Prima uscita del nuovo anno. Nuovamente ad Erebus con Matilde, Marco, Simone ed io.
Prima uscita del nuovo anno al “solito” Erebus. Stavolta siamo in pochi, solo 4. Una uscita light, adatta al dopo feste!
Ci incontriamo alla piazzetta di S.Oreste. Simone e’ arrivato in orario all’appuntamento, alle 9. Ha aspettano noialtri ritardatari fino alle 9.30. Per conto mio sono partito un po’ tardi da Roma poi ho dovuto fare una sosta per fare benzina e controllare alcuni strani rumori provenienti dal vano motore della macchina. Matilde e Marco abitando ad un passo da S.Oreste se la sono presa comoda e quindi siamo arrivati praticamente assieme. Per fortuna Simone non se la prende per il ritardo e ci incontra con un bel sorriso. Quando siamo finalmente tutti assieme facciamo una rapida puntata in pizzeria, parcheggiamo la mia macchina, trasferiamo il bagaglio su quella di Simone e partiamo. Al solito spiazzo in cima al Soratte ci prepariamo, oggi la temperatura e’ decisamente piu’ alta rispetto alla volta scorsa. Un ospite inatteso, il camion del gas che viene a rifornire l’eremo.
Come le altre volte gli zaini sono in numero superiore ai partecipanti, ci armiamo di santa pazienza e riusciamo a caricarceli tutti addosso. Si parte alla volta dell’Erebus.
Ecco Matilde, oggi sara’ il nostro “uomo di punta”, mentre inizia una animata discussione col suo zaino.
Il passaggio della prima strettoia.
Cedo la fotocamere a Matilde che si sfoga bersagliando tutto il gruppo. Io per primo, mentre me la dormicchio nella seconda “strettoia” aspettando che Simone termini l’armo del pozzo, il quarto.
Ecco il buon Simone che attrezza il pozzo.
Ancora Simone sullo sfondo. In primo piano il nostro ospite d’eccezione, Marco.
Poteva mancare un selfie? Il bel sorriso di Matilde la fa da padrone, nelle retrovie io, sempre incastrato nella strettoia ventosa.
Riprendo possesso della fotocamera e la faccio riprendere dal ciclone Matilde con una foto a questa simpatica fila di stalattiti con goccia.
Continuo poi con questa che in futuro promette di diventare una bella colonna!
Eccoci arrivati alla terza strettoia, nulla di che, pero’ se fosse piu’ larga di qualche centimetro lo gradirei!
L’ultimo pozzo, i nostri attrezzisti, Simone e Marco, mentre lo armano.
Simone e’ pronto a partire. Matilde con “sbobba” alla mano attende che venga il suo turno.
Una dolicopode, si vede appena, pero’ merita una foto, e’ la prima volta che le trovo cosi’ in basso. Sara’ per il freddo dei giorni scorsi?
In attesa di partire immortalo il festone di stalattiti eccentricamente ritorte che pende dal soffitto.
Simone e Marco sono scesi. Ora tocca a Matilde, io la seguo a ruota.
La frattura che scompare nel buio.
Ancora Matilde, si vede appena, pero’ mi piace l’insieme, quindi ve la propino.
La fermo nella discesa, le chiedo di illuminare di lato per fare una foto. Lo sguardo parrebbe dire qualcosa di diverso, pero’ pazientemente acconsente.
Ecco il risultato, non sara’ da premio, pero’ e’ simpatica.
Mentre Matilde termina la discesa io mi divago con i broccoletti, affascinanti quanto antipatici. Guardate questa: una mini-veranda, tetto broccolettato e colonne minuscole a sostegno del tutto. Che spettacolo!
Eccoci in zona lavori. E’ giusto giusto la mezza. Facciamo un rapido pasto prima di iniziare, a stomaco pieno si ragiona e lavora meglio.
Una veduta panoramica della strettoia. Matilde, l’unica in grado di passarla, e’ gia’ dall’altra parte per aiutarci.
Con un po’ di fantasia la potete vedere, e’ quel puntino di luce in fondo.
Lavora, scava e pulisci. Andiamo avanti a turno un po’ di volte. Matilde, sempre sola soletta lavora senza sosta dal suo lato. Simone tenta il passaggio ma deve rinunciare, troppo stretto. Continuiamo a lavorare. Tento il passaggio anche io.
