Ancora una bagnatissima uscita in una grotta simbruinica. Stavolta era il momento di Piccola Creta con Alessia, Luca, io e il supporto esterno di Gabriele.
Oramai lo so, quando esco di casa col pensiero di star dimenticando qualcosa…purtroppo poi, troppo tardi mi accorgo che avevo ragione. Stavolta mi sono dimenticato la fotocamera. Per fortuna hanno sopperito Gabriele e Luca, che ringrazio.
La mattina ci vediamo con Alessia e Gabriele sotto casa mia. Caricato tutto in macchina passiamo al casello di Tivoli a prendere Luca. Dopo le soste canoniche per la colazione e per prendere il materiale ci avviamo finalmente verso la grotta.
Il tempo non e’ dei migliori, quando iniziamo a vestirci per entrare in grotta c’e’ un freddino che farebbe venire voglia di tornare a casa e una pioggerellina fine fine che aspetta solo che cali ulteriormente la temperatura per trasformarsi in neve. Ma noi non desistiamo. Accortomi finalmente che non ho portato la fotocamera, incarico Gabriele di sopperire alla mia dabbenaggine e lui prontamente si impegna. Gabriele ha deciso di risparmiarsi la bagnata in grotta e andra’ in giro a bagnarsi nella ricerca della solita, ormai, “III fossa di Frassigno”.
Alessia, il cui desiderio di conoscere la grotta principalmente ha determinato la nostra presenza qua, inizia a vestirsi. L’ho avvertita che la grotta e’ fredda e bagnata e rincaro la dose esortandola a portare con se’ in grotta almeno una maglia di ricambio.

Questo una volta tanto sono io, mentre mi chiedo se mai mi entrera’ l’imbrago.

Eccoci alla foto di gruppo, ed ecco Luca che e’ il secondo motivo per cui siamo qua. Lo avevamo portato a Piccola Creta durante il corso, ma non avevamo sceso il P50. Aveva espresso piu’ volte il desiderio di poterlo scendere, oggi ne avra’ l’occasione.

Ancora foto di gruppo ma questa volta con Luca in posizione eretta e svettante.

Una volta pronti percorriamo i pochi passi che ci separano dall’ingresso della grotta. Il recinto oramai e’ ridotto ai minimi termini, dovremo fare un intervento di manutenzione con la bella stagione.

Luca sistema la corda d’ingresso partendo dal solito albero poi io mi calo per fare da guida e dare sagge indicazioni…o almeno provandoci.

Gabriele prosegue nella documentazione dell’uscita. Ecco Alessia che si appresta ad entrare.

Ciao ciao.

Ecco buon ultimo Luca. Essendo lui il piu’ giovane e aitante del gruppo odierno gli abbiamo lasciato molto volentieri l’onore e l’onere di portare lo zaino con il trapano e le altre robe pesanti.

Gia’ dal primo pozzetto si intuisce che oggi ci bagneremo come pulcini. Era da mettere in conto quindi me ne faccio una ragione. Scendo alla partenza del P10, quello dove qualche anno fa e’ veramente iniziata la nostra avventura con Piccola Creta. Procediamo spediti ma tenendoci sempre a vista. Scendiamo il P25 facendo sosta tutti e tre sulla cengia a meta’ pozzo. Alla base del P25 gia’ piove abbondantemente.
Faccio fermare i miei amici per un rapido spiegone circa la delicatezza del passaggio successivo. Si tratta di un paio di metri di grotta dove si deve fare attenzione estrema. Infatti tutto quello che cade da questo punto finisce direttamente nel P50. Bene che vada, anche un sassolino dopo 50 metri di caduta potrebbe lesionare, se non tranciare, la corda. Se poi ci fosse uno speleo in mezzo al pozzo, questi ne potrebbe restare seriamente ferito. Dopo essermi accertato che abbiano ben compreso, affronto il passaggio dando esempio di attenzione nel farlo.
Alla partenza del P50 non troviamo sorprese particolari. Le due vie armate sono sempre la’ ad attenderci. Io scelgo la corda rossa e lascio ad Alessia la corda bianca. Inaspettatamente Luca sfodera il cellulare, avevo archiviato con un sospiro l’idea di avere foto in grotta di questa uscita. Luca mi salva regalandomi alcuni scatti.

Ecco Alessia ed io pronti a partire per questa emozionante discesa.

