Arcaro – 26/02/2022

Doveva essere Fato ma il fato non ha voluto. All’Arcaro con Elisa, Gabriele ed io.

La mattina Elisa e Gabriele passano a prendermi e insieme partiamo alla volta di Supino. La nostra intenzione e’ quella di andare alla grotta di Monte Fato sfidando il meteo capriccioso che promette pioggia.

Andiamo bene fino a Supino centro, fino a quel semaforo che regola il senso unico alternato per chi, come noi, vuole attraversare la cittadina per andare verso la montagna.

Sono sicuramente piu’ di 8 anni che non vengo da queste parti quindi i miei ricordi circa la strada da prendere dopo aver passato il semaforo sono un poco confusi. In qualche modo mi raccapezzo e guido Gabriele fino alla strada che arriva al piazzale della fonte, nella piana di Santa Serena, dove termina la strada asfaltata.

Vedo che Gabriele mentre guida si guarda attorno incuriosito, finalmente capisco che e’ la prima volta che viene da queste parti. Per me e’ un posto molto familiare e davo per scontato che anche lui lo conoscesse! Anche per Elisa e’ un posto nuovo.

Salendo il tempo non migliora affatto, pioviggina e c’e’ un poco di nebbia. Noi temerari continuiamo a salire. Visto che i miei amici non conoscono il posto entro in modalita’ “cicerone” e rispolvero i ricordi meravigliandomi di quanti essi siano.

Indico loro la deviazione per andare al Pisciarello, Elisa quella se la ricorda per averla fatta durante il corso. Passiamo davanti alla piccola fontana e mi dilungo a raccontare della vicina parete dove facevamo palestra di roccia e anche qualche esercitazione di soccorso.

Facciamo persino un paio di soste a vedere alcuni buchi interessanti.

Tra un racconto e una sosta arriviamo finalmente al piazzale. Sembra che la buona sorte sia dalla nostra parte, ha smesso di piovere. Usciamo timidamente dalla macchina e diamo uno sguardo in giro. Della piana si vede ben poco, le nuvole basse coprono tutto.

Che si fa, che non si fa? E’ deciso, proviamoci. Iniziamo a cambiarci.

Non ho nemmeno il tempo di mettermi la tuta…inizia a nevicare!!!

Da bravo capoccione non voglio darla vinta al tempo perfido, continuo a cambiarmi nonostante i miei amici siano sempre piu’ titubanti. Caparbio come non mai mi metto il k-way per proteggermi dalla neve e cerco di preparare lo zaino. I miei amici sono sempre piu’ dubbiosi ma io sono ancora troppo preso dal prepararmi per dar loro retta.

Quando esco dalla trance preparatoria mi rendo conto che ora il piazzale asfaltato non si vede piu’, cadono dei fiocchi di neve ben fatti, proprio da manuale. Per terra si e’ formato un soffice strato di neve alto quasi un dito. Ci vuole poco per decidere, mi arrendo, ha vinto lei.

Svelti rimettiamo tutto in macchina, per fortuna avevo lavato la tuta cosi’ posso entrare in macchina senza dovermi cambiare di nuovo. Partiamo mestamente per tornare sui nostri passi.

La discesa non e’ difficoltosa, sulla neve fresca ancora si scivola poco o nulla, ma fare la discesa stasera sarebbe stato un bel problema. Strada facendo ragioniamo sul da farsi. Come impegniamo la giornata?

Gira l’idea di andare al ristorante e affogare la delusione nelle fettuccine, ma nemmeno a me piace questa idea, ed e’ tutto dire.

E’ Gabriele ad avere l’idea risolutiva. Andiamo a Ceccano alla grotta dell’Arcaro, propone. L’idea e’ ottima. Si va. Strada facendo facciamo la conta del materiale necessario, sembra che abbiamo tutto, il piccolo magazzino di Gabriele e’ ben fornito.

