Allegra, numerosa e proficua uscita all’Erebus. Abbiamo fatto esplorazione del nuovo tratto di grotta utilizzando il supporto delle radio. Una squadra decisa e compatta formata da Carla, Federica, Matilde, Vincenzina, Fabrizio, Filippo, Giuseppe, Matteo, Maurizio, Simone ed io.
Questa uscita l’abbiamo preparata a lungo ed e’ “costata” lo scambio di migliaia di messaggi per metterci tutti d’accordo e per racimolare il materiale necessario. Un grazie a Claudio per averci prestato il proprio pur non potendo venire! Fabrizio, il nostro radiologo di fiducia, ha provveduto in autonomia a tutta la faccenda radiologica ed ha trovato anche il tempo per apportare miglioramenti alle sue apparecchiature. Il resto del materiale e’ venuto, parte dei gruppi, parte da quello personale un po’ di tutti. Alla fine, quando il sabato precedente la nostra uscita volgeva al termine, ci scambiavamo gli ultimi messaggi al momento della composizione degli zaini. Soprattutto io cercavo aiuto per scoprire cosa stessi scordando mentre per l’ultima volta rifacevo mentalmente la lista del materiale necessario e di quello preso. Nonostante una certa aspettativa per l’uscita, riesco a dormire sodo fino alle 7 per poi prepararmi e andare a consumare la consueta colazione “familiare” al bar vicino casa. Rientriamo che mancano pochi minuti alle 8, orario in cui ho appuntamento sotto casa con Maurizio, Federica e Vincenzina. Anche questa volta e’ l’ottimo Maurizio a fornirci di un passaggio con la sua macchina. Lo attendo al varco davanti casa e lo fermo per caricare il mio immane zaino. Maurizio ha gia’ recuperato Federica, Vincenzina arriva col suo fido motorino con appena un paio di minuti di ritardo. Quando siamo tutti e 4, partiamo alla volta del bar “bello” di Settebagni per consumare la colazione “di gruppo”. Svolgiamo questo compito rapidi e decisi per poi ripartire per l’ultima tappa, abbiamo appuntamento col resto della banda alle 9, a S. Oreste. Arriviamo con 5 minuti di ritardo e troviamo che sono arrivati quasi tutti. Manca solo Matilde. Mentre la aspettiamo andiamo a prendere qualcosa al bar ’41, un buon caffe’ ci sta tutto per stemperare la temperatura esterna. Arriva anche l’uragano Matilde portando la solita ventata di allegria.
Una carrellata di foto della nostra invasione del bar. In primo piano Simone un po’ rattrappito dal freddo e Maurizio che degusta il caffe’. Qui, partendo da destra abbiamo Filippo, Carla ed il nostro radiologo, Fabrizio
E ancora, Matteo, lo strettoista della nostra allegra compagnia. Al bancone c’e’ Matilde che tenta di mantenere sveglia Vincenzina, ripresa di spalle.
Torniamo con calma alle macchine facendo una rapida incursione alla pizzeria, alcuni per approvvigionamento, altri, come me, per un goloso spuntino. Ora siamo tutti, siamo “caffettati” e “pizzati” a dovere, urlo al gruppo che e’ ora di andare altrimenti si rischia di uscire tardissimo. Pian pianino i capannelli spontanei di chiacchiera si disfano ed entriamo in azione. Spostiamo tutta l’impressionante mole di bagagli nelle 2 macchine deputate a salire, ci inzeppiamo anche noi dentro e partiamo. Quando arriviamo al solito parcheggio troviamo il pienone di auto. Si sente rumore di qualche macchinario, staranno facendo lavori all’eremo. L’aria e’ sempre pizzicante, ci cambiamo svelti ed iniziamo a verificare il materiale che dobbiamo portare, non puo’ mancare una bella foto in posa modello “Charlie’s Angels”, decidete voi chi siano gli angeli!