La roccia costringe il corpo a fare una “S” innaturale, ci sono ancora delle asperita’ da togliere ma siamo a buon punto, sono sceso almeno di altri 30 centimetri rispetto alla volta scorsa. Ancora altri turni di lavoro dalla nostra parte. Matilde continua infaticabile ed imperterrita. Fremo mentre gli altri lavorano, non vedo l’ora di riprovare. Appena Simone si allontana dalla strettoia mi insinuo e tento nuovamente. Manco a dirlo ne esco stanchissimo e ancora sconfitto. Mentre sono dentro indico a Matilde quali sono le zone dove lavorare. Lei, oramai ad un passo dall’eroismo, continua a scavare senza sosta. Dal nostro lato possiamo solo lisciare meglio le pareti ma non abbiamo abbastanza spazio per lavorare, la posizione e’ scomodissima ed in pochi minuti si deve abbandonare per i forti dolori al collo e/o alle spalle. Facciamo ancora un paio di turni a lavorare. Matilde ci avverte che gli sembra di aver tolto gli ultimi impedimenti. Sento che questa e’ la volta buona. Mi sento gia’ stanco ma devo provare. Mi stendo nella strettoia a piedi in avanti. Scivolo giu’ fino a dove inizia la zona stretta. Mi ci incastro dentro e riposo qualche secondo. Nel frattempo Matilde dismette i panni del rude muratore e prende quelli da speleo-ostetrica, mi da’ premurose ed attente indicazioni su come gestire questo passaggio che si configura come un vero e proprio parto. Aiutandomi con il gomito destro appoggiato a terra sollevo un poco il busto ed il bacino. Sono arrivato alla zona limite dell’ultima prova. Mi fermo ancora un minuto a prendere fiato, ansimo come un mantice, devo recuperare una respirazione regolare prima di proseguire, temo infatti che dovro’ comprimere il petto per passare. Sono pronto per provare. Matilde mi guida, ho le gambe quasi fuori dalla strettoia, mi indica un buon appiglio in alto, per la mano sinistra. Mi dimeno un po’, mi sento costretto ma non in maniera intollerabile. Il bacino passa, ora anche la gravita’ e’ dalla mia parte. Matilde mi avverte con apprensione che sono praticamente nel vuoto. La tranquillizzo dicendole che ho trovato un appoggio stabile per il piede destro, quello piu’ in basso. Il piede sinistro e’ puntato in alto su una roccia. Devo muovermi, la spalla destra che ora e’ distesa per terra, inizia a farmi male. Mi divincolo, mi rendo conto con soddisfazione di essere avanzato ancora. Ancora qualche movimento e la strettoia finalmente molla la presa. Sono passato! Mi alzo, cerco posto per stare in piedi, mi guardo intorno ancora incredulo. Incontro il sorriso smagliante di Matilde e mi concedo un urlo di gioia! Dall’altra parte Simone e Marco esultano anche loro. Dopo qualche attimo di euforia estrema riprendiamo le redini del nostro umore e decidiamo il da farsi. Matilde mi mostra le sue ferite di guerra, si e’ procurata una vescica di tutto rispetto sulla mano ed ha anche l’aria un po’ stanca. In effetti ha lavorato per 3, tutta da sola! Simone decide di tentare anche lui il passaggio al motto di: “se ci passa Bibbo, ci passo anche io”. Per agevolarlo smazzetto un poco le pareti per spianare qualche piccola asperita’ che ho avuto il piacere di sentir scorrere sulla pelle mentre passavo. Quando Simone impegna la strettoia, Matilde riprende il suo ruolo di speleo-ostetrica aiutando anche lui nella nascita alla nuova grotta. Per fare spazio a Simone e per soddisfare la mia curiosita’ a lungo repressa, scendo qualche metro nella frattura inclinata (tra i 50° ed i 60°, direi) . In quel punto ha una sezione a forma di “occhio” ed e’ alta al centro circa 1 metro, larga almeno 4. La parete su cui poggiano i piedi e’ di sassi e terra, andra’ ripulita con attenzione. La parete di fronte sembra roccia compatta con qualche rado broccoletto. Pochi metri di discesa e si arriva ad un ambiente ampio ed il pavimento formato da rocce crollate. Al centro dell’ambiente dove si arriva c’e’ un foro grossolanamente tondo con un sassone in fondo, saranno un paio di metri. Con un po’ di attenzione si puo’ scendere. Arrivo sul sassone, mi sposto di lato, ora i sassi di crollo su cui poggiavo i piedi poco prima sono il soffitto che ho sopra la testa. Impiego un paio di minuti a controllare che siano stabili. Concludo che lo sono e vado ad esaminare cio’ che ho intorno. Sotto di me c’e’ il nero, si potrebbe ancora scendere qualche metro ma decido che lo faremo un’altra volta, tutti assieme. Lancio qualche sasso nel nero. Sembra esserci un piano inclinato che va da destra verso sinistra per il lato lungo della frattura, un paio di sassi rotolano rumorosamente per alcuni secondi. Annoto mentalmente la possibile partenza del meandro laterale di cui ci aveva detto Matteo la volta scorsa ma sinceramente sono molto piu’ attratto dal nero sottostante. Passo ancora un paio di minuti in contemplazione. Nel frattempo