Da Supino a Ceccano nessun problema. Per arrivare alla grotta nessuno di noi ricorda bene la strada. Risolviamo chiedendo aiuto al navigatore e impostandolo per “fontana del gatto”. In una mezz’ora siamo al piccolo piazzale antistante la fontana.

Minaccia ancora pioggia ma ci concede una pausa giusto il tempo di cambiarci. Sono pronto per primo, aspetto i miei amici. Inizio a sentire freddo a stare fermo. Prendo su il mio zaino, un secondo con i materiali, avverto i miei amici e parto di buon passo verso la grotta.

Prendo per la strada piu’ lunga ma piu’ comoda. Gabriele ha detto che fara’ la scorciatoia assieme a Elisa, dovremmo quindi arrivare assieme.

Faccio il primo tratto in salita, lo prendo con troppo slancio e circa a meta’ devo riprendere fiato. Ne approfitto per guardarmi attorno. C’e’ qualcosa di strano, inizia a piovere? Non ne sono sicuro, se non fossimo cosi’ a bassa quota direi che sta provando a nevicare. Sara’ sicuramente pioggia, proseguo il cammino, la breve sosta mi ha permesso di far passare il fiatone.

Prendo la parte pianeggiante del sentiero, dei miei amici nessuna traccia. Proseguo. Inizio la salita che prelude alla grotta, mi giro a controllare ma ancora i miei amici non si vedono. Sono al bivio in mezzo ai rovi che porta all’ingresso della grotta. Per fortuna e’ ben pulito e facilmente transitabile. Salgo e mi fermo nella breve galleria che forma l’ingresso.

Tra l’altro qua nella galleria c’e’ anche una temperatura decisamente piu’ mite. Mi disfo degli zaini, prendo l’acqua e ne bevo. Dei miei amici nemmeno l’ombra. Fa nulla, tanto ho da fare, devo indossare una maglia in piu’ e mettere l’imbragatura. Passo cosi’ una ventina di minuti. I miei amici? Nulla. Inizio a preoccuparmi. Tra l’altro il tempo se ne infischia del fatto che siamo a meno di 350 metri di altitudine e ora scende neve come se fossimo in alta montagna, vengono giu’ dei fiocchi enormi, da manuale.

Per passare il tempo prendo il GPS, mi metto al bordo esterno dell’ingresso, lo accendo e attendo paziente che lui si stabilizzi e contatti abbastanza satelliti da darmi la posizione con un errore accettabile. Passo cosi’ altri dieci minuti, prendo la misura, la memorizzo e spengo il fido GPS.

Inizio ad essere seriamente preoccupato, aspettero’ ancora 5 minuti poi con tanta rassegnazione riprendero’ tutte le mie cose e faro’ la strada all’indietro sperando di trovarli prima di arrivare alla macchina. Erano i 5 minuti che servivano, inizio a sentire delle voci. Urlo a squarciagola per farmi sentire. Mi rispondono. Ora li sento distintamente, sono all’inizio del sentiero nei rovi. Ancora pochi istanti di trepidante attesa e poi vedo spuntare il sorriso di Elisa, subito seguita da Gabriele.

Finalmente di nuovo assieme al calduccio. Dobbiamo armare il primo saltino. Democraticamente, 2 voti contro l’uno di Elisa, decidiamo che sara’ lei ad armare. Elisa prova a svicolare ma noi rimaniamo fermi nel nostro proposito educativo. Alla fine si convince e inizia l’opera.

In breve sistema il necessario, mette la corda ed e’ pronta per scendere il saltino. Dopo di lei scende Gabriele e quindi io. La corda struscia un po’ sulla parete. Faccio sosta per fare un frazionamento aggiuntivo. La corda e il mio discensore non fanno amicizia quindi gli ultimi metri di discesa li devo fare filando la corda a forza nel discensore. Impiego almeno 2 minuti per fare i 3 metri che mi restano.

Eccoci. Siamo sull’alta frattura su cui e’ impostata la grotta. Il pavimento e’ in discesa, ripido e scivoloso. Scendiamo arrivando dove c’e’ una diramazione, a sinistra continua a scendere e sinceramente non ci sono mai andato, a destra c’e’ il pozzo che ho sempre fatto.

