Zi’ Checca 2 – 10/03/2018

A visitare la Chiavica 2° di Zi’ Checca, con Maria, Gianni, Maurizio, Giuseppe ed io.

La mattina facciamo il primo appuntamento a casa da me, Maurizio e’ puntualissimo, Giuseppe tarda qualche minuto, un’ottima scusa per fargli pagare la colazione. La seconda tappa e’ sotto casa di Maria e Gianni, la terza e’ al vicino bar, per fare, finalmente, la colazione. Dopo aver soddisfatto l’appetito mattutino saliamo tutti in macchina di Maurizio per discenderne solo una volta a destinazione.

Solo Maria e Gianni hanno idea di dove sia la grotta. Io, se anche ci fossi stato in passato, ho completamente obliato ogni riferimento sia della Zi Checca 1 che della Zi Checca 2. Gianni parte in esplorazione mentre noi iniziamo a prepararci. Nel frattempo Maurizio fuma il suo pestilenziale sigaro toscano. Da Gianni arrivano notizie poco confortanti, trovare la strada per l’ingresso e’ meno facile di quanto pensasse. Interrompiamo i preparativi e rimettiamo tutto in macchina perche’ sembra che la grotta sia piu’ avanti. Mentre siamo occupati a stipare di nuovo gli zaini in macchina, Gianni torna a perlustrare i dintorni. Dopo una decina di minuti di incertezza, Gianni sbuca fuori dalla macchia dicendo che la macchina sta bene dove sta, possiamo prepararci. Siamo solo Giuseppe ed io ad indossare la tuta speleo, Maurizio, immerso nella nube tossica del suo toscanello ci annuncia che per oggi preferisce fare ricognizione esterna insieme a Maria e Gianni. Quando siamo pronti, ci dividiamo fraternamente tra tutti gli zaini personali e del materiale e partiamo seguendo con fiducia Gianni.  Strada facendo non riesco a trattenermi dal fare un paio di foto a dei splendidi fiori bagnati di rugiada.In verita’ le foto sono molte piu’ di un paio, ma ve le risparmio.Alla curva a sinistra lasciamo la strada asfaltata per un viottolo bordato da muri a secco. Dopo una breve salita troviamo un cancello, lo passiamo.Dopo il cancello il nostro sentiero incrocia una strada sterrata, prendiamo a sinistra.Poco piu’ avanti la strada sterrata curva a destra. Davanti a noi c’e’ un uliveto privato e c’e’ anche il proprietario che sta facendo la potatura delle piante. Gli chiediamo della grotta. Ci risponde di prendere il sentiero che parte sulla sinistra della sterrata. Seguendolo la troveremo. Salutiamo ed andiamo. Dopo qualche metro di sentiero troviamo un primo slargo, quindi passiamo sopra ai resti di una tettoia di metallo e ci troviamo di fronte ad una spaccatura che nel punto iniziale ha formato una vasca.Gianni decreta che la spaccatura e’ la nostra grotta. Dobbiamo “solo” trovare l’ingresso. Dalla spiegazione trovata sul librone, dovrebbe essere in corrispondenza del punto piu’ basso del bordo della spaccatura. Nell’intrico di vegetazione non sara’ facile trovare questo punto piu’ basso. Ci dividiamo ed iniziamo a cercare, percorrendo, ove possibile, i bordi della spaccatura.Dopo qualche minuto a dibattermi tra rami, sterpi e spini, sono gia’ sudato come se mi avessero fatto un gavettone. Del possibile ingresso nemmeno l’ombra. Suggerisco a Giuseppe di percorrere il bordo per cercare un passaggio che porti dal lato opposto, mi e’ sembrato di vedere un punto interessante.Lo guardo inoltrarsi poi pero’, vinto dalla curiosita’, lo seguo. Non e’ semplice trovare un passaggio, nascoste tra la fitta vegetazione ci sono altre spaccature. Sembra di essere in un gigantesco karren di cui la nostra grotta e’ il solco piu’ grande. Ogni tanto si incontrano anche altre pozze piene d’acqua, tanto per rendere ancora piu’ avventurosa e variegata la ricerca.Vagando tra i rovi passo anche vicino ad un buco che sembra interessante. Per ora mi limito a fotografarlo con la speranza di poterlo trovare in una prossima visita.Per avere un supporto di memoria chiamo anche Giuseppe e lo fotografo mentre osserva il buco che gli ho indicato.Dopo aver cercato invano di arrivare al punto “fico” che avevo adocchiato dall’altra parte della spaccatura, ci dichiariamo sconfitti e torniamo al punto di partenza. Ci raduniamo di nuovo tutti e