Tutti pronti? Ancora una foto e partiamo. Abbiamo zaini in abbondanza per tutti, Federica e Carla non lo sanno e quindi sono ancora sorridenti!
Arrivati in vetta incontriamo un gruppo di scout, approfittiamo di uno di loro per farci scattare qualche foto.
Eccoci visti piu’ da vicino, tanti, decisi e cattivi!
La passeggiata fino all’ingresso e’ poi questione di poco. Appena arrivati, il nostro radiologo inizia a sistemare il campo per ospitare tutti i marchingegni necessari alle trasmissioni, via radio e via telefono. Matteo posa per una foto accanto all’apparecchio per telefonare. Vuole utilizzare quanto inventato da Fabrizio per produrre delle pubblicazioni scientifiche che, dice, sicuramente gli varranno il nobel. Quindi questa e’ destinata a diventare una foto storica!
Giuseppe, molto piu’ pratico, si scalda utilizzando uno zaino come punching-ball
Vincenzina e Matilde, piu’ pacificamente, si scaldano con un abbraccio ed un sorriso
Iniziamo ad andare. Come e’ oramai tradizione per primo parte Simone per l’armo. Filippo e Matteo lo seguono per portare il necessario e dargli una mano. Carla si cala dopo di loro.
Segue un agguerritissimo Maurizio
Subito dopo parte Federica con il mandato di controllarlo affinche’ non si metta nei guai!
Nel frattempo le operazioni di allestimento della sala radio proseguono senza sosta.
Dopo le verifiche che tutto l’apparato per le radio funzioni a dovere Fabrizio ci fa un ultimo spiegone sulle modifiche che ha fatto alle apparecchiature dall’ultima volta e quindi un rapido ripasso sull’utilizzo di radio e del telefono. Ci annotiamo sul taccuino da rilievo un paio di numeri di cellulare che proveremo a chiamare una volta sul fondo. Dopo gli ultimissimi preparativi il buon Fabrizio ci consegna il nuovissimo zaino con dentro filato il cavo che dovremo stendere. E’ un nuovo tipo di cavo, molto piu’ sottile del precedente (per chi ha seguito l’evoluzione di questo metodo, siamo partiti un paio d’anni fa alla grotta del Pretaro con un cavo da 6,5 mm, la volta precedente all’Erebus con un cavo da 5 mm, oggi utilizzeremo un cavo da soli 3,5 mm) . Infatti nello zaino ce ne entrano comodamente ben 200 metri con un peso veramente irrisorio. Oggi verificheremo sul campo se anche questo cavo ha caratteristiche adatte all’utilizzo con la tecnologia sviluppata da Fabrizio. Molto cavallerescamente affibbio il compito di stendere il cavo a Matilde e Vincenzina. Per l’appunto ecco Matilde che parte con il sacco al seguito.
Un primo test delle radio e’ doveroso.
Si prepara a partire anche Vincenzina, a lei il delicato compito di portare il DistoX fino al fondo, io rischierei di frantumarlo. Giuseppe ancora aspetta paziente.
Eccola che scende, oramai l’Erebus e’ la sua seconda casa.
L’UTE (Ufficio Telecomunicazioni Erebus) con le sue apparecchiature pronte ed il suo responsabile in trepida attesa di poter sovraintendere alle comunicazioni ipogee.
Inizio a scendere anche io, Giuseppe si prepara, chiudera’ la fila.
In un men che non si dica arriviamo alla seconda, comoda, strettoia passando il cavo. Tutto funziona regolarmente. Cerco di fare una foto di gruppo in un attimo di sosta, si vede solo Matilde ma penso possa bastare.
Svicolo saltando la fila e scendo il pozzo successivo andando ad incontrare di nuovo Carla che attende il suo turno per proseguire.
E’ Federica o non e’ Federica? Ma si che e’ Federica!
Tanto per farla complicata dico a Matilde di passare il cavo nei pertugi piu’ impraticabili, devo dire che si districa velocemente e senza problemi. Eccola che fa capolino per passare il cavo dove le indico, lontano da dove potremmo calpestarlo malamente.
