A continuare gli scavi con Angelica, Aurora, Gabriele.
Si, siamo di nuovo a Dolina Rea a cercare di scoprire i segreti che ancora ci tiene celati. La neve sulla piana dei Fondi di Jenne si sta diradando, ma ancora ce n’e’. Dentro la grotta, nella sala esterna ci sono stalattiti e piccole colonne di ghiaccio a sottolineare l’alternarsi di caldo e freddo.

Oggi e’ Aurora che si dedica alle foto. Ha portato la sua fotocamera professionale perche’ e’ stata all’unanimita’ incaricata dal gruppo di fare un bel servizio fotografico sulla parete di rudiste. Oggi quindi lavoreremo su 3 fronti. Aurora e Gabriele dapprima a fare le foto e a dare uno sguardo all’ambiente in alto sopra alla risalita iniziale, Angelica ad allargare il foro d’ingresso al pozzo del fango (chi ha letto la precedente relazione sa di cosa parlo!), io dalla parte opposta ad allargare il passaggio per il pozzo da scendere.

Questo, se non erro, dovrebbe essere il buco in alto da visionare.

Alcune fasi del lavoro, non riesco ad essere preciso sul significato delle foto, io mentre venivano scattate ero preso dallo smartellare la roccia onde ricavare un passaggio e scendere il pozzo.

Angelica sorpresa mentre lavora ad allargare il passaggio verso il pozzo del fango.

Il passaggio a fine lavoro.

E questa con Angelica dentro.

Nel frattempo Aurora e Gabriele terminano il loro lavoro fotografico, richiamati da Angelica, vanno a vedere il da farsi nel pozzo del fango. Come immaginavo il punto piu’ promettente dove scavare e’ quello a destra del foro d’ingresso. I miei amici iniziano a scavare con impegno

In breve scendono quel che basta per dove mettere una corda di servizio. Purtroppo servira’ ancora tanto lavoro.