facciamo il punto della situazione. L’unico punto accessibile sembra essere qua, all’inizio della spaccatura. E’ talmente ingombro di spazzatura da far passare la voglia di tentare la discesa. E’ pero’ vero che non abbiamo altra scelta. E’ deciso, scenderemo da la’. Tiriamo fuori la prima corda e la fissiamo ad un albero. Giuseppe e’ gia’ pronto e si offre “spintaneamente” di scendere a dare un’occhiata.Mentre aspettiamo il responso di Giuseppe approfitto per riprendere Maria in posa plastica ai bordi della spaccatura. Giuseppe torna con notizie quasi confortanti, c’e’ “monnezza” a quintali con vari scheletri di bovini ed ovini, pero’ la spaccatura scende e sembra percorribile. Dopo una decina di metri di scivolo c’e’ un saltino da passare con la corda. Decidiamo di tentare. Prendiamo gli ultimi accordi mentre termino di prepararmi. Ora sono circa le 11. Maria, Gianni e Maurizio andranno a ricercare grotte nei dintorni. Torneranno da queste parti ad aspettarci una prima volta alle 4 del pomeriggio, dopo torneranno circa ogni ora. Per fortuna l’impeccabile Giuseppe ha l’orologio, cosi’ potremo avere una idea del tempo che passa e regolarci per il ritorno.Si parte! Vado avanti. Dopo circa 3 metri di scivolo si passa sotto un pietrone, da sopra non si vedeva perche’ ricoperto di rifiuti vari. Dopo il pietrone, ancora alcuni metri di scivolo tra il di tutto fatto pattume e sono al saltino visto da Giuseppe.Sono meno di 3 metri, pero’ indubbiamente serve la corda. Trovo un piccolo incavo nella roccia alla mia sinistra, lo approfondisco un poco con la mazzetta, faccio un magnifico “otto” e ne sistemo la gassa nell’incavo. Per ora puo’ andare. Scendo ed attendo Giuseppe per dirgli di fare attenzione nel manovrare l’armo fantasioso che ho fatto. Nessun problema, scende anche lui e possiamo proseguire.Dopo il saltino capisco di aver male valutato il livello di lerciume che avevo visto prima. Qua abbiamo ossa e buste di plastica da far pensare alla discarica di un macello.E vi posso assicurare che le foto non rendono abbastanza merito al livello di schifo su cui poggiamo i piedi. Quando il piede sprofonda nel morbido evito di pensare a cosa io possa stare calpestando. Passiamo veloci, il piu’ possibile. Dopo il saltino, dicevo, abbiamo un piccolo slargo, quindi si passa tra dei massi e si arriva in quella che sembra un’altra spaccatura. A sinistra sembra addirittura esserci un’altro possibile ingresso… si deve solo rintracciarlo da sopra. La grotta sembra proseguire a destra.Si passa subito sotto un altra volta di roccia lunga un paio di metri, si scende ancora poi si trova una biforcazione della spaccatura. Giuseppe si infila a sinistra a vedere ma sembra stringere. A destra c’e’ un saltino facilmente disarrampicabile.Dopo il saltino la spaccatura si allarga di nuovo con il solito fondo di pattume indefinibile. Poco piu’ avanti, finalmente, la grotta.Con l’inizio della grotta si attenua anche il livello di sudiciume. Saltello contento fino ad incontrare il pulito e familiare conforto del buio della grotta. Una volta fuori dal lerciume mi sistemo comodo ad attendere Giuseppe. Lui tarda un poco, ma non gliene faccio una colpa…nella fretta di raggiungere la zona franca ho mollato giu’ gli zaini dopo il saltino. Ora Giuseppe deve districarsi tra l’immondizia trascinandosi dietro tutti gli zaini, anche quelli che ho mollato strada facendo.Una volta riuniti, facciamo il punto della situazione. Sfodero il rilievo della grotta (una volta tanto mi sono ricordato di stamparlo e soprattutto di portarmelo dietro) e ce lo studiamo. Dovremmo essere in corrispondenza del punto 4. Da qua sara’ quasi tutta una verticale.Eccolo il punto 4 dal vero. L’armo e’ costituito da un solo fix. Decidiamo di doppiarlo. Passiamo quindi i successivi minuti a recuperare il necessario, piantare il secondo fix e sistemare la corda.Bardato di tutto il necessario affronto la discesa. Si tratta di pochi metri, meno di 4, non impossibili, ma adeguatamente stretti. Poi, il tempo di tirare il fiato e mi trovo coi piedi a terra a cercare dove la grotta