Una inusuale uscita infrasettimanale a Grotta Doli con Valerio, Fabrizio, Cristian ed io.
Me lo sentivo che questa sarebbe stata una bella uscita. Quando poi ho saputo che avrebbe partecipato pure Cristian, con il quale non mi incrocio in grotta da almeno 2 anni, mi sono deciso, ho preso un giorno di ferie ed ho comunicato che ci sarei stato anche io.
Ci incontriamo alle 9.30 al bar a Monte Livata. Saluti e colazione sono d’obbligo, poi si parte per questa nuova avventura. Arriviamo al parcheggio, stavolta non andiamo sotto casa di Maurizio come le volte scorse, prendiamo per un altro sentiero. La strada di avvicinamento sara’ minore. Iniziamo a prepararci. Neve ce n’e’ poca, sole in abbondanza e anche un discreto gelo ci tengono compagnia mentre ci prepariamo. C’e’ parecchio materiale da portare ma riusciamo a compattare tutto in uno zaino a testa, a me capita in dote la corda da 75m che speriamo vivamente non basti per armare i nuovi ambienti che troveremo.
Si parte, io vado lento lento nella vana speranza di non sudare.
In effetti la strada e’ piu’ breve, o comunque con minor salita rispetto all’avvicinamento lato “Maurizio”. Dopo un paio di salitelle da nulla eccoci in vista della grotta. La vista da questo punto e’ sempre fantastica.
Un selfie con Cristian ci voleva!
Strada facendo abbiamo maturato un piano d’azione. Valerio e Fabrizio andranno avanti in zona operazioni ed inizieranno a scavare. Cristian ed io, per Cristian e’ la prima visita alla grotta, andremo a vedere possibili prosecuzioni nel ramo parallelo. Porteremo con noi la corda da 75m nel caso fosse stato disarmato l’ultimo pozzo. Mentre la squadra di punta entra, io finisco di prepararmi indossando l’imbrago ed il resto della attrezzatura. Passa un tempo congruo affinche’ i nostri amici siano oltre la zona a pericolo sassi. Entriamo a nostra volta. Nella prima saletta trovo che i messaggi che la popolano sono aumentati. Questo nuovo suona come un monito che non invoglia a proseguire…pero’, mi dico, in fondo gli speleologi sono un poco creature delle tenebre visto che anche se non ci abitano, sicuramente sono abituali frequentatori delle grotte. Mi rincuoro e mi sistemo per aspettare Cristian.
Eccolo che scende il primo pozzetto.
Questo e’ il solito cartello anti-pipa, ce ne sono anche altri con piu’ “p”, ma ve li risparmio!
Abbandoniamo la prima saletta infilandoci nel saltino successivo. Al frazionamento a tetto noi lasciamo la strada che porta al cantiere lavori dove sono Valerio e Fabrizio e proseguiamo in piano per alcuni metri in una zona molto concrezionata ed alquanto umida. Faccio gli onori di casa andando avanti mostrando a Cristian la strada e raccontandogli cosa troveremo piu’ avanti.
Quando Cristian mi raggiunge ci spostiamo a sinistra dove c’e’ una zona che non ho ancora visto.
C’e’ un punto stretto e dietro si intravede un ambiente, sarebbe simpatico andare a darci una occhiata. Io ho visto che non ci passo. Convinco Cristian a fare un tentativo ma anche lui non ce la fa. Riesce comunque a vedere che molto probabilmente non ci sono prosecuzioni. Guardando in basso, Cristian illumina una zona di cui non mi ero accorto, vedo la sua luce da uno stretto pertugio circa un metro sotto di lui. Vado ad affacciarmi speranzoso. Non c’e’ speranza che io passi, ma riesco ad affacciarmi ed illuminare una minuscola sala immacolata ed intensamente concrezionata. Decidiamo di lasciarla intoccata e di proseguire. Non entriamo nella sala ma in compenso troviamo un passaggio che sembra essere un comodo bypass per evitare il saltino bagnatissimo che ci separava dalla prosecuzione della grotta. Vado avanti a vedere, in effetti si arriva alla base del saltino bagnato senza bisogno di corde, mi affaccio avanti, il pozzo successivo e’ armato, ed e’ quel che ci basta. Urlo a Cristian che puo’ raggiungermi passando dove sono passato io e che puo’ lasciare gli zaini su, li recupereremo al ritorno.