Simone, Filippo e Matteo stanno iniziando ad armare l’ultimo pozzo. Noi siamo ancora un poco indietro rispetto a loro ma c’e’ da prendersi un momento di calma per non ammucchiarci tutti nello stesso posto. Un Maurizio in un momento di particolare splendore, una foto se la merita proprio.
Ancora Matilde che sistema il cavo in un punto impervio.
Blocco Vincenzina per rubarle una posa.
Dietro Vincenzina compare Matteo, forse stanco di stare avanti e’ tornato nelle retrovie.
Avanziamo lenti ma costanti. Matilde con una meravigliosa sacca d’armo in evidenza (e’ la mia!) posa alla base del saltino prima dell’ultimo pozzo.
Federica ci rimprovera perche’ non abbiamo armato un passaggio un poco esposto. Rimediamo alla buona, mi incastro tra lei ed il possibile pericolo. Ora siamo tutti alla partenza dell’ultimo pozzo.
Faccio in tempo in tempo a fotografare Carla mentre scende.
Ecco ancora Carla impegnata nella discesa.
Mentre scendo anche io sento i ragazzi che ci precedono che si preparano a passare la strettoia. In particolare Filippo si cimenta, ma ha ancora indosso l’attrezzatura e deve abbandonare. Quando arrivo nei pressi della strettoia tutta la mia pazienza svanisce, non vedo l’ora di passare. Mi costringo ad aspettare Matteo perche’ passi per primo e faccia assistenza agli altri. Nel frattempo mi libero di tutta l’attrezzatura e mi tolgo l’imbrago. Completo la svestizione cedendo la fotocamera a Matilde e Filippo. C’e’ ancora da aspettare un momento, faccio uno spuntino e bevo un goccio di sbobba. Con Filippo facciamo un rapido inventario delle attrezzature, di chi portera’ cosa e quello che ci fara’ a breve. Mi sembra tutto a posto. Per Matteo, quando arriva, il passaggio e’ di una facilita’ disarmante, lo vedo sgusciare dall’altra parte con una punta d’invidia perche’ per lui il passaggio e’ addirittura largo. Mi preparo mentalmente e poi mi infilo a mia volta. Matilde ha preso saldamente possesso della fotocamera e mi riprende in una lunga sequenza di foto per tutto il passaggio. Ve le mostro.
La preparazione “spirituale”, il tempo di una foto. Fino a questo punto nessuna difficolta’, ora bisogna trovare la giusta posizione, sistemare le braccia e trovare gli appigli.
La posizione c’e’, chiudo gli occhi per evitare di tirarmi “polvere di stalattite” negli occhi.
Anche gli appigli li trovo, Matteo mi da’ indicazioni.
Questo e’ il punto critico, c’e’ da trattenere un poco il fiato e comprimere il trace, ma nulla di particolarmente fastidioso.
Sono praticamente passato, se possibile il passaggio mi e’ sembrato molto piu’ semplice della volta scorsa.
Risollevo il busto e cerco appoggio per i piedi, sono ufficialmente in zona di esplorazione!
Segue qualche minuto di attivita’ concitata. Grazie all’assistenza di Filippo, sia Matteo che io recuperiamo le attrezzature. Arriva anche la mazzetta e quindi il trapano, la sacca d’armo e le corde.
Il buon Filippo mentre fa avanti ed indietro per passarci il materiale. Matilde imperversa con la fotocamera!
Ancora passaggio materiali, in primo piano ci sono i piedi di Filippo, sul fondo Matteo che recupera quanto viene passato.
Da questo momento in poi ci sono 2 filoni separati di eventi, uno prima della strettoia documentato con le foto di Matilde e l’altro, dopo la strettoia, che vi racconto a parole tra pochissimo. Ci siamo organizzati cosi’, mentre io sarei andato avanti ad armare, Matteo e Filippo sarebbero rimasti a lavorare alla strettoia con l’intento di allargarla quanto basta per passare tenendo indosso l’imbrago. Detto questo, eccoci alle foto. Filippo durante uno spuntino, probabilmente in una pausa durante lo scavo congiunto con Matteo.