prosegue. Ammetto che per qualche secondo ho il dubbio di aver sbagliato strada pero’ poi mi accorgo che in basso, abbastanza ben nascosto, c’e’ un pertugio. Mettendomi seduto ci scivolo dentro. Sotto di me sento il vuoto. Attorno alla pietra che fa da soffitto al pertugio, ora all’altezza della mia faccia, vedo un cordino. Un armo naturale. Studio il cordino, sembra decente, lo utilizzo dopo aver sistemato il nodo. Sistemo la corda per la discesa e proseguo. Questa sopra di me deve essere la frana sospesa di cui si parla nel “librone”. Piu’ sotto di 5 metri c’e’ una cengia comoda dove potro’ attendere l’arrivo di Giuseppe. Scendo alla cengia. Ora poco sopra di me ho il “ponte di roccia” di cui mi parlava Gianni. Sotto di me c’e’ il primo P40, ovvero la seconda parte di lui. La prima parte l’ho appena scesa. Davanti a me i resti di un armo appena appena datato, magari ancora utilizzabile…ma non saro’ io a provarlo! Arrivato Giuseppe iniziamo a preparare per l’armo del pozzo. Decidiamo che la cengia e’ un posto comodo dove attendere quindi armeremo anche una sosta con un traverso per avvicinarsi a bordo pozzo.Il fido trapano Einhell e’ lento nel forare ma svolge egregiamente il proprio lavoro. Nel giro di una mezz’ora siamo pronti a scendere. Vado. Alla base del pozzo lo stillicidio e’ abbastanza intenso, per fortuna e’ ancora evitabile. Mentre aspetto Giuseppe studio nuovamente il rilievo. Alle mie spalle la grotta prosegue con il secondo P40. Davanti a me vedo lo “sgrottamento” indicato come punto 6. Quando arriva Giuseppe gli propongo di armare lui il pozzo successivo. Rifiuta con decisione dicendo che oggi non si sente dello spirito giusto. Vabbe’, sara’ per la prossima volta. Preparo il necessario e proseguo. La partenza del pozzo offre 2 possibili vie, si puo’ passare sotto, all’altezza della base del primo P40, ma sembra scomodo, oppure si puo’ salire di un metro sopra un enorme sasso piatto che affaccia comodamente sul pozzo. Scelgo la via comoda. Trovare un punto dove mettere i fix non e’ semplicissimo, sulla parete c’e’ uno strato di 4 dita di fango e sotto il fango il primo strato di roccia e’ decisamente marcio. Alla fine, lavorando di mazzetta, mi ricavo lo spazio necessario. Faccio anche qua un traverso di avvicinamento al pozzo. Sistemata la corda mi calo fino ad una stretta cengia dove mi sistemo comodo per armare la partenza vera e propria del pozzo. Fatto quel che dovevo, inizio la discesa. Dopo qualche metro mi fermo per sistemare un frazionamento. Poco piu’ in basso sulla parete opposta c’e’ un fix gia’ esistente. Non lo prendo in considerazione perche’ mi sembra che la corda non tocchi e si possa arrivare fino in fondo senza altri armi.In effetti durante la discesa non mi sembra di rilevare problemi. Arrivo alla base del secondo P40 ed urlo la libera a Giuseppe.Nell’attesa inizio a guardarmi attorno. Qua lo stillicidio e’ veramente intenso e si puo’ fare davvero poco per evitarlo. Per fortuna la temperatura non sembra proibitiva come lo era nelle vicinanze della partenza del primo P40. Guardo sotto, verso l’affaccio  al budello finale. Ci sono di nuovo tracce di pattume vario.Trovo anche compagnia, un insetto. Lo inseguo cercando di fargli una foto decente ma alla fine riesce a rintanarsi tra i sassi. In questa foto si intravede appena, e questa e’ la migliore…Arriva Giuseppe. Scendendo ha avuto la sensazione che la corda toccasse in qualche punto.Mentre termina la discesa, mi spiega. Illumino verso l’alto per verificare ma non vedo nulla.Una volta arrivato a terra, spiego a Giuseppe dove siamo, rilievo alla mano. Mostro anche a lui il budello che porta al fondo. Anche lui non sembra entusiasta di scenderlo. Decidiamo di risalire.Mentre salgo, Giuseppe cambia idea, complice forse lo stillicidio, decide che uno sguardo al budello puo’ pure darlo. Salgo con molta cautela, in effetti se non si fa attenzione la corda tende a strusciare sulla roccia alcuni metri sopra di me. Arrivato al punto critico decido di mettere un frazionamento, magari poi risultera’ inutile, pero’ voglio essere