Uscita di gruppo a Punta degli Stretti con Tullio, Mattia, Riccardo, Antonio, Gianni, Laura, Chiara, Emanuela, Simone, Luciana, Piero, Giuseppe, Beatrice, Simona, Augusto, Mario, Andrea, Giulio ed io.
Partiamo da Montebuono. Sono ospite in macchina di Giulio. Siamo appunto Giulio, Andrea ed io. Dopo la colazione da Roby Bar si parte. Non e’ stata una alzataccia come pensavo. Infatti spicchiamo il volo che sono le 9, anche perche’ Andrea ha smesso di lavorare poche ore fa e si e’ rifiutato di partire prima. L’appuntamento con gli altri e’ ad Orte. Li sentiamo al telefono, qualcuno e’ arrivato, anche altri sembra siano in ritardo. Rimaniamo che comunque qualcuno ci aspettera’ per andare assieme. Prendiamo l’autostrada a Magliano, sono solo 8 km fino ad Orte, ce la sbrighiamo presto. Arriviamo allo spiazzo dove ci aspetta Tullio con Mattia, Riccardo ed Antonio. Rapidi saluti anche per il nuovo anno e poi partiamo. La strada fino a Orbetello e’ ben lunga. Prendiamo la superstrada per Orte-Viterbo. Andrea si e’ messo dietro perche’ e’ stanco, dopo aver dichiarato che lui in macchina non riesce mai a dormire, sembra addormentarsi profondamente.
Non ricordo bene la strada, mi pare passiamo vicini a Tuscania, Tarquinia e Montalto di Castro. Attraversando una cittadina, ci fermiamo ad un supermercato a fare spese. Devo comperare nulla ma seguo il gruppo tanto per sgranchire le gambe. Mentre siamo alla cassa decido di immortalare l’evento perche’ hanno comprato di tutto per affrontare il duro impegno che ci attende.
Ho una brutta sorpresa, la batteria della macchinetta fotografica e’ completamente scarica, riesco a malapena a scattare un paio di foto e poi si spegne da sola. Sono desolato, questa grotta e la relazione che le sto dedicando dovranno fare a meno delle mie foto, bene o male che se ne possa dire! Riaprtiamo. Strada facendo ricevo una telefonata, e’ Stefano con il quale approfittiamo per scambiare gli auguri per il nuovo anno. Mi chiama per invitarmi ad una gita in grotta che sta organizzando per stasera. Avrei partecipato ben volentieri ma gli spiego dove sono e anche lui conviene che non riusciro’. Prima di salutarlo approfitto per farmi descrivere un po’ la grotta di Punta degli Stretti e la strada per arrivare all’ingresso. Come al solito mi spiega tutto a puntino. Ci salutiamo rinnovando gli auguri per l’anno nuovo ai quali si associa anche Giulio. Andrea e’ sempre dietro che dormicchia. Finalmente imbocchiamo l’Aurelia, riconosco qualche tratto dalle parti di Pescia Romana. Anni fa mi e’ capitato spesso di percorrere l’Aurelia per andare a Porto Santo Stefano a fare immersioni. Ecco Orbetello. La strada principale, che dobbiamo percorrere per andare alla grotta, e’ trafficata come la ricordavo. Usciamo da Orbetello percorrendo quella stretta lingua di terra che taglia in 2 la laguna e poi proseguiamo a destra verso Porto Santo Stefano. Come aveva indicato Stefano, passiamo le indicazioni per un convento, facciamo un curvone a sinistra e troviamo lo spiazzo per parcheggiare. E’ gia’ invaso dai nostri amici, alcuni sono impegnati nei preparativi. Riprendo speranzoso la macchinetta fotografica e riesco a scattare ancora un paio di foto prima che defunga nuovamente. La ripongo al calduccio, per oggi riposera’.
Sul lato destro vedo la macchina di Simona ed Augusto, quella di Tullio, c’e’ il camper di Luciana e Piero, ci sono anche Laura e Gianni. Parcheggiamo anche noi. Dall’altro lato della strada vedo anche il buon Giuseppe.