Giuseppe sullo sfondo e Simone quasi di spalle
Filippo mentre scava e Simone, ancora di spalle, che documenta.
Carla attende paziente
Vincenzina sorride per nascondere l’impazienza di passare oltre la strettoia.
Finalmente simone!
E un selfie di Matilde che assolutamente non poteva mancare.
Ma cosa succede dall’altra parte? Mentre Matteo inizia la sua collaborazione di lavoro con Filippo, mi infilo nuovamente l’imbrago e sistemo l’attrezzatura. Mi approprio della sacca d’armo, del trapano, degli attacchi e delle corde. Sembro un attaccapanni. Approfittando della collaborazione di Matteo metto il primo fix proprio alla partenza del pozzo, al centro della frattura. Sistemo la corda e scendo pulendo la via da sassi pericolanti. Arrivo nel primo ambiente dopo una decina di metri. Sono sopra il buco di circa 2 metri di diametro da cui ci si immette nella seconda parte della discesa. Mi fermo sopra il buco a mettere un altro fix e poi proseguo. Scendo, spostandosi lateralmente sulla sinistra si aggira un sassone piatto (da togliere o mettere in sicurezza la prossima volta perche’ al ritorno si muoveva). Scendo ancora qualche metro, sono sopra il “nero” dove mi ero fermato la volta scorsa. Che emozione! In questo momento sono solo con la grotta, avverto segni di attivita’ sopra di me ma sono come un rumore di fondo che non sento veramente. Mi godo fino in fondo questo momento.
La corda da 25 m con la quale sono partito e’ praticamente finita. Sondo col martello la parete di fronte a me, nonostante sia ricoperta da concrezione sembra ben compatta. La sistemo un poco e pianto 2 fix, il pozzo li merita tutti. Recupero la corda da 35 e sistemo la partenza del pozzo. Mi raggiunge Filippo, mi parla per aggiornarmi ma sinceramente non ricordo cosa abbia detto, sono ancora nella mia tranquilla bolla ipogea. Inizio la discesa, Filippo mi avverte che la corda tocca a circa meta’ pozzo, in corrispondenza di un leggero cambio di inclinazione della frattura. Risalgo a sistemare un deviatore. Trovo un armo naturale non propriamente solido pero’ magari la sollecitazione di una leggera deviazione la sopporta, in caso lo aggiusteremo in seguito. Mentre faccio inversione, complice l’elasticita’ della corda, mi ritrovo la maniglia impicciata contro il moschettone di rinvio, risolvo in breve, ma arriva comunque prontamente la bonaria battuta di Filippo a sottolineare la buffa situazione. Riprendo la discesa, per il momento il deviatore lavora egregiamente. Arrivo al fondo, avverto Filippo che mi guardo in giro per trovare un punto dove ripararmi dai sassi prima di dare la libera. Mi giro verso l’altra parete e controllo. A sinistra non sembra esserci alcunche’ di notevole. A destra, dove termina la frattura, si intravede un buco. Vado a verificare ed intanto, visto che sono ragionevolmente fuori dalla verticale grido la libera a Filippo. Lo sento che inizia a scendere mentre guardo se ci sono prosecuzioni. Sono un poco deluso, forse c’e’ qualcosa ma c’e’ da lavorarci assai. Arriva Filippo, mi raggiunge e gli indico quello che sto osservando. Lo lascio a meditare e mi allontano per dare uno sguardo in giro. Sto camminando sulla attuale base della frattura che e’ composta da massi di crollo di buone dimensioni. Guardo per terra, ci dovesse essere una prosecuzione coperta da uno dei massi. Mi cade l’occhio su un buco di una decina di centimetri, dietro e’ nero, ma proprio nero, la luce della mia frontale non riesce ad illuminarne che pochi centimetri. Mi inginocchio per guardare meglio ed automaticamente cerco un sasso delle dimensioni adatte. Intimo il silenzio a Filippo e lascio andare il sassetto. Scende! In pratica sono inginocchiato sulla partenza di un pozzo. Sposto un primo sasso, ora si vede bene, e’ sempre la frattura che continua