Nel frattempo io sono riuscito ad allargare il passaggio per il pozzo quel tanto che basta da affacciarmi. Il pozzo c’e’, e sembra anche abbastanza largo da poterlo scendere, che bello! Torno un attimo dai miei amici per informarli e chiedere se mi possono prestare il trapano. Angelica viene a darmi una mano. Insieme, e con l’aiuto del trapano, allarghiamo il passaggio affinche’ lei possa entrare alla partenza del pozzo. Metto un fix, sistemo la corda e Angelica passa. Con lei da una parte e io dall’altra procediamo ad allargare ancora un poco il passaggio. Quando decidiamo che puo’ andare, Angelica si prepara a scendere. La armo di mazzetta e mi raccomando con lei, saggia ogni roccia che ti sembra sospetta, fai cadere tutte quelle “posticce” che trovi sul tuo cammino, non lasciarne nemmeno una che possa caderti in testa mentre scendi. Dopo un metro ne trova una che a vederla da sopra mi sembra poco stabile, pero’ Angelica la saggia con la mazzetta e sembra essere a posto. Il pozzo, che avevo stimato tra i 10 e i 20 metri si rivela essere di circa 8 metri. Una stima ottimistica la mia…
In fondo Angelica riporta che alla base del pozzo c’e’ da un lato una spaccatura stretta e dal lato opposto un foro, da allargare, che porta ad un piccolo ambiente. Le passo il trapano per lavorare al foro da allargare. Ora pero’ vorrei scendere anche io, mi preparo. Le faccio un urlo per avvertirla poi entro a piedi in avanti. La posizione e’ scomodissima e il passaggio per me e’ ancora stretto. A livello dello sterno quasi non ci passo, ma ci devo passare! Comprimo il petto e trattengo il fiato strettamente necessario. Un paio di strattoni e con l’aiuto della gravita’ riesco a far passare il petto. Maledetto! mi rimane incastrato il casco nel passaggio. Quello che succede di seguito dura pochi di secondi che mi sembrano lunghi una vita. Con i piedi che ciondolano nel vuoto cerco un appoggio muovendoli alla cieca verso la parete. Sento un rumore. Un sasso, non piccolo, che cade, sotto c’e’ Angelica che lavora col trapano. Con l’angoscia nel cuore urlo: “SASSO”. Con un tonfo attutito il sasso arriva giu’…silenzio…l’agitazione e’ servita almeno a farmi disincastrare il casco, ora sono in piedi alla partenza del pozzo, i miei piedi sono sulla cengia creata dal sasso caduto, proprio quello che mi sembrava instabile. Col cuore in tumulto mi concentro sui rumori che arrivano da sotto di me. Sento lamenti, bene e male, Angelica e’ ancora viva, ma probabilmente ha preso una bella botta. Il tempo riprende a scorrere normalmente. Mentre le urlo di darmi informazioni mi maledico, avrei dovuto insistere perche’ martellasse via quel maledetto sasso. Monto il discensore e la raggiungo. E’ alla base del pozzo e si massaggia il collo, il sasso le e’ caduto addosso proprio all’attaccatura del collo. Le chiedo di farmi controllare. Non ha ferite o escoriazioni. Il cappello di lana e lo scaldacollo le hanno protetto la parte colpita. La botta e’ stata forte, lei ora sente i muscoli del collo tutti indolenziti ma il sasso non ha colpito ne’ la testa ne’ le vertebre.
Facciamo il punto della situazione. E’ dolorante ma riesce a muoversi senza problemi. Vuole continuare il lavoro per allargare il passaggio verso la saletta. Se lei se la sente non ho motivi fondati per oppormi. Iniziamo il lavoro dandoci il cambio ogni tanto. In una mezz’ora allarghiamo quel che basta perche’ Angelica possa passare. Lo fa.
Purtroppo le notizie che riporta dalla saletta non sono confortanti. C’e’ spazio per un paio di persone ma nessuna traccia evidente di un ulteriore passaggio da esplorare. Nella saletta, proprio in corrispondenza del passaggio allargato c’e’ un piccolo approfondimento ingombro dei sassi che abbiamo tolto. Vale la pena controllare. Togliamo i sassi ma il buco che si rivela non sembra avere prosecuzioni percorribili. Lo lasciamo perdere e torniamo ad allargare il passaggio per renderlo comodo anche per speleologi con una stazza maggiore della sua, vedi me…
Passa ancora del tempo mentre lavoriamo con impegno, Angelica nella saletta, io dalla parte opposta. La prima batteria del trapano termina la carica, la cambiamo. Continuiamo il lavoro finche’ termina anche la carica…di Angelica. I muscoli del collo sono ancora indolenziti e le sembra di avvertire sempre piu’ tensione. Desidera uscire. Inizio a sistemare i materiali da riportare indietro. Salgo prima io mentre lei rimane prudentemente dentro la saletta.
Quando arrivo al passaggio le chiedo qualche minuto di pazienza, tiro fuori il trapano e da questa posizione favorevole lo allargo ulteriormente. Ora il passaggio e’ sempre stretto ma molto meno disagevole. Passo quasi senza problemi, giusto un paio di sbuffi e sono fuori.
Quando Angelica arriva al passaggio le chiedo se se la sente di lavorare ancora un poco. Se la sente. Le passo il trapano per allargare ancora il passaggio mentre io lo attacco dalla parte opposta con martello e scalpello. Facciamo un buon lavoro. Recuperati i ferri anche Angelica si prepara ad uscire.
Per lei non e’ un passaggio stretto, pero’ sceglie di uscire nella maniera piu’ scomoda e qualche sbuffo scappa anche a lei. Dove io non giravo gli scarponi, lei riesce a starci tutta, anche se ben compressa. Ridiamo assieme della sua posizione scomoda mentre chiamo i nostri amici, Aurora soprattutto, per documentare la sua posizione con una foto.

Dopo un momento di paura, farsi una risata tutti assieme e’ veramente liberatorio. Mostriamo il nuovo pozzo ad Aurora e Gabriele, raccontando loro della disavventura occorsa ad Angelica. Insieme rimettiamo a posto negli zaini i materiali e usciamo tornando alle macchine dove ci attendono dei confortevoli vestiti asciutti.
Una giornata da ricordare per piu’ motivi. Per la cronaca Angelica nei giorni successivi accusa qualche dolore al collo ma sembra essere nulla di grave. Meno male.
Ancora una volta sono lieto di regalarvi un gioioso: Alla prossima.