Ho fatto i conti, abbiamo ancora solo una corda ma ci sono 2 pozzi da scendere. Se non sbaglio siamo in difetto di una corda. Annuncio il risultato dei miei conti a Gabriele. Lui e’ convinto che scendendo a sinistra del primo pozzo, quello che stiamo iniziando ad armare Elisa ed io, questo si possa evitare.

Sono molto scettico circa le affermazioni di Gabriele, tanto scettico che gli chiedo di dimostrarmi quello che dice oltrepassando il pozzo senza scenderlo. Mentre lui scompare giu’ per il ramo a sinistra io continuo imperterrito ad armare il pozzo a destra con l’aiuto di Elisa.

Immaginate la mia sorpresa quando all’improvviso vedo Gabriele sotto di me. Diavolo d’un Gabriele! Aveva ragione lui. Con le pive nel sacco ma sollevato perche’ ora abbiamo tutte le corde che servono, chiedo a Elisa di disarmare quello che avevamo preparato mentre io mi rilasso disarrampicando il pozzo.

Quando sono giu’ Elisa mi tira la corda. Mentre Gabriele torna indietro per mostrare la via a Elisa io recupero la corda e ne faccio una matassa che poi mi porto dietro per espiare l’incredulita’ nei confronti del mio amico.

Una volta riuniti di nuovo percorriamo ancora pochi metri per arrivare al pozzo successivo. Elisa cerca di nascondersi per evitare di dover armare. Ora mi sento magnanimo, armero’ io, la avverto pero’ che al ritorno le tocchera’ disarmare.

Dopo il pozzetto c’e’ uno dei punti dove solitamente sbaglio strada, stavolta pero’ prendo la direzione giusta. Avanziamo sempre lungo la frattura. Passiamo il saltino in salita armato fisso con una corda sempre piu’ logora ma ancora valida.

Ancora qualche metro della frattura e siamo alla risalita. E’ quella che porta ad una frattura parallela a quella che stiamo percorrendo. In pratica credo che la parete di sinistra della frattura che stiamo percorrendo sia solo una robusta intercapedine che separa le 2 fratture.

Nonostante sia probabilmente la decima volta che vengo in questa grotta, quando arrivo alla risalita ho sempre un pensiero di sincera ammirazione per chi ha intuito una simile prosecuzione. Mi piacerebbe poter ricostruire la storia della esplorazione di questa grotta…e anche di molte altre.

Salgo io per primo. Non si sa mai in che condizioni possano essere l’armo e la corda. Mentre salgo con molta cautela ripenso alla prima volta che l’ho fatto. Quella volta la prudenza e la cautela nel salire senza strattoni si sono rivelati utili, gli attacchi erano piantati su roccia “marcia”, uno dei due ballava nella sua sede, la corda era fissata con un barcaiolo ad un moschettone arrugginito assai e aveva la calza molto consumata nei pressi del nodo. Stavolta trovo una situazione molto molto migliore. L’attacco superiore e’ un “chimico”, quello sotto e’ comunque buono. Sono uniti con un cordino in kevlar. Le corde sono in buono stato. Nulla da dire. Risalgo l’ultimo tratto, anche qua tutto a posto. Mi faccio da parte e urlo la libera ai miei amici. Sale Elisa. Mi faccio piccolo in una nicchia prima dell’uscita del pozzo. Mentre aspetto che arrivi inizio a curiosare nella nicchia, dietro di me. Forse c’e’ un qualcosa la’, piu’ avanti, ma ora non posso muovere nulla, potrei far grandinare sassi addosso ai miei amici. Aspetto.

Passa Elisa, si disimpegna e urla la libera a Gabriele. Quando Gabriele mi passa accanto gli chiedo supporto. Meglio mi tenga un’occhio mentre vado a vedere. Sposto qualche sasso con molta cautela, sopra di me ho un cumulo di sassi di frana riconsolidati. Sembrano ben incastrati pero’ meglio non fidarsi. Faccio un poco di spazio e avanzo circa un metro. Si, avanti sembra proseguire, la spaccatura, e’ stretta e il passaggio non sembra possibile senza allargare ulteriormente. Non mi fido, abbandono.