uguale a se stessa per ancora una decina di metri e poi…ancora il buio. Con Filippo iniziamo a spostare con metodo i sassi piu’ grandi. In 2 riusciamo a muoverli a malapena ma siamo determinati a riuscirci. Alcuni, troppo grandi, li dobbiamo lasciar cadere giu’ con gran fragore. Abbiamo appena terminato di sgomberare un comodo passaggio che ci raggiunge un eccitatissimo Matteo. Quando vede la prosecuzione ci chiede di poter scendere per primo. Accettiamo, a patto, gli dico, che pulisca per bene dai sassi pericolanti mentre scende. Mi assicura che lo fara’ e continuiamo a fare quanto serve per proseguire. Misuro se quanto rimane della corda da 35 basti per scendere. Sembra di si, pero’ serve un altro deviatore. Trovo un solido e comodo attacco naturale proprio nei pressi dell’imbocco del pozzo. Prendo in prestito un cordino da Matteo e completo il deviatore. Diamo la via libera a Matteo che si fionda alla corda ed inizia la discesa. Mentre scende mi sostituisco al deviatore per poterne regolare la lunghezza. Matteo arriva alla base del pozzo, ci grida che ce n’e’ ancora un altro da scendere. Molto bene, peccato che abbiamo finito le corde! Gli dico di mettersi in sicurezza che scendo anche io. Inizio la discesa ed e’ subito chiaro che gli oltre 30 kg di differenza di peso tra Matteo e me rendono necessaria una ulteriore regolazione del deviatore, che tristezza! Mi fermo un attimo e faccio operare Filippo. Quando il deviatore e’ finalmente a posto continuo la discesa. Per scrupolo controllo anche io che non ci siano pietre pericolanti. Mi prende quasi un colpo quando sfioro un sasso di ragguardevoli dimensioni e lui mostra evidente predisposizione a precipitarsi giu’. Riesco a tenerlo fermo con una gamba mentre urlo a Matteo di mettersi al coperto il piu’ possibile. Per fortuna c’e’ una rientranza nella parete dove puo’ mettersi al sicuro. Lascio cadere il sassone con gran fragore ma senza danno. Intimo a Matteo di non muoversi che devo continuare a pulire, sono un po’ preoccupato per lui e anche contrariato che non abbia controllato come si deve. Quando lo raggiungo sfogo l’ansia facendogli le mie rimostranze. La finisco li’, anche per il poco che lo conosco sono sicuro che l’episodio gli sia servito da lezione. Scende anche Filippo ma siamo sempre senza corda mentre il pozzo sotto di noi ci irride. Non e’ disarrampicabile. Filippo ricorda che avevamo una corda in piu’ lasciata sopra il pozzo da 20 sopra la strettoia. Comunichiamo le novita’ via radio agli altri e chiediamo loro se possono recuperarla e portarla giu’. E’ notevole che la radio funzioni ancora, il cavo e’ almeno 40 metri sopra di noi. Fa piacere sentire il nostro radiologo di punta sempre vigile ed attento. Tra una chiacchierata sia via radio che tra noi, aspettiamo pazientemente. Ogni tanto ci arriva un aggiornamento via radio. Carla ha passato la strettoia ma si e’ fermata la’ in attesa della corda. Maurizio e Federica si sono occupati del recupero della corda. Mentre aspettiamo, Matteo si incuriosisce di una frattura, adatta solo a lui, che sembra proseguire in direzione opposta al pozzo da scendere. Sempre via radio ci arriva la lieta novella, la corda e’ arrivata alla strettoia. Giuseppe la sta portando giu’. Ancora via radio imploro che mi venga portata la fotocamera, sono in crisi d’astinenza! Maurizio ci avvisa che inizia a risalire verso l’uscita con Carla e Federica. Nel frattempo ci raggiungono Matilde, Vincenzina e Simone. Finalmente arriva anche l’imperturbabile Giuseppe e riprendo possesso della fotocamera! Ricomincio subito subito ad imperversare con Matilde e Vincenzina che si riparano nella frattura esplorata da Matteo durante l’attesa della corda. Giuseppe, nostro salvatore poiche’ ha portato la corda e la mia fotocamera!