Siamo proprio un bel gruppone. Abbiamo anche dei giovani neofiti. Laura e Gianni hanno portato Chiara, Emanuela e Simone. Giuseppe e’ accompagnato da Beatrice. Iniziamo a prepararci anche noi. Non so come sia la grotta, nel dubbio decido di vestirmi leggero portandomi dietro roba piu’ pesante. Visto che ci sono dei laghetti da attraversare mi metto i calzari. Come al solito mi attardo nei preparativi e sono nel gruppo degli ultimi. La grotta ha 2 ingressi, uno artificiale proprio di fronte al nostro spiazzo, uno naturale tornando indietro sulla strada per una cinquantina di metri. Come aveva raccontato Stefano l’ingresso artificiale e’ dovuto agli scavi di una galleria ferroviaria che avevano intercettato la grotta. Non so se la ferrovia ci sia mai stata, pero’ la galleria in passato pare abbia ospitato un ristorante e ancora ce ne sono tracce. Ma ritorniamo a noi, mentre mi vestivo avevo visto i miei amici, quelli gia’ pronti, avviarsi all’ingresso artificiale. Quando parte l’ultimo, quello guidato da Tullio, faccio per aggregarmi. Non li ho ancora raggiunti quando mi avvisano che l’ingresso artificiale sembra essere chiuso e che bisogna andare all’altro, quello naturale. Non sappiamo bene dove sia per cui facciamo alcuni tentativi seguendo la strada. Il primo finisce miseramente in un muro di rovi. Finalmente lo troviamo, e’ proprio a pochi metri dalla strada ed anche piuttosto evidente. Quando imbocco l’ingresso, non so come, mi sovviene che Andrea e Giulio sono ancora alla macchina, anche per loro e’ la prima uscita in questa grotta qui e quindi non conoscono la strada. Chiedo a Tullio su dove potro’ ritrovarli. poi mollo lo zaino e torno alla macchina a recuperare i miei amici. Non sono alla macchina, li vedo dall’altro lato della strada con Giuseppe, si dirigono senza esitazione verso l’ingresso artificiale che era stato dichiarato non agibile. Visto che Giuseppe conosce bene la grotta torno sui miei passi. Mi sarei aggregato volentieri a loro ma devo recuperare lo zaino. Quando arrivo all’ingresso, entro deciso, recupero lo zaino e percorro i pochi metri di grotta fino ad arrivare al punto in cui incrocia con la galleria. Sono ancora tutti li’ perche’ attraversata la galleria lungo la sua sezione la grotta riprende subito. Dopo nemmeno 3 metri, inizia il primo laghetto. Non e’ nemmeno tanto “etto”, e comunque risponde all’altisonante nome di “Lago del Granduca”. Giulio ed Andrea sono arrivati prima di me, si vede che l’ingresso artificiale non era cosi’ chiuso come sembrava! Sono tutti li’ impegnati, chi nel gonfiaggio del canotto, chi ad esplorare in arrampicata le pareti che confinano l’acqua a formare il lago. Visto che non vedo come potrei essere utile, per non aggiungere confusione me ne vado a fare un giretto per la galleria. In effetti trovo i resti di alcuni locali. Ci sono i bagni, la cucina, per terra molte bottiglie vuote con qualche piatto ed altri cocci. Nella mia esplorazione sono andato al lato opposto a quello dell’ingresso artificiale. Anche da questa parte la galleria sbuca all’esterno ma l’uscita e’ ben sbarrata con dei robusti pali. Torno indietro portandomi appresso una bella paletta da spiaggia, potrebbe essere utile, penso, come remo, la lascio appoggiata alla parete vicino al lago. I miei amici hanno finito col gonfiaggio del canotto ed alcuni hanno anche traversato. Visto che la fila e’ lunga, seguo gli intrepidi che si sono arrampicati sulla parete destra del lago ed ora vagano su alcuni enormi massi affioranti in cerca di un passaggio alternativo per attraversare il lago senza bagnarsi. Il passaggio in roccia e’ abbastanza semplice, ora sono anche io sui massi. Arrivo al limitare di quello piu’ vicino alla sponda opposta. Manca davvero poco, ma in mezzo l’acqua e’ alta. Non e’ consigliabile tentare salti o altri metodi di forza