Scendiamo il primo, breve tratto del pozzo. Alla cengia ci soffermiamo parecchio a scrutare intorno in cerca di finestre o altre possibili prosecuzioni. Ci sarebbero un paio di punti che potrebbero dare una tenue speranza ma servirebbe l’attrezzatura per armare e noi non l’abbiamo. Continuiamo la discesa. Arrivo sulla cengia di Claudia e Pamela, quella dove Claudia qualche tempo fa si e’ presa un sasso sulla mano, per fortuna senza gravi conseguenze. Attrezzo una sosta col fido cordino in kevlar e urlo la libera a Cristian che mi raggiunge svelto. Poco piu’ sotto c’e’ la minuscola finestrella che volevo vedere. Quando Cristian arriva e libera la corda, mi ci assicuro e mi sporgo per vedere. Non e’ un granche’ di finestra, e’ proprio stretta. Cristian va a sua volta a dare una occhiata, non gli sembra promettente. In ogni caso per arrivarci serve armare degli attacchi quindi non sara’ una cosa che faremo oggi.
Risaliamo. Quando arriviamo di nuovo dove avevamo abbandonato gli zaini ci prepariamo per un nuovo lavoro. Scendendo a raggiungere Valerio e Fabrizio, faremo il rilievo. Visto che io dovro’ armeggiare con gli strumenti mollo il mio zaino con la pesantissima corda da 75m al povero Cristian che si sorbira’ la discesa con 2 zaini. Ritorniamo all’attacco a tetto dove le corde si diramano e prendiamo a scendere verso l’altro pozzo parallelo. Ci metto un poco per iniziare ad impostare il lavoro sul Topodroid ma poi vado via abbastanza spedito. Mentre prendo i punti, continuo a fare gli onori di casa spiegando la grotta a Cristian. Eccoci arrivati alla saletta successiva, quella dove e’ stato fatto il lavoro che ha dato accesso ai bei pozzi che scenderemo a breve.
Alla partenza del pozzo, dentro una nicchia, troviamo un simpatico presepe. Avevo sentito Maurizio parlarne ma non avevo capito dove fosse. Complimenti, ottimo lavoro!
Dopo la saletta del presepe scendiamo il pozzo da 30 e poi quello da 70. Alla partenza del pozzo da 70 Cristian non ce la piu’ a starmi dietro senza fare nulla mentre io armeggio tra DistoX e Topodroid. Inizia a sentire freddo e poi vuole andare a vedere come procedono i lavori giu’ di sotto. Gli dico di andare avanti, tra l’altro mi serve una mano a “tenere” i punti dei capisaldi nel lungo pozzo. Scende al primo frazionamento, ma e’ troppo in basso, non riesce ad indicarmi un punto utile dove mirare il laser per prendere il punto. Mi arrangio prendendo un punto intermedio e gli urlo di andare avanti. Scendo anche io fino al punto di rilievo che ho preso. Quando ci arrivo guardo in basso a cercare il frazionamento, lo trovo, pero’…non c’e’ la corda attaccata! Rimango un attimo interdetto poi, visto che Cristian e’ sceso fino alla base del pozzo, deduco che la corda deve essere da qualche altra parte. Seguo la corda che esce dal mio discensore, cade sotto di me. Mi sporgo a guardare. Hanno messo in opera un nuovo frazionamento, piu’ in basso rispetto al precedente e piu’ in linea con la verticale del pozzo. Non mi piace tanto come soluzione, visto che ogni tanto cade qualche sasso dall’alto, preferivo il frazionamento spostato dalla verticale, pero’ ci sara’ stato qualche valido motivo per cambiare. Prendo il punto successivo fino al frazionamento e poi mi sposto anche io a raggiungerlo. Ora devo decidere se prendere altri punti intermedi o “sparare” un punto unico fino alla base del pozzo. I punti intermedi li devo escludere come soluzione perche’ la corda e’ distante dalla parete e non potrei poi continuare col punto successivo. Per arrivare alla base del pozzo con un punto unico ho