sicuro che Giuseppe possa salire senza problemi. Alla fine sistemo un deviatore. Funziona bene, peccato sia parecchio fuori dalla verticale.Arrivato all’altezza del fix gia’ messo che avevo deciso di ignorare, mi accorgo che in effetti e’ la migliore soluzione per l’armo. Per provarlo sistemo un secondo deviatore. Ora il primo che ho messo e’ inutile ma va bene cosi’. Arrivo alla base del primo P40 ed urlo la libera a Giuseppe. Lo sento iniziare a salire. Naturalmente ora tocca a lui a disarmare. Lo sento sacramentare e sbuffare a lungo sul primo deviatore, in effetti e’ un poco complicato da togliere. Quando il freddo ha oramai iniziato a serpeggiare attorno alle mie spalle fradice, sento con piacere l’avvicinarsi di Giuseppe. Superato lo scoglio del primo deviatore, il resto e’ stato un gioco da ragazzi. In attesa che arrivi, tento una foto alla base del primo P40 con la sua piccola razione di pattume. Quando siamo di nuovo assieme sistemiamo nello zaino la corda appena tolta e poi lo prendo in consegna ed inizio a salire il pozzo.La salita con lo zaino non e’ agevolissima. Quando incontro una interessante parete concrezionata e quindi di nuovo “mangiata” dall’acqua, mi fermo per riprendere fiato con la scusa di farle qualche foto. Devo ripartire presto perche’, anche se meno intenso, anche qua lo stillicidio si fa sentire.Eccomi finalmente alla cengia. Il tempo di urlare la libera a Giuseppe ed inizio a sentire il netto calo di temperatura che si avverte in questo punto.Per mitigare il tremore da freddo, mi guardo intorno cercando spunti per alcune foto. Ne trovo uno interessante, che credo piacera’ a Gianni. Un graffito sulla roccia datato 1967 firmato da un certo Romolo del gruppo G.S.A..Dopo il graffito trovo anche un pipistrello che riposa, scatto svelto una foto anche a lui poi gli giro le spalle per mitigare il disturbo della mia luce.
Il “ponte di roccia” di cui mi aveva parlato Gianni.Oramai il freddo mi ha catturato completamente e la mia sola aspirazione e’ che Giuseppe arrivi presto. E’ con vera gioia che lo vedo apparire.Con sollievo vedo Giuseppe arrivare in pochi minuti e terminare il suo lavoro. Mi riscaldo un poco piantando ancora un fix per migliorare il traverso di avvicinamento al pozzo mentre Giuseppe sistema la corda nel sacco.  Appena terminati i nostri lavori, ripartiamo per l’ultima fatica. La fessura e’ meno complicata di quel che sembrava, anche col passaggio degli zaini. Il saltino dopo, quello stretto, e’ poco piu’ antipatico, ma solo poco. Ora vedo la luce dell’esterno, significa che non e’ ancora troppo tardi. Chiedo l’ora a Giuseppe, sono quasi le 5 del pomeriggio. Magari facciamo in tempo ad intercettare il passaggio dei nostri amici.Tornando indietro faccio ancora foto alle opere d’arte di pattume che incontro.Ce n’e’ davvero per tutti i gusti.In alcuni punti la natura e’ riuscita a nascondere la sporcizia ma e’ solo un velo, ve lo assicuro.Arrivo al saltino. Il mio armo “fantasioso” e’ ancora li’. Salgo. Mentre aspetto Giuseppe decido di piantare un fix per rendere meno artistico e piu’ solido l’armo del saltino. Quando arriva il mio amico sono ancora all’opera, quindi anche lui sale sull’armo posticcio, senza trovare problemi.Appena fuori troviamo un bigliettino dei nostri amici, sono alla macchina e l’hanno parcheggiata di nuovo dove siamo partiti stamane. Finiamo di ricomporre gli zaini e partiamo per raggiungerli. Alla fine della nostra avventura ho cercato di tenere a mente alcuni particolari del rilievo che non mi avevano convinto. Una volta a casa mi sono divertito ad adattarlo. Ecco il risultato.La giornata la concludiamo degnamente con una buona cena al ristorante tutti assieme. Dobbiamo penare un poco per trovarne uno ma alla fine approdiamo vicino a Supino dove possiamo rifocillarci in allegria. Alla prossima.

Informazioni su fato63

Pratico la speleologia da qualche anno ormai. Mi sono finalmente deciso a tenere un diario delle uscite. Approfitto del blog per renderlo consultabile e commentabile.
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