Proseguo imperterrito fotografando una primizia di stalattite.
Armiamo il pozzo da scendere su un attacco naturale, stavolta lo scendo io per primo. C’e’ poco da fare, e’ abbastanza pulito a parte un velo di fango scivolosissimo. Una volta a terra inizio a guardarmi intorno mentre gli altri mi raggiungono. Siamo sempre nella frattura. Alla base non ci sono prosecuzioni evidenti. Ai lati si sale qualche metro. Sulla destra potrebbe esserci qualcosa, ma e’ stretto. Mentre arrivano gli altri approfitto per immortalarli. Ecco Simone.
Tento una foto alla frattura senza flash, e’ poco comprensibile, ma suggestiva.
Appena arriva giu’, indirizzo Matteo verso il lato destro della frattura dove ci sono possibili prosecuzioni impraticabili per un non strettoista. Anche lui prova ma deve desistere. Simone intanto esplora l’altro lato ma anche lui trova nulla di interessante.
Vincenzina fa la sua parte controllando che il fondo della frattura non ci stia nascondendo passaggi.
Ora tocca a Matilde scendere.
Una infilata di speleo, in ordine, Vincenzina, Matilde e Simone.
Qualche concrezione. Sembrano impacciate, ma tenete conto che e’ la prima volta che posano per una foto!
Matilde che sfoggia un sorriso furbetto mentre Giuseppe se la chiacchiera con Simone.
Ora sono “fotocamerato” quindi costringo i miei amici a posare per innumerevoli foto. Faccio un po’ di esperimenti. In questa non c’e’ il flash, Matteo ha la luce spenta mentre Vincenzina e Matilde la tengono accesa e puntata verso l’obbiettivo.
La stessa di prima ma con il flash.
Con il flash ma le luci spente.
Di nuovo, senza flash, Matilde e Vincenzina hanno girato le luci per non puntarle direttamente sull’obbiettivo. Matteo viene un po’ scuro, ma gli dona!
Una occhiata all’orologio ci convince che se vogliamo uscire in giornata (ovvero prima di mezzanotte!) e’ opportuno che noi si inizi a tornare indietro. Tra l’altro dobbiamo anche fare il rilievo. Facciamo un briefing radiologico con Fabrizio. Rimandiamo il test sul recupero del nuovo cavo per la radio, decidiamo infatti che lo lasceremo per poterlo utilizzare la prossima volta. Mentre il resto della banda inizia la risalita fino alla strettoia, ci attrezziamo. Impugno il fido quadernetto, affido il DistoX a Vincenzina. Matilde chiudera’ la fila per il disarmo fino alla strettoia. Presi i punti alla base del pozzo, inizio a risalire e aspetto le mie amiche scattando foto. Inizio con questa del pozzo appena risalito.
Dietro la partenza del pozzo c’e’ un anfratto dove riposano dei tenerissimi broccoletti. Approfitto di loro imperversando con la fotocamera.
Anche questo gruppo di concrezioni dall’aspetto piu’ maturo non sfuggono al dovere di cronaca.
Provo ancora con le tenerezze ma puntando ai particolari.
Anche se fuori fuoco meritano di essere viste.