Aspetto che Gabriele esca dal pozzo poi lo seguo. Scendiamo il piccolo salto e siamo nella frattura parallela. Gabriele guida Elisa verso la via solita, quella per la “sala del the” dove con i corsi ci si ferma a fare pranzo prima di tornare indietro. Io stavolta voglio andare a dare uno sguardo dalla parte opposta. Li avviso e mi addentro.

Tra saliscendi vari, passaggi “aerei”, tratti fangosissimi, inizio a sudare come non mai. Vado avanti per un poco, fino a quando non trovo piu’ prosecuzioni ovvie. E’ un intrico di possibili passaggi piu’ o meno stretti. Dovrei tornare con molta pazienza e altrettanto tempo. E’ almeno mezz’ora che sono via, non voglio far preoccupare gli amici. Torno indietro. Non faccio proprio la stessa strada dell’andata ma ne sperimento un’altra, molto piu’ fangosa. Quando arrivo dai miei amici, esattamente dove ci eravamo separati, sono un mucchio informe di fango, sotto la suola degli scarponi ne ho almeno 10 centimetri, e anche sopra non mi posso lamentare.

Mentre Elisa e Gabriele prendono la via del ritorno io litigo col fango che ho addosso cercando di operare una separazione tra me e lui. E’ ostinato ma alla fine vinco io, almeno in parte. Niente da fare, anche in grotte quasi pulite riesco ad uscire che sembro un golem.

E’ il mio turno, scendo il pozzo e tutti insieme riprendiamo la via del ritorno. Come promesso al pozzo successivo lasciamo a Elisa l’onore di disarmare. Cerca di svicolare ma noi siamo incorruttibili e fermi. Sale per ultima e fa il suo dovere in maniera egregia. Rifacciamo la matassa di corda. Stavolta la affido a Elisa, sento di aver espiato abbastanza la mancanza di fiducia verso Gabriele!

Ci mettiamo un poco a trovare l’imbocco del passaggio che permette di evitare il pozzo successivo. Non posso essere d’aiuto perche’ non l’ho mai percorso. Facciamo avanti e indietro di qualche metro lungo la frattura alla ricerca di una freccia che indichi la via. Alla fine la troviamo e ci addentriamo. Il passaggio inizialmente va nella direzione opposta a quella che serve a noi pero’ poi dopo qualche metro si prende per la direzione giusta fino ad arrivare al punto che conosco e quindi al saltino d’uscita.

Una breve sosta per riprendere fiato e poi iniziamo a salire. Anche questa corda la disarma Elisa, oramai ha preso fiducia. Aspettando che arrivi inizio a togliere l’attrezzatura e a riporre le mie cose nello zaino.

Quando Elisa termina, rifacciamo il materiale e lo sistemiamo negli zaini. Possiamo andare verso la macchina. Ha smesso di nevicare e per fortuna della bianca coltre che si stava formando quando siamo entrati ora non c’e’ traccia.

Alla macchina ci cambiamo. I vestiti asciutti e caldi sono un sollievo ma il passaggio intermedio e’ tremendo, fa un freddo incredibile.

Quando siamo tutti pronti prendiamo posto in macchina e partiamo. Decidiamo di tornare direttamente a casa senza fermarci per cena. Pero’ passando per Ceccano non rinunciamo a prendere qualcosa di caldo al bar. Un buon cappuccino mi riconcilia col mondo.

Il ritorno e’ tranquillo e senza troppo traffico. Nonostante il tempo birichino siamo riusciti a ricavarci una bella giornata. Alla prossima.

Informazioni su fato63

Pratico la speleologia da qualche anno ormai. Mi sono finalmente deciso a tenere un diario delle uscite. Approfitto del blog per renderlo consultabile e commentabile.
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