La discesa e’ bagnatissima, in alcuni punti le gocce che cadono sono di dimensioni generose e quasi dolorose quando ti vengono addosso. Cerchiamo di fare piu’ velocemente possibile ma comunque arriviamo giu’ che siamo bagnati come pulcini. Passato il primo frazionamento diamo la libera a Luca che cosi’ puo’ coronare il suo desiderio di scendere finalmente il P50. Luca ci raggiunge velocemente al “campo base”.
Spiego brevemente ad Alessia e Luca dove siamo, quali sono le tre diramazioni della grotta da questo punto e quello che vorrei fare. Alessia propone un caffe’, noi accettiamo con piacere e lei si attrezza per farlo.

Luca approfitta della sosta per fotografare una delle rarita’ in questa grotta, le stalattiti di fango.

Eccole riprese in primo piano. Sono avvolte da una copiosa quantita’ d’acqua proveniente dalla sala laterale, non capisco proprio come mai non ne vengano consumate.

Mentre Alessia prepara il caffe’ io prendo il pesante zaino portato da Luca e salgo la risalita che facemmo Elisa ed io l’ultima volta, oramai tanto tempo fa. Mentre salgo rivolgo un pensiero a Elisa sperando che trovi presto uno spazio tra i suoi impegni per tornare in grotta assieme.
In cima alla risalita c’e’ il passaggio, stretto, che potrebbe portarci al tanto sognato bypass della strettoia che ci blocca sul meandro piu’ in basso. Il primo tratto del passaggio, non lo ricordavo, e’ abbastanza largo, mi ci posso infilare anche se mi e’ strettino di spalle. Davanti a me ho ancora un mezzo metro da allargare, metto mano al demolitore e provo. Subito mi accorgo di non avere abbastanza spazio per lavorare con efficacia e poi la roccia non propone fratture interessanti da attaccare. Visto che Luca in questo momento e’ ozioso con qualche urlo gli spiego dove inizia il cunicolo laterale che porta alla strettoia e gli chiedo di andarci e di dare uno sguardo. Passato il cunicolo Luca conferma la mia impressione, vede la mia luce quindi sono dove pensavo di essere. Lo davo per scontato, ma saperlo con sicurezza e’ meglio. Gli chiedo anche di dare uno sguardo avanti per vedere se ci sono attrezzature vicino la strettoia.
Mentre sono li’ a tentare la roccia per quanto posso, arriva da sotto l’avvertimento di Alessia: “Il caffe’ e’ pronto, venite che si raffredda”. Visto che non ci decidiamo a rientrare Alessia incuriosita dal meandro va a raggiungere Luca e insieme tornano alla strettoia terminale. Dopo qualche minuto di lavoro infruttuoso inizio a pensare a un piano alternativo. Urlo a Luca ed Alessia di rientrare alla base, anche io abbandono il demolitore, lo zaino verde e scendo.
Il caffe’ e’ buono e ancora caldo, Alessia ha anche portato un dolce molto buono che ci dividiamo noi due, perche’ Luca ci dice che non mangia dolci. Peccato per lui, meglio per noi.
Dopo lo spuntino riprendiamo i lavori. Sorbendo il caffe’ mi sono convinto che con il demolitore non riusciremo a concludere molto quindi passo a dare corpo al tentativo che ho pensato. Coinvolgo i miei amici spiegando loro cosa faremo. L’idea e’ quella di usare il passaggio in cima alla risalita per lanciare una corda oltre e poi utilizzarla per risalire partendo dal meandro. Per fare quello che voglio fare devo recuperare una corda da almeno 15 metri. Ci pensavo su bevendo il caffe’. Chiedo a Luca se alla strettoia ci fosse per caso una corda, la risposta e’ no. Alla fine decido che l’unica maniera per rimediarla e’ quella di sacrificare il primo tratto di una delle due corde del P50. Dovrebbe essere circa della lunghezza giusta. Mentre salgo, recupero la corda e scendo chiedo ad Alessia di salire in cima alla risalita e a Luca di andare al meandro, passato il cunicolo.
Dopo qualche minuto abbiamo finalmente la corda che ci serve, e’ strano quanto mi faccia sempre tanta impressione il tagliare una corda, chissa’ perche’. Dopo il taglio la lancio giu’ e poi con lei risalgo a raggiungere Alessia che intanto si e’ messa “comoda” nel pertugio del bypass mancato. Arrivato su, fisso la corda agli attacchi della risalita, faccio un nodo in fondo e ci attacco i 4 moschettoni d’acciaio che abbiamo portato cosi’ che appesantiscano la corda e facilitino il lancio. Illustro ad Alessia cosa dovra’ tentare di fare poi le affido il tutto e scendo per raggiungere Luca.