Chi ci precede risale facendo attenzione a non tirare sassi a chi segue ma ogni tanto una “breccola” (ovvero sasso in romanesco!) parte. Matilde e’ la piu’ bersagliata e se ne prende una sulla mano ed una sul ginocchio. Anche io non mi lamento, un paio mi sfiorano ed uno mi fa suonare il casco come una campana. Mentre aspetto scatto la foto che vedete, non chiedetemi cosa sia perche’ non sono riuscito a capirlo!
Vincenzina mi raggiunge, proseguiamo col rilievo ed aspettiamo Matilde.
Si tratta di una serie di pozzi quasi tutti sulla stessa verticale quindi tra un punto e l’altro c’e tempo. Lo inganno cercando concrezioni simpatiche da fotografare.
Vincenzina che arriva alla partenza del secondo pozzo, a risalire.
Un sorriso ci sta sempre bene, anche mentre anche lei litiga con l’elasticita’ della corda che le ha intrappolato la maniglia contro il moschettone del deviatore.
Ci raggiunge anche Matilde e proseguiamo col pozzo successivo. A mezza via trovo la sorpresa che il deviatore posticcio e’ saltato. Giuseppe, che ora e’ sopra di me, alla partenza del pozzo, ha recuperato il cordino e lo ha portato con se. Mi fermo ad osservare la corda, non sembra aver sofferto, la prossima volta troveremo una soluzione definitiva. Quando arrivo su trovo ancora Giuseppe che ha appena terminato di recuperare del materiale. Ci mettiamo in contatto con Fabrizio per comunicargli che stiamo staccando l’antenna dal capo terminale del cavo. Fabrizio ci ricorda che dobbiamo provare il telefono. Ci passa il numero di Claudio cosi’ potremo fargli un po’ di invidia in diretta! Seguendo le indicazioni di Fabrizio proviamo a chiamare ma il telefono non da’ segni di vita. Con pazienza controlliamo tutti i collegamenti e riproviamo piu’ volte. Alla fine Fabrizio controlla l’apparecchio esterno, ne ricava che non c’e’ piu’ segnale, per questo il telefono e’ muto. Rassegnati salutiamo Fabrizio e riponiamo tutto. Approfitto ancora della radio per chiedere che qualcuno ci attenda dopo la strettoia per il disarmo del resto della grotta. Giuseppe parte verso la strettoia. Con Vincenzina continuiamo a prendere i punti per il rilievo poi mi metto comodo e aspetto che risalga. Intanto immortalo dal basso l’ultimo salto, quello che affaccia sulla strettoia.
L’arrivo di Vincenzina, possiamo riprendere con il rilievo.
Ancora pochi punti per il rilievo. Vista anche l’ora tarda ci fermeremo alla strettoia. Ora dobbiamo “solo” passarla. Mi tolgo gli attrezzi ma non l’imbrago, il pettorale ed il croll. Filippo mi ha raccontato di essere riuscito ad allargare parecchio e voglio tentare il passaggio senza svestirmi completamente come all’andata. Ad osservarlo mi sembra il buco fetido di sempre ma ho fiducia in quel che mi ha detto Filippo. Se noi ultimi 3 riusciamo a passare con l’imbrago addosso, risparmieremo almeno mezz’ora. Probabilmente l’unico in dubbio sono io. Provo. In effetti passo facilmente, la strettoia non sembra piu’ lei. Quando ne esco mi trovo davanti proprio Filippo ed approfitto per fargli i complimenti per il lavoro fatto. Con l’aiuto di Vincenzina recupero lo zaino e mi rimetto addosso gli attrezzi. Vincenzina passa alla grande, lo stesso dicasi per Matilde. Sistemiamo i materiali da portare fuori, riponiamo il fido DistoX e ci prepariamo a salire verso l’uscita. I nostri amici hanno ascoltato i miei appelli radiologici e ci hanno aspettato per completare il disarmo fino all’uscita. In cuor mio li ringrazio, mi prendo lo zaino ed inizio la risalita. Come al solito lo zaino non collabora e durante la salita fa comunella con i broccoletti. Ad ogni pedalata devo dividerli mentre si abbracciano con forza. Non risparmio loro qualche mala parola! Arrivato alla partenza del pozzo mi accingo ad una paziente attesa, meglio aspettare ora gli altri, al calduccio in grotta che dopo, fuori, esposto al vento gelido della notte. Una stalattite cattura la mia attenzione, e’ curiosamente “smangiucchiata”, chissa’ cosa ha dovuto subire la poveretta.