bisogno di un aiuto. Urlo a gran voce per richiamare l’attenzione di Cristian. Faccio appena in tempo a farlo tornare indietro prima che scenda a raggiungere gli scavatori. Anche con il suo aiuto non e’ semplice prendere il punto, non si riesce a comprendersi molto ed inoltre la mia posizione non e’ delle piu’ comode. Alla fine “sparo” il laser nel punto in cui vedo la sua luce sperando di aver capito bene. La discesa del lungo tratto di corda e’ semplice e piacevole come al solito, il ritorno lo sara’ molto meno ma cerco di non pensarci. Alla base del pozzo trovo Cristian che aspetta per indicarmi il punto dove ho mirato. E’ sul pavimento, non troppo comodo, dovro’ prendere un punto intermedio “di servizio” per rimediare. Cristian mi saluta, va a raggiungere Valerio e Fabrizio. Io mi metto comodo a importare i punti dal DistoX al Topodroid. Quando vado a vedere il disegno della grotta per aggiornarlo trovo un caos! Sull’ultimo tratto di pozzo, quello lungo, non sono riuscito a prendere i 3 punti uguali che permettono al Topodroid di riconoscere automaticamente un caposaldo ed ora al posto del rilievo che mi aspettavo ho un ghirigoro strano. Rimango qualche minuto a studiare i punti cercando il bandolo della matassa, ritrovo i punti malandrini. La numerazione dei capisaldi e’ completamente sballata ma con un po’ di pazienza sistemo tutto, posso proseguire. Da sotto sento le urla dei miei amici che iniziano a pensare che mi sia perso, o altro. Passo svelto il tratto di meandro stretto e urlo loro di rimando che sto arrivando. Sul pozzo da 30m che porta al fondo che conosco, lo stillicidio e’ intenso, sara’ una uscita molto bagnata. Finisco di prendere i punti di rilievo fino a quello che gia’ ottimisticamente penso come “vecchio fondo”. I miei amici sono scomparsi piu’ avanti nel meandrino “budelloso” che hanno allargato, sembra che qualche metro piu’ avanti ci sia un ambiente vivibile per 2 o 3 persone. La zona di lavoro e’ ancora piu’ avanti. Prima di proseguire mi cerco un posticino asciutto dove sistemare il rilievo. Fatto quel che devo, rivolgo la mia attenzione al meandro che mi separa dagli altri, ve lo presento.
Faccio un primo tentativo con Cristian che mi fa assistenza ma per me e’ troppo stretto nel punto finale. Devo provare senza imbrago. Torno indietro ad alleggerirmi. Fabrizio nel frattempo torna dalla zona operazioni e mi chiede il piacere di portargli i viveri che ha lasciato nella sala dove sono io. Recupero il tutto e glielo passo. Ritorno fuori, la richiesta di Fabrizio mi ha ricordato che anche io ho un certo languorino. Mangio un po’ di frutta secca tanto per placare lo stomaco. Finisco poi di sistemare le mie cose, prendo il caposaldo successivo col DistoX poi tento nuovamente il passaggio. Ora va meglio, passo quasi facilmente. Siamo di nuovo tutti assieme! Ho portato con me solo la fotocamera ed il DistoX. Per prima cosa prendo qualche foto dei miei amici. La prima a Fabrizio mentre sta facendo il meritato spuntino.
Dall’altra parte Cristian e dietro Valerio con tanto di mascherina. La piccola sala e’ molto nebbiosa, alle mie spalle e’ stato sistemato un telo termico per schermare una cascatella d’acqua e impedire che l’acqua ci cada addosso. Il posto e’ quasi accogliente, peccato per il nebbione, avanzo il dubbio che possa essere un segnale negativo ma i miei amici sono sicuri di no, il loro responso e’ che sicuramente l’aria passa ad un altro livello della alta frattura che forma la grotta e non in questo punto dove siamo posizionati noi a scavare. Preferisco nettamente la loro versione.