Purtroppo anche questo tentativo rimane infruttuoso, nonostante la buona volonta’ e la perizia di Alessia nel lanciare la corda, una larga cengia impedisce che la corda arrivi sino a noi.
Visto che il piano B e’ fallito miseramente anche lui, mi invento un altro tentativo, chiedo ad Alessia di prendere la corda, il trapano, di rimettere tutto nello zaino e di raggiungerci. Mentre la aspettiamo convinco Luca ad arrampicare uno stretto camino verticale poco prima della curva del meandro che porta alla strettoia finale. Ci ero salito anni prima, ma non ci passavo, magari Luca, piu’ smilzo di me…Luca non e’ convintissimo della fattibilita’ di questa salita in libera ma poi sentendo che io ci ero riuscito si convince a provare. Nulla da fare, troppo stretto anche per lui.
Arriva Alessia con tutto il necessario, mentre mi porge lo zaino noto un leggero tremito della mano, segno che inizia a sentire freddo. E’ una cosa piu’ che normale visto che siamo tutti zuppi, mi rassegno a fare solo un brevissimo tratto della risalita che voglio fare. Forse me lo sentivo che sarebbero serviti e infatti ho portato con me la piccola scorta di multi-monti che avevo a casa. Li recupero dalla tasca della tuta mentre spiego ai miei amici quello che faro’. Stavolta purtroppo potranno essere solo spettatori e gia’ so che questo non fara’ altro che aumentare la loro sensazione di freddo. L’intento secondario ma non meno importante di questo tentativo e’ quello di far venire loro curiosita’ per tutto quello che si puo’ fare in grotta nel tentativo di esplorare. Nei prossimi mesi voglio organizzare un mino-corso interno al gruppo sulle tecniche d’armo e se quello che facciamo oggi li incuriosisce abbastanza spero di avere almeno un paio di allievi.
Tra una chiacchiera e l’altra per descrivere quello che vedranno mi armo di tutto il necessario cogliendo l’occasione per mostrare loro come impostare il trapano da demolitore a tassellatore, come di blocca il pulsante d’accensione e come si mettono e tolgono le punte. Quando ho tutto il necessario appeso addosso parto a fare la mia risalita improvvisata. Risalgo qualche metro in opposizione approfittando delle pareti non troppo distanti. Rischiando un poco potrei salire ancora, ma perche’ dovrei? Mi sistemo comodo e pianto il primo multi-monti cercando di spiegare ai miei amici cosa sto facendo. Fissato l’attacco fisso la corda e poi mi ci allongio per rilassare un poco le gambe. Tenendo come sicura, piu’ che altro psicologica, la mia longe piu’ lunga, quella della maniglia riprendo l’arrampicata cercando nel contempo di spiegare ai miei amici tutta la “storia” del fattore di caduta. Non credo di esserci riuscito efficacemente, la speranza e’ quella di aver attivato ancora di piu’ la loro curiosita’. Salgo ancora un tratto, quanto mi permette la longe e pianto un altro multi-monti un metro sopra di me. Sistemo la corda sull’attacco. Devo fare un paio di prove perche’ la corda che abbiamo recuperato ha una lesione, probabilmente uno dei sassi caduti chissa’ quando dal P50. Devo ingegnarmi per evitare di utilizzare quel tratto di corda, che per sicurezza ho isolato con un nodo galleggiante.
Mancherebbe un nulla per arrivare alla cengia, me la guardo con un sospiro pero’ immagino che i miei amici stiano iniziando, se non continuando, a sentire freddo. Vabbe’, finiamo qua per stavolta. Monto il discensore e scendo a raggiungerli. Insieme ricomponiamo lo zaino e poi passiamo il cunicolo che ci riporta al “campo base”.
Visto che ho portato il necessario propongo un te’ prima di iniziare la risalita del P50. L’idea sembra piacere, cosi’ recupero quanto serve mentre Alessia sistema per riscaldare l’acqua. Il te’ non viene granche’ perche’ la bombola del gas termina miseramente avendo solo intiepidito l’acqua. Oramai pero’ ci siamo, mettiamo le bustine in infusione, ci versiamo il contenuto di alcune bustine di miele e poi ci consoliamo con la brodaglia che siamo riusciti a produrre.
Terminato il te’ fallimentare riponiamo tutto negli zaini e ci apprestiamo a risalire. Luca aspettera’ pazientemente alla base del P50 mentre Alessia ed io lo saliremo. Luca si sistema comodo e, prendendo spunto da Nerone, si accende una candela per ingannare l’attesa riscaldandosi almeno le mani.

Luca nell’attesa si dedica anche all’entomologia, trova i miseri resti di un “bacarozzo”.

