A scavare a Pozzo della neve vicino ai Fondi di Jenne con Irene, Martina, Leandro, Gabriele, Giuseppe ed io.
Visto il successone con lo scavo della Piccola CretaRossa, ci siamo detti: “perche’ non riprovarci?”. E’ cosi’ che gia’ da un paio di fine settimana componenti dello Shaka Zulu si ritrovano per andare a scavare a Pozzo della neve. Stavolta ci siamo pure noi.Gabriele in pochi minuti e’ pronto.
Irene con cappuccio, mazzetta e scalpello e’ vagamente inquietante, ma tranquilli li usa solo per scavare, non per finire speleologi in difficolta’.
Mmmmm, siamo sicuri sia inoffensiva?!?
Quando siamo tutti bardati a dovere, partiamo alla volta della grotta. Una breve sosta alla “cretina” per un saluto e poi proseguiamo.
Per fortuna di neve non ce n’e’ troppa.
Eccoci al bucone detto Pozzo della neve. Irene va subito a curiosare in un buchetto laterale.
Ed ecco a voi il Pozzo della neve, con la neve appunto.
Ultimi preparativi. Gabriele dice che rimarra’ fuori. La mia guida sulle curve per Monte Livata gli ha causato mal di stomaco.
Sistemiamo la corda. Tanto per farci contenti, inizia a piovere proprio mentre iniziamo a scendere.
Irene si prepara a partire.
Cerco di catturare immagini dei nostri “attendenti” ma la fotocamera da’ gia’ segni di sconforto..
La discesa di Irene.
Ciao ciao. E’ talmente presa che non riesco a farla sostare un secondo per una foto.
E’ poi il turno di Martina.
Rimane solo Leandro.
Eccolo pronto a partire anche lui.
Quando li raggiungo a mia volta, loro sono gia’ sulla cengia che porta nelle zone di scavo. C’e’ ingorgo. Mi tocca pazientare prima di poter andare a curiosare.
Intanto mi guardo intorno, ci sono rifiuti di tutti i tipi mescolati col fango. I resti di un paio di sci, alquanto datati a giudicare dagli attacchi, giace vicino ai miei piedi. Mi fa tanta curiosita’ sapere come mai qualcuno possa avventurarsi nel bosco, siamo a chilometri di distanza sia da Livata che da Jenne, per andare a buttare un paio di sci in un buco. Lo stesso vale per il resto della “monnezza” sparsa nel fango, c’e’ un poco di tutto, cose piu’ comuni come bottiglie di plastica o di vetro, sacchi di plastica, ma gli sci sono proprio una chicca.
Nel frattempo si e’ creato un poco di spazio sulla cengia alta, magari riesco ad intrufolarmi anche io.
Ce la faccio! Dall’altra parte una spaccatura profonda circa 3 metri e a forma di una grossolana “T”. La gamba della “T” e’ di fronte a me, le sue braccia a destra ed a sinistra. Gli scavi sono gia’ in corso nel braccio destro della “T”. Martina per ora e’ addetta allo smaltimento della terra che gli mandano gli scavatori dentro una cofana.
Finalmente riesco a scendere e a vedere da vicino. Gli scavatori, al momento Giuseppe e Leandro , sono dietro uno stretto pertugio a tirare fuori terra. Da questa parte ci sono Martina ed Irene a smaltire il tutto.
Visto che poco posso fare per aiutare mi metto a gironzolare facendo foto.
Giuseppe interrompe gli scavi, deve andare a fare una cosa per conto suo. Arrampica per passare il largo diaframma che ci separa dallo sgrottamento principale. Quando torna, stabiliamo che rimarra’ sulla cengia. Dobbiamo iniziare a portare la terra scavata di fuori e sara’ lui a farlo.
Il lavoro riprende alacremente, dentro si scava, qualcuno prende la cofana piena di terra e la aggancia alla corda che viene recuperata da Giuseppe per essere gettata dall’altra parte, verso l’ingresso. In tutto questo, decido di aprire un altro fronte di scavo dall’altro lato, in fondo al braccio sinistro della famosa “T”. Quando mi stanco faccio cambio con Irene, lei a scavare al nuovo punto, io a fare la spola per passare la cofana dagli scavatori a Giuseppe e viceversa.
In zona scavi i cambi alle varie mansioni si susseguono con buona frequenza, c’e’ sempre da fare per tutti. Giuseppe rimane in alto e continua a tirare su le cofane piene di terra.
Le attrezzature le abbiamo appese agli spuntoni di roccia per non infangarle piu’ del necessario.
Mentre ero al “ritiro cofane”, approfittando delle attese, ho iniziato a demolire a mazzettate un fastidioso arco di roccia che si frappone tra chi scava e chi riceve le cofane piene per farle poi tirar su dal solito, paziente, Giuseppe. Leandro, ha visto il mio lavoro e si e’ appassionato. Eccolo mentre martella sulla roccia con grande impegno.
La roccia inizia a vibrare sonoramente, dai che togliamo questo impiccio! Ogni tanto le braccia dicono basta e bisogna fermarsi, ma siamo a buon punto.
Ecco Giuseppe in un momento di relax.
Nella foto non si vede bene, ma vi assicuro che le venature in rilievo nella roccia sono molto belle.
Come avrete capito, e’ un altro momento di pausa e ne approfitto per fare qualche foto.
La giornata passa cosi’, tra una scavata e l’altra. A pomeriggio inoltrato Irene decide di averne abbastanza, anche a causa di un principio di congelamento alle mani, ed esce fuori a raggiungere Gabriele. Noi rimasti continuiamo nello scavo. Lasciamo la grotta senza aver trovato una prosecuzione, ma contenti di averla avuta vinta sul fastidiosissimo arco di roccia che rendeva difficoltoso l’accesso in zona scavi. Quando usciamo e’ gia’ scuro ed inizia a fare seriamente freddo.
Fuori ritroviamo Irene e Gabriele e ce ne torniamo velocemente alla macchina.
Dopo esserci cambiati e riscaldati dobbiamo tornare alla grotta per ben 2 volte, la prima volta per recuperare il mio ombrello dimenticato all’ingresso e poi per la frontale di Leandro. Un paio di passeggiate defaticanti, tanto per smaltire l’acido lattico! Ancora una bella giornata in buona compagnia. Alla prossima.