Fabrizio termina lo spuntino e riparte a lavorare di scavo con Valerio, prima che vada gli chiedo se abbiamo la mazzetta, vorrei smussare qualche punto della strettoia che ho da poco passato, purtroppo pare sia rimasta sotterrata tra i sassi in zona scavi. Chiedo l’ora a Cristian, sono le 3 e mezzo del pomeriggio, e’ volato il tempo, ma ancora ce n’e’. Cristian va avanti a vedere come procedono i lavori, io mi sistemo per un attimo di relax. Quando, tempo dopo, torna indietro, mi sento abbastanza ritemprato e motivato ad andare a curiosare anche io. Visto che vado ne approfitto per prendere i punti di rilievo fino alla zona lavori. Il meandro continua stretto per parecchi metri. In molti punti vedo i segni di scavo. Sono sinceramente ammirato, e’ stato fatto un grande lavoro, “complimenti ragazzi”, faccio dentro di me. Il nebbione e’ sempre fitto fitto. Arrivo ad un paio di metri dalla zona in fase di scavo poi devo fermarmi perche’ ci sono Valerio e Fabrizio e non c’e’ fisicamente spazio per altri. Ascolto con piacere il rimbombo delle loro grida lanciate oltre il punto che stanno allargando. Dopo questo ultimo ostacolo ci deve essere un ambiente molto grande. Per ora bisogna accontentarsi di immaginarlo, si vede proprio nulla.
Torno indietro alla saletta. L’attesa dura poco, Fabrizio e Valerio tornano indietro per fare il punto della situazione. A loro parere il lavoro di scavo e’ quasi terminato, servirebbe la “roba” d’armo. Facciamo un rapido controllo di quel che abbiamo, sembra proprio che abbiamo dimenticato i fix in macchina! Valerio ne ha 1 nel suo “bogolo” (contenitore stagno). Bisogna risolvere! Valerio si offre volontario, uscira’ fuori alle macchine, prendera’ i fix e tornera’ a portarceli. Io mi sento stanco solo a pensarci, pero’ a lui non sembra pesare piu’ di tanto. Lo vediamo partire e poi cerchiamo di organizzarci. Fabrizio riparte per riprendere gli scavi, quelli di rifinitura. Cristian va a fargli da assistente, io mi riposo. Dopo il riposo, quando il freddo inizia a fare presa, anche io sono pronto ed ansioso di darmi da fare. Prendo il posto di Cristian e assisto Fabrizio mentre scava. Quando finiamo gli scavi decidiamo di piantare l’unico fix che abbiamo con l’unico attacco trovato finora, un “anellone” Top13. Mentre noi operiamo, Cristian si incarica della ricerca degli altri attacchi. Non avendo la mazzetta piantiamo il fix con un sasso. Purtroppo pero’ la filettatura si rovina e una volta piantato il fix non riusciamo a togliere il dado. Cristian torna a mani vuote, ha trovato nulla. In compenso Valerio e’ tornato coi fix ed una notizia non buona, mentre era fuori ha chiamato a casa, lo stanno cercando per un lavoro urgente e deve andare. Consegna i fix e riparte, lo salutiamo con un poco di tristezza per lui. Ora abbiamo i fix ma non gli attacchi. Chiediamo a Cristian un altro sforzo, tornare indietro al “vecchio fondo” e recuperare alcuni attacchi di servizio non piu’ utilizzati. Nel frattempo noi continuiamo ad imperversare sul fix per convincerlo a fare il suo mestiere. Siamo piu’ testardi di lui e, prova e riprova, ne abbiamo ragione e riusciamo a sistemare il nostro Top13. Cristian ritorna smoccolando, gli attacchi da recuperare li ha trovati ma non e’ riuscito a togliere il dado, un problema simile al nostro ma senza lieto fine. Ha perso tempo e fatica per nulla ed e’ giustamente contrariato. Per il momento c’e’ poco altro da fare, dobbiamo recuperare l’attrezzatura e vedere se si riesce a passare oltre. Tornando indietro indugio a guardare tra i sassi per cercare la mazzetta, niente, non la trovo…Ho quasi lasciato perdere quando intravedo un sasso tondeggiante che sembra…di legno! Guardo meglio, il nebbione fa brutti scherzi. No, e’ proprio legno! E’ il manico della mazzetta. Schiacciato tra la roccia come una piadina cerco la posizione giusta per spostare qualche sasso, sbuffo e ansimo qualche minuto ma ci riesco, ho trovato la mazzetta! Me ne torno indietro gongolante