Simone e’ passato anche lui. Sento che chiacchiera con Matilde. Li aggiorno brevemente e anche loro concordano sul fatto di rimandare la discesa alla prossima, quando ci saremo tutti. Mi appresto a risalire, li avverto che non mi tirino sassi addosso mentre mi arrampico sino a loro. Quando siamo riuniti facciamo ancora un giro, meritatissimo, di complimenti a Matilde poi iniziamo il parto in direzione opposta. Simone si offre per primo. Appena lascia un po’ di spazio Matilde ed io facciamo un po’ di pulizia ripulendo la strettoia di sassi e detriti accumulatisi durante il lavoro. E’ il momento di Matilde, probabilmente per lei non e’ piu’ una strettoia. Mentre va mi preparo il passaggio martellando altri piccoli punti ostici. E’ piu’ una rivalsa morale che materiale pero’ serve anche quella mentre mi preparo mentalmente. La stanchezza mi gioca un brutto scherzo, la mazzetta mi schizza via di mano e cade scomparendo nella frattura. Forse si e’ fermata poco sotto ma non me la sento di tentare il recupero. Avverto Simone della grave perdita e, oramai disarmato, mi appresto a passare. Il punto stretto iniziale non crea grossi problemi poiche’ ci si spinge facilmete con le gambe. Il brutto inizia quando le gambe cessano di dare il loro prezioso apporto. Mi riposo e riprendo fiato. Avanzo faticosamente di qualche centimetro per volta cercando appigli in alto per la mano sinistra. Ho il braccio destro ripiegato sotto il busto, mi divincolo per distenderlo. Mi fermo nuovamente a riprendere fiato. Trovo un appiglio in alto, lo afferro. Appena vi faccio forza mi si sbriciola in mano. Per fortuna, come se me lo aspettassi, tenevo gli occhi chiusi quindi i danni sono limitati ad un po’ di fastidio. Da fuori, lontanissimo, sento gli incoraggiamenti della mia speleo-ostetrica preferita. Muovo il bacino, avanzo un po’. Mi fermo soddisfatto a riprendere fiato. Ho l’impressione di avere passato il punto peggiore. Mi dimeno avanzando ancora un poco. Decisamente ora la strettoia ha lasciato la presa, posso nuovamente ripiegare il braccio destro e sollevare il busto. Ancora qualche sforzo e sono fuori! Matilde prende possesso della fotocamera che avevo abbandonato nei pressi della strettoia e mi immortala, stanco ma soddisfatto.
Subito dopo un selfie con la mia “eroessa”
Non potevano mancare un paio di foto con Simone mentre me ne sto semi-accasciato a riprendere le forze.
Eccoci ancora in posa da relax.
Dopo le foto, il riposo, una buona sorsata di sbobba, possiamo rivestire l’imbrago, rifare i sacchi e prendere la strada del ritorno. Marco e’ gia’ pronto, prende uno zaino e parte. Finisco di prepararmi e parto anche io con il fido zaino al seguito. Marco ci aspetta nella saletta dove parte il pozzo. Recupero la fotocamera giusto in tempo per immortalare l’arrivo della inossidabile Matilde.
Questa mi piace nell’insieme quindi ve la prensento.
Matilde che simula stanchezza per non metterci in imbarazzo.
Un paio di scatti dedicati ai 2 fratelli della spedizione odierna, questo e’ il primo,
questo e’ il secondo, lascio a voi scegliere il piu’ migliore assai!
Buon ultimo il disarmante Simone, intoccato dalla fatica.
Sempre lui quasi fuori dal pozzo.
Il resto del ritorno e’ tranquillissimo. Visto in queste ultime uscite ho ritratto la via verso l’uscita in tutti i modi possibili metto temporaneamente a riposo la fotocamera riprendendola solo quando usciamo. Oggi la temperatura e’ molto piu’ tollerabile della volta scorsa. Possiamo attendere Simone senza ghiacciare. Ecco ancora un duo familiare veramente fantastico!
Arriva anche Simone. Ultima sistemata alle corde e poi partiamo per raggiungere le macchine.
Sembra abbia piovuto un poco durante la giornata pero’ ora ci sono solo nuvole sparse ed un po’ di luna che occhieggia tra loro.
Una sosta fotografica all’ometto prima di partire nuovamente. Ecco un Marco sorridente.
Matilde modello “trionfale entrata in scena della sciantosa”!
Un abbraccio fraterno e soddisfatto tra 2 dei protagonisti della giornata sembra starci tutto.
La serata si chiude cosi’. Dopo le ultime foto rientriamo alle macchine chiacchierando un po’ di tutto. Ci cambiamo con calma visto che per fortuna non fa freddo. Quando siamo pronti ci avviamo per S.Oreste. Abbiamo deciso per una pizza veloce tutti assieme prima di tornare a casa. Un festeggiamento ci vuole. Non ho foto della pizzata, certo non e’ paragonabile a un pasteggio a fettuccine, pero’ e’ stato piacevole, pieno di brindisi, risate e complimenti reciproci. Il rientro a casa e’ stato tranquillo anche se la macchina ha un rombo da macchina da rally. Comunque sono arrivato a casa senza perdere la marmitta per strada ed ho anche trovato posto in pochi minuti! Come sempre a questo punto non mi rimane che lasciarvi con il solito, ma sempre nuovo, alla prossima!!!