Spunta Vincenzina, litiga un po’ nello stretto ma e’ tutto a posto, sta prendendo le misure alla grotta.
Arriva anche Matilde, soddisfattissima. Dallo sbuffo di fango in faccia si potrebbe pensare che ha appena addentato una concrezione, tanto per fare uno spuntino!
Natura morta di grotta con zaino.
Continuiamo a risalire senza perdere contatto con i disarmanti. Siamo praticamente fuori, mancano i soliti 4 pozzi.
Matilde mentre fa capolino dalla strettoia a fessura. Proprio ora la fotocamera decide di farmi uno scherzo. Non so bene cosa combino, pero’ la maledetta entra in “modalita’ silenziosa” e non riesco a convincerla ad uscirne.
Nello “smanazzare” la fotocamera i tutti i modi possibili ne esce fuori anche un selfie di dubbia qualita’. Nulla da fare, la fotocamera si e’ intestardita nella sua silenziosita’. Di per se’ non avrei nulla in contrario, si sa, il silenzio e’ d’oro. Pero’ quando e’ silenziosa, la fotocamera si astiene anche dall’utilizzare il flash e questo e’ decisamente fastidioso.
Costringo Matilde ad una lunga sosta mentre le scatto migliaia di foto tra un tentativo e l’altro di farla funzionare meno silenziosamente. Quando pero’ la vedo pronta a darmi una capocciata “amichevole” capisco che e’ ora di rinunciare. Ripongo quindi la fotocamera e la lascio a riposare fino alla prossima uscita.
Ci chiamano via radio chiedendo nuove circa l’orario d’uscita. Siamo a 3 pozzi dall’uscita, calcolo ottimisticamente una ventina di minuti. Esco come primo del gruppetto di coda ma gli altri mi seguono a pochi minuti. Fuori e’ freddo ma tollerabile. Naturalmente chi e’ fuori da parecchio oramai e’ quasi surgelato. Non voglio immaginare il freddo patito dal nostro eroico radiologo che e’ ancora sul posto. Alcuni, tra cui Federica, hanno fatto a tempo ad andare alla macchina, cambiarsi e tornare indietro per dare una mano nel trasporto del materiale. Giuseppe anche se e’ uscito da parecchio e’ rimasto con Fabrizio e oramai balla dal freddo mentre aspetta noi ultimi. Non ricordo se sul momento li ho ringraziati o l’ho solo pensato. Lo faccio pero’ ora con tutto il cuore. Grazie!
Siamo tutti fuori. Sistemiamo le ultime corde, carichiamo gli zaini in spalla e partiamo per le macchine. La breve camminata e’ utile per riprendere un po’ di calore. Adesso lo spiazzo e’ sgombro, sono rimaste solo le nostre macchine. Recupero le mie cose e vado a rifugiarmi nell’androne dell’eremo, al riparo dal vento. Sono le 9 ma decidiamo che dobbiamo comunque andare a cena assieme per concludere degnamente la giornata. Federica si occupa di chiamare Alessandro al Campanile. Ottime notizie, ci aspetta. Terminiamo di cambiarci, avere addosso abiti asciutti e’ il solito inestimabile piacere. Ognuno ricompone il proprio bagaglio e partiamo.
Come sempre Alessandro non delude le nostre aspettative e tra una forchettata di pasta ed un bicchiere di vino festeggiamo degnamente il nuovo fondo dell’Erebus e la bella compagnia con cui questa avventura si e’ svolta.
Alla prossima!