con il tesoro ritrovato. Per prima cosa, con l’aiuto di Cristian vado a smussare qualche pietra aguzza nella strettoia che precede la saletta dove siamo. Recuperiamo pochi centimetri, ma sono quelli che bastano ad agevolare notevolmente il passaggio. Che soddisfazione! Mentre Fabrizio si prende qualche momento di meritato riposo, Cristian ed io andiamo a lavorare di mazzetta il passaggio che hanno appena creato i nostri prodi scavatori. Facciamo un buon lavoro togliendo anche qua qualche centimetro “vitale”. Riesco addirittura ad intrufolarmi dentro e arrivare sulla cengia che affaccia su quello che sembra un ampio pozzo. Con Cristian poi buttiamo giu’ un mucchio di sassi rendendo il transito del meandro meno faticoso. Finito il nostro lavoro, e’ ora di andare avanti. Torniamo al “vecchio fondo” e recuperiamo le attrezzature, le indossiamo, poi torniamo indietro. In effetti ora il passaggio nel meandro e’ quasi agevole. Come e’ giusto che sia, Fabrizio, in qualita’ di scavatore, va avanti per primo. Quando siamo sulla cengia la nebbia sembra essersi diradata, ora si vede qualcosa, siamo su un pozzo tondo, profondo una ventina di metri, con un diametro di 5 o 6 metri. Possiamo proseguire. L’unico problema che abbiamo e’; come armiamo? Fatto un rapido censimento di quel che abbiamo, la decisione e’ facile da prendere. Col trapano facciamo dei buchi passanti nella roccia e poi ci passiamo dentro il cordino facendo un paio di anelli.
Un moschettone conclude l’opera, Fabrizio parte per l’esplorazione!
Ecco il nuovo pozzo.
Scendo anche io mentre Cristian ci raggiunge lungo il meandro teatro dei lavori di scavo. Alla base del pozzo ci sono gli innumerevoli sassi che abbiamo buttato giu’, davanti a noi la frattura prosegue con un altro salto di meno di 10 metri. Proprio in mezzo al salto cade dall’alto una cospicua quantita’ d’acqua. Ci sara’ da bagnarsi ulteriormente. Iniziamo l’analisi del nuovo salto, serve armarlo. Arriva Cristian, stavolta lasciamo a lui l’onore di attrezzare il salto. Inizia a fare un nuovo foro passante dove infilare il suo cordino, l’ultimo rimasto. Purtroppo il trapano ha la batteria finita e ci molla sul piu’ bello, mancano un paio di centimetri a completare il foro. Mettiamo a riposare il trapano per qualche minuto mentre facciamo ipotesi sulle possibili prosecuzioni. Nulla da fare la batteria e’ troppo scarica. Stavolta e’ il mio turno, mi offro volontario per andare a recuperare la mazzetta ed una delle altre batterie del trapano. Salgo con piacere, stavo iniziando a sentire di nuovo freddo. Recupero la mazzetta, la metto nello zaino e calo quest ultimo ai miei amici. Vado poi nel meandro, recupero una delle batterie semi-scariche e torno indietro a calare anche lei. Rimango sopra, dubbioso se scendere di nuovo. Appena rimettono in azione il trapano, pochi giri ed il buco e’ terminato. Sento le urla di gioia dei miei amici. Si puo’ proseguire, urlano per incitarmi a scendere. Mi convinco e li raggiungo. Cristian inizia a scendere, serve un altro attacco, ce n’e’ uno naturale. Per fortuna ho ancora il mio anello di corda porta-oggetti, glielo cedo volentieri. Ora Cristian puo’ togliersi da sotto la doccia e scendere. Fabrizio lo segue veloce, poi vado pure io. Alla base del saltino arriva una bella doccia, mi sbrigo a liberarmi dalla corda per spostarmi avanti lungo la frattura. Fabrizio ha sceso in arrampicata un saltino di 1 metro, Cristian lo sta seguendo. Porto avanti la corda, la fida 75, e la sistemo alla meno peggio per aiutarli nel risalire. Decido di non scendere poiche’ sembra che dopo un altro metro in avanti la frattura restringe di nuovo. Si dovra’ riprendere lo scavo. Non voglio vederlo, cosi’ mi rimarra’ la curiosita’ e la voglia di tornare! Dopo aver scattato una nebbiosa foto al nuovo fondo, inizio a risalire il saltino con doccia per riprendere la via del ritorno. Ho chiesto l’ora a Cristian e rimango basito, sono le 8 e mezza di sera. E’ letteralmente volato il tempo!
