Dopo 2 palestre e una grotta di riscaldamento, l’Arcaro, ora i nostri allievi si cimentano con questa bella esperienza in una grotta sicuramente piu’ impegnativa.
Come raccontato nella relazione precedente dopo la grotta dell’Erdigheta sono rimasto a dormire in tenda all’AgriCamping “il Ciroletto” ottimamente gestito da Ettore. La mattina come al solito mi sveglio di buon mattino, e’ buio pesto quando esco dalla tenda ma non ce la faccio a stare ancora steso nel sacco a pelo. Svelto sistemo tutte le mie robe e le ripongo in macchina. Per la chiusura della tenda, quella malefica che si apre in 2 secondi e si chiude solo al prezzo di molte fatiche, arriva in aiuto Angelo. Per un periodo ha lavorato proprio a dimostrare quanto sia semplice chiudere questa tenda e con il suo provvidenziale aiuto risolvo in breve tempo. Una volta sistemato tutto in macchina attendo l’ora della colazione andando in giro a fare foto.

Arriva Ettore portando tante cose buone per la colazione e noi non ci facciamo certo pregare.

Giulio, che ha preferito dormire in un comodo B&B piuttosto che in una spartana tenda ci avvisa che e’ gia’ alla grotta. Anche io sono pronto, quindi decido di raggiungerlo. Salgo a Pian della Faggeta, mi cambio ed ora eccomi nei pressi dell’ingresso.

Trovo Giulio gia’ dentro, sta attrezzando il primo saltino. Facciamo una rapida revisione del materiale poi prendo lo zaino per il P13, quello che si incontra prima di arrivare al piu’ celebre P19.

Mi raggiunge prima Angelo e lo accompagno al P19, si occupera’ lui di armarlo. Torno poi indietro dove nel frattempo e’ arrivata Linda, lei sara’ impegnata nell’armo del P13. Per la prima parte dell’armo me ne occupo io, decido di utilizzare i fix piu’ in alto; quelli bassi, soprattutto uno, mi sembrano poco affidabili. La corda che abbiamo dovrebbe bastare anche per il P4 successivo a patto di non utilizzarne troppa qua all’inizio. Valuto che il traverso di avvicinamento in questo caso non sia indispensabile, lascio uno spezzone di corda che esce dal nodo in fondo al quale faccio un nodo dove gli allievi, con l’aiuto dell’istruttore che sorveglia la partenza della loro discesa, potranno allongiarsi.
Decido anche di utilizzare un deviatore corto. E’ praticamente inutile nell’economia di questo armo, pero’ mi sembra molto istruttivo. Ne ho la conferma quando anche Linda, oramai abbastanza pratica nelle tecniche speleo si trova in difficolta’ nel passarlo. I deviatori corti di solito si devono mettere in posti scomodi e stretti. Mi dico, perche’ non utilizzare questa situazione semplice da controllare per far provare una difficolta’ tecnica ai nostri allievi? Mi sembra una cosa positiva.

Sono al frazionamento successivo, nell’attesa che Linda mi raggiunga, faccio foto a casaccio. Mi faccio piccolo piccolo in un anfratto e seguo Linda mentre arma il frazionamento. Il pozzo quasi non avrebbe bisogno del frazionamento, ma siamo ad un corso e i nostri allievi si devono esercitare. Visto l’angolo quasi nullo tra la direzione della corda in arrivo e quella che riparte dal frazionamento dico a Linda di utilizzare un solo attacco e lei esegue senza problemi.

Arrivati in fondo al P13 Linda si occupa di armare anche il successivo P4 poi andiamo a vedere cosa succede al salto successivo, quello con la malefica pozza e la successiva discesa fino alla sala del teschio. Trovo degli allievi scesi dal P19, faccio loro una foto.

Trovo Giulio che istruisce Angelo su come armare il passaggio della malefica pozza. E’ un armo che comporta arrampicarsi un poco ma Angelo se la cava benone.

Ancora una foto di gruppo agli allievi in paziente attesa poi torno indietro, sento un vociare concitato.

Tornando indietro incrocio un’altra allieva,

Mi fermo per farle una foto.

Torno indietro fino alla base del P4 dove ritrovo Linda e il suo bel sorriso. Praticamente l’armo che le ho richiesto di fare sembra sia stato giudicato non adeguato. Linda smonta tutto l’armo fatto perche’ si possa recuperare la corda e rendere l’armo adatto ad un corso. Come dico spesso, c’e’ sempre da imparare a questo mondo, imparero’. Lascio Linda al suo lavoro e vado a far sicura alla base del P19.

Fare sicura alla base del P19 mi permette di salutare gli allievi che scendono, la prima e’ Marzia che oggi e’ in grotta senza la confortante compagnia della sua amica Lucia.

Ne scendono alcuni altri e a tutti provo a fare una foto, ma con scarsi risultati visto che sono in movimento.

Improvvisamente mi sento addosso la stanchezza della uscita di ieri e della notte in tenda a cui non sono piu’ abituato. Faccio un paio di conti, valuto che ci sono abbastanza istruttori perche’ la mia presenza non sia necessaria. Quando passa il direttore del corso, dopo uno scambio di opinioni sulle tecniche d’armo, gli comunico che vorrei uscire. Ci lasciamo continuando ad avere opinioni differenti su come armare in sicurezza ma con il suo assenso ad uscire. Attendo che tutti gli allievi e gli istruttori siano scesi quindi prendo la via del ritorno.
Risalendo il P13 trovo l’armo modificato. Passato il frazionamento intermedio la corda va a fare pressione su un sasso incastrato tra le strette pareti del pozzo. Oltre a potersi lesionare la corda c’e’ pericolo che il sasso, spinto dalla corda, si disincastri cadendo sul malcapitato speleologo che sale. Un aspetto di cui tenere conto per il futuro.

Alla partenza del P13 trovo l’armo spostato in basso, sui fix che avevo giudicato non affidabili. Il deviatore inutile e’ stato tolto. Per ovviare alla mancanza del traverso sono stati messi alcuni cordini in kevlar. Ora la corda, piu’ bassa di prima, intralcia un poco chi deve passare oltre per andare al P19. Pensando alla sicurezza, mi chiedo come mai non sia stato attrezzato un traverso sulla parete opposta alla partenza del P13 per garantire un transito sicuro a chi passa. Concludo i miei ragionamenti oziosi sapendo che sono relativamente da poco nel GsCaiRoma, ogni gruppo ha le sue regole non scritte a cui tutti si attengono…solo che io ancora non le conosco. Proseguo verso l’uscita pensando, senza sarcasmo, ho ancora molto da imparare, per fortuna.

Sono al salone prima del saltino che porta all’aria aperta. Come sempre saluto il sassone crollato che per generazioni e’ stato calpestato da speleologi di tutti i tipi in attesa di scendere il saltino che lui creava. In fondo mi manca anche se cosi’ l’uscita dalla grotta e’ piu’ semplice e veloce.

All’uscita trovo il sacco medico, mi sembra ben gonfio, anche se immagino cosa ci possa essere dentro mi annoto mentalmente che devo chiedere cosa contenga di preciso, meglio saperlo.

Una breve uscita per me. La sera arrivano i messaggi da chi esce dalla grotta. Tutto bene e gli allievi tutti contenti dell’uscita in una bella grotta. Alla prossima.