Mentre Luca sperimenta foto utilizzando la luce della candela, Alessia ed io saliamo il P50. Come all’andata l’intensa pioggia non perdona e la relativa lentezza della risalita contribuisce a far penetrare l’acqua praticamente dappertutto. Alessia e’ molto brava e questo mi fa dimenticare che questa e’ la sua prima esperienza con un pozzo lungo. Al frazionamento vado avanti fino al deviatore successivo ma ascoltando Alessia alle prese col frazionamento comprendo che ha difficolta’ nel passarlo. Cerca conforto ed aiuto nella corda che sale non rendendosi conto che la corda e’ troppo elastica per darle aiuto. Cerco di darle consigli da lontano ma non risolviamo. Quando la sento gridare a Luca di salire per darle una mano mi rassegno al fatto di dover scendere a darle una mano. Attacco il mio zaino alla piastrina del deviatore, mi allongio, scendo sui bloccanti fino a mettere in carico la longe, monto il discensore e raggiungo Alessia. La situazione che trovo non e’ pessima ma Alessia e’ un poco in confusione…Osservo ancora a distanza ravvicinata per vedere se la mia presenza la rassicura abbastanza da risolvere autonomamente ma la vedo un poco stanca dai tentativi infruttuosi. In pratica e’ salita molto col croll, quasi a battuta col nodo del frazionamento, questo le toglie spazio di manovra, la situazione insolita di un frazionamento su pozzo lungo fa il resto. Mi avvicino per darle una mano, mi sistemo poco sopra a lei e la aiuto a sollevarsi per togliere il croll. In un paio di tentativi riusciamo nell’intento e possiamo proseguire. Salendo assieme cerco di farle capire che la sua difficolta’ e’ la difficolta’ di tutti alle prime esperienze con situazioni sconosciute. E’ il solo modo per imparare veramente ad andare in grotta. Sembra rincuorarsi e sale senza altri problemi.

Arrivati alla partenza del P50 urliamo la libera a Luca e intanto con Alessia rincaro la dose di raccomandazioni nel passaggio critico. Aspettiamo un paio di minuti ma poi il freddo inizia a mordere. Saliamo il P25 con la solita sosta a meta’ pozzo dove Luca ci raggiunge. Proseguiamo la salita tutti assieme rimanendo abbastanza vicini. Sopra il P10 mi fermo ad attendere i miei amici per non inondarli di sassi e terriccio che cadrebbe dal passaggio successivo. Quando arriva Alessia le faccio spazio per attendere assieme Luca. Quando anche Luca fa capolino, ci avviamo verso l’uscita. Parto per primo ma devo fermarmi subito perche’ salendo si stacca un sasso di dimensioni rispettabili e devo fare passamano con Alessia per sistemarlo dove non puo’ fare danno.
Esco per primo e subito il gelo mi assale ma aspetto con pazienza che escano i miei amici. O almeno, aspetto Alessia perche’ nel frattempo vedo qualcuno avvicinarsi, e’ il buon Gabriele che tornato dalla sua ricognizione era in vigile attesa del nostro arrivo. Vedendo che oramai tremo vistosamente mi cede le chiavi della macchina e rimane lui ad aspettare Luca.
Dopo esserci cambiati ed indossati panni caldi e asciutti il freddo inizia a diventare un ricordo. Ecco Alessia ed io dopo aver recuperato il sorriso.

Tra le foto che mi ha girato Gabriele ce n’erano alcune relative alla sua ricognizione, almeno una mostra un buco piccolo ma interessante.

Questa non so cosa possa essere, ma c’era e ve la mostro.

Ancora una volta la “III fossa di Frassigno” rimane introvata, anche perche’ Gabriele ha un serio conflitto con le batterie e a meta’ strada gli si e’ spento sia il cellulare che il GPS, quindi non ha potuto completare la ricerca.
Una volta ricomposta la squadra in tutti i suoi elementi, terminiamo di riporre le attrezzature, i vestiti da grotta e ripartiamo. Al ritorno il mio enorme zaino giallo pesa almeno il doppio che all’andata, tanta e’ l’acqua che ho accumulato nei vestiti. L’ultima tappa e’ al magazzino dove incontriamo Nerone e gli facciamo una breve relazione verbale di quanto abbiamo combinato oggi. Gli diciamo anche del fatto che in fondo alla strettoia abbiamo trovato tracce di tentativi di disostruzione e pattume vario che sicuramente non ci appartengono, nulla di male, la grotta e’ di tutti, ma sarebbe bello che chi lo fa lo dicesse, basterebbe un cenno tramite social. Bah! Problemi di convivenza tra speleologi che esistono da sempre e sempre rimarranno irrisolti. Fa nulla, pero’ speriamo che la prossima volta almeno ripuliscano un poco.
Dopo la sosta al magazzino riprendiamo la strada di casa. Io sono finito dalla stanchezza ma sia Alessia che Luca domani partiranno per una escursione, io a malapena riusciro’ a camminare, beati loro! Alla prossima.