Alla base del pozzo da 20 metri compongo lo zaino con il trapano, le batterie e la mazzetta. Sopra al pozzo mi fermo ad attendere la risalita di Cristian. Inganno l’attesa fotografando il fango a “pelle di leopardo” ma in formato molto piccolo. Ripenso alla mirabile spiegazione data giorni fa da Fabio su questa particolare formazione, ci ho capito poco, ma ora guardo questo fango con molta piu’ ammirazione!
Ecco che risale Cristian.
Arrivato. Anche lui e’ bagnato fradicio dopo l’armo del saltino sotto la doccia.
Passo la strettoia allargata oggi e aspetto per il passaggio del materiale. Fabrizio e’ indietro a recuperare la 75, la riportera’ alla partenza in attesa di un armo piu’ consono.
Strada facendo carico lo zaino con le restanti 2 batterie del trapano, il bogolo di Valerio e qualche altro ammennicolo. Frugando in uno zaino trovo la sacca d’armo e dentro ci trovo gli attacchi dispersi. Un ritrovamento fatto un pochino in ritardo, utile, ma per la prossima volta! La strettoia che mi aveva impedito il passaggio all’andata ora la passo con tutta l’attrezzatura senza troppe difficolta’. Il lavoro di mazzetta e’ stato proficuo. Lo zaino ora e’ ingombrante e molto pesante ma riesco a trascinarmelo avanti anche se smoccolando un poco. Cristian e’ sempre dietro di me, porta 2 zaini ma uno e’ vuoto, torno indietro a prendere quello vuoto ma lo lascio a tribolare da solo con quello pieno. Aggiusto lo zaino togliendo la mazzetta che non ha senso portare fuori. Tolgo anche i fix e gli attacchi finalmente riuniti e li lascio bene in vista. Cristian si affaccia nella sala mentre inizio a risalire il 30, sempre sotto un discreto stillicidio.
Al primo frazionamento mi arrendo, lo zaino e’ troppo pesante per le mie scarse forze residue. Urlo la cosa ai miei amici. Dopo brevi ma intense contrattazioni mollo a Cristian il bogolo di Valerio con 2 batterie dentro. Ora la faccenda e’ decisamente migliore. Il pozzo da 70m e’ una bella prova, dico solo che riesco ad apprezzare le gocce d’acqua che mi atterrano sulla faccia dandomi una temporanea sensazione di frescura. Visto il nuovo frazionamento in linea abbiamo deciso di dare la libera solo arrivati alla partenza del pozzo, cosa che faccio. Attendo Cristian alla partenza del pozzo, per riprendere fiato e temperatura. Quando lo vedo brillare nell’ultimo tratto mi accorgo che sto iniziando a sentire di nuovo freddo. Aspetto di vederlo nelle vicinanze per potergli chiedere di recuperare il mio cordino, poi parto per il pozzo successivo, oramai siamo quasi fuori.
