi sono visto a recuperare i miei amici con una punta di trapano infissa da qualche parte, nella migliore delle ipotesi a raccogliere frammenti di trapano per tutto il Miesole, ed ogni sorta di altre immagini catastrofiche. Ci ho messo qualche secondo a comprendere che c’era stato una specie di miracolo, avevo aggangiato il martello al trapano tramite un lungo cordino. Cadendo il trapano e’ andato da un lato di un alberello ed il martello dall’altra fermando il tutto in equilibrio, precario ma in equilibrio! Al momento della caduta devo aver lanciato un urlo perche’ mi sono “risvegliato” alle grida allarmate dei miei amici che mi chiedevano cosa stesse succedendo. Mentre recupero il trapano “miracolato” urlo loro di non preoccuparsi e che spieghero’ dopo. Cosa e’ successo? A raccontarlo e’ quasi banale, il trapano era aggangiato alla apposita asola dell’imbrago. Questa asola si e’ strappata di netto. Credo che d’ora in poi portero’ gli attrezzi esclusivamente agganciati ad un robusto cordino a bandoliera! Dopo tutta questa agitazione esco finalmente dal perimetro del pozzo e vi rientro dalla parte opposta per fare qualche foto ad Andrea e Giulio, che stanno risalendo in sincrono. Gliene scatto una ventina ma sono gia’ sicuro che solo una o due saranno decenti, lo zoom, la luce scarsa e la mancanza di cavalletto non possono produrre buoni risultati! Ve ne propongo alcune in rapida sequenza…
La luce e’ decisamente scarsa, inizia a far notte ma continuo a scattar loro foto mentre escono.
Quando siamo tutti al sicuro faccio vedere loro il mio imbrago (nel frattempo ho anche deciso che e’ ora di mandarlo in pensione) e raccontando l’accaduto spiego le ragioni del mio urlo angosciato. Mentre Giulio ed io rifacciamo su le corde, Andrea va subito alla macchina, deve andare a lavorare ed e’ gia’ in ritardo. Torniamo anche noi alla macchina, Andrea e’ ancora li’, approfittiamo per una foto di gruppo a commemorare l’uscita.
Dopo la foto Andrea parte, noi ci cambiamo con calma e poi, chiacchierando del piu’ e del meno e dei prossimi impegni speleologici, ce ne torniamo a casetta per una meritata cena.