Sono sopra al pozzo da 20, praticamente fuori dal pozzo, devo solo tirare su il sacco che ho appeso al baricentrico. Mentre lo sollevo sento il tonfo tremendo di qualcosa di pesante che casca e le urla di Cristian. Subito mi torna alla mente la caduta del trapano di Peppe al Vorgozzino, possibile che io ne abbia combinata un’altra? Rimango impietrito cercando di capire. Anche Fabrizio da sotto, e’ nella seconda meta’ del pozzo da 70, urla chiedendo spiegazioni, giustamente preoccupato. Cristian si calma e ci spiega, voleva bere, tirando fuori la bottiglia dallo zaino ha estratto anche il bogolo di Valerio. Questo non ha trovato di meglio da fare che rotolare verso la marmitta e cadervi dentro con gran fracasso. Dopo le spiegazioni di Cristian, d’istinto tiro un sospiro di sollievo, stavolta c’entro nulla! Subito dopo subentra il dispiacere per l’inconveniente e la partecipazione al rammarico di Cristian. Per ora non c’e’ modo di recuperare il bogolo, pero’ sembra non abbia sofferto per la caduta, e’ stagno ed il suo contenuto non dovrebbe soffrire troppo la permanenza in grotta fino alla prossima uscita. Ce ne facciamo una ragione e proseguiamo.
La luce di Cristian che fa capolino dal pozzo. Ed ecco Cristian in tutto il suo splendore, nel frattempo Fabrizio e’ arrivato alla partenza del 70. Da questo punto in poi Cristian ed io proseguiamo ravvicinati per evitare che i sassi che possono cascare negli ultimi tratti di grotta possano prendere velocita’ e diventare pericolosi.
Nella saletta iniziale mi fermo ad aspettare ed inganno il tempo importunando uno dei ragni che riposa nella sala.
Ecco di nuovo Cristian mentre combatte con l’ultimo passaggio fetente della grotta, ci vogliono un paio di volte per prendergli le misure e passarlo senza troppa fatica.
Un’ultima foto ad una minuscola stalattite con goccia poi e’ l’ora di uscire a riveder le stelle. Affronto l’ultima breve risalita e sono fuori.
Subito vengo aggredito da un gelo intenso e da un profumo di fuoco di legna. Urlo la libera a Cristian che comunque deve attendere l’arrivo di Fabrizio nella sala prima di proseguire. Nella gelida attesa vado alla ricerca della fonte dell’odore di legna bruciata. E’ una ricerca facile, il grosso focolare accanto all’ingresso mostra i segni di un fuoco in via di spegnimento. Sotto le ceneri covano ancora delle braci ben calde. Sono un misero ma comunque apprezzabile ristoro. Raccolgo qualche foglia, avvicino i mozziconi dei legni che pendono ai lati del focolare e riesco a far riprendere la fiamma. Cristian nel frattempo esce e si unisce a me nel riattizzare del fuoco. Il freddo morde, ma il fuoco da’ una parvenza di calore che e’ meglio di nulla. Esce anche Fabrizio, ci informa che il fuoco e’ stato acceso sicuramente da Nerone, e’ infatti sua abitudine venire all’ingresso della grotta quando sa che c’e’ qualcuno dentro. Fabrizio sistema la copertura all’ingresso della grotta poi finalmente partiamo alla volta delle macchine. Il nostro fuoco di foglie e’ durato il tempo di pochi secondi, lo saluto senza rimpianti, alla macchina mi aspettano dei bei vestiti asciutti e caldi. Tra una cosa e l’altra abbiamo fatto le 11. A casa Betta stara’ rodendosi il fegato dall’ansia, mi son dimenticato di avvertirla che avremmo potuto fare particolarmente tardi. Una telefonata risolve la cosa, pero’ non mi sento di fare ancora piu’ tardi seguendo Fabrizio e Cristian al ristorante dove li attende Valerio per la cena. Stavolta faro’ rinuncia alle fettuccine, la giornata e’ stata gia’ abbastanza piena di soddisfazioni ed emozioni. Termino ora questa lunga relazione risparmiandovi almeno il viaggio di ritorno! Come sempre, alla prossima.