bruta. Alcuni stanno tentando di completare il giro in arrampicata lungo la parete del lago ma ci sono alcuni passaggi ostici, non sono favorevole a cotanta fatica. Mentre osservo tutto queste intense attivita’ qualche anima pia, Andrea credo, spinge il canotto verso di me. Quando arriva allungo un piede e lo immobilizzo contro la roccia. Una volta domatolo a pedate cerco di salire senza arrovesciarmi. Straordinariamente ci riesco e vengo tirato alla sponda amica dall’anima pia che poco prima mi aveva inviato il canotto. Una volta arrivato al sicuro perdo un paio di minuti a schernire quelli che sono ancora impegnati nella arrampicata estrema ma poi devo farmi da parte perche’ lo spazio non e’ molto e, mano mano che il canotto svolge il suo mestiere, si inizia a stare stretti. Comunque il traverso sembra sia piaciuto perche’ Piero si occupa di armarlo per facilitare il ritorno per quella via. Prendo le mie cose e mi infilo nello stretto meandro che porta al lago successivo. Bisogna strisciare ma non e’ poi cosi’ stretto visto che Marione ci passa senza nemmeno una imprecazione. Le gocce di sudore che mi scivolano dalla fronte fino agli occhi mi confermano che siamo in una grotta calda. Anche se sotto la tuta ho solo una maglia sento veramente troppo caldo. Incrocio Tullio che e’ fermo in un punto del meandro in cui c’e’un poco piu’ spazio. Faccio una sosta pure io per asciugare il sudore e bere un sorso d’acqua. Poco piu’ avanti c’e’ da fare una curva ad angolo retto con doppia strettoia, si entra a destra passando un diaframma di concrezione, dopo 40 cm ce n’e’ un altro, si passa anche quello e si prosegue nello stretto-comodo senza ulteriori emozioni fino al lago Egizio. Poco prima del lago il meandro si allarga creando un ambiente abbastanza comodo per ospitarci tutti. Il pavimento di questa comoda anticamera al lago si interrompe bruscamente per fare posto all’acqua, un metro piu’ in basso. Il lago ha una forma grossomodo ellittica, l’asse maggiore che continua il meandro da cui veniamo. Dall’altro lato infatti si ha l’impressione che il meandro prosegua nella stessa direzione. L’acqua e’ profonda almeno 3 metri, molto trasparente e con buona probabilita’ di temperatura glaciale. Sul fondo ci sono sassi e altre robe. C’e’ anche una piccola matassa di corda speleo caduta chissa’ quando e chissa’ a chi, destinata a restare li’ fino al disfacimento, vista la temperatura gelida dell’acqua. A pelo d’acqua c’e’ un velo di qualcosa di bianco. Ipotizziamo possa essere carbonato di calcio. Se non venisse disturbato, ritornando tra qualche millennio ci si potrebbe camminare sopra. Se per allora mi capitera’ di passare da queste parti devo ricordare di venirci! Ora siamo tutti riuniti al lago Egizio. Giulio e’ incaricato di armare il traverso che parte alla nostra sinistra, e’ gia’ parzialmente armato, ma una corda in piu’ non guasta di certo. Mentre Giulio e’ impegnato con l’armo, Mattia ed alcuni altri decidono di tentare la traversata arrampicando sul lato destro. Ci sono alcuni passaggi che possono essere delicati ma la cosa sembra fattibile. Giulio finisce di sistemare la corda, Mattia ed altri partono per l’arrampicata. Noi iniziamo ad organizzarci per passare via corda. Per l’occasione cedo la mia longe ad Emanuela. Lei e Chiara sono delle belle bimbe. Emanuela e’ alla prima esperienza in grotta, Chiara credo abbia gia’ praticato in passato. Insieme ci aiutano ad abbassare drasticamente la media dell’eta’ del gruppo! Per la traversata si dividono i compiti, Emanuela dara’ manforte a me nel traverso, Chiara dara’ supporto a Gianni. Emanuela ed io iniziamo ad andare. Durante il traverso c’e’ un attimo in cui Emanuela ha una piccola crisi da esordio ma con una longe piu’ corta e’ tutto superato e ben presto arriviamo trionfanti all’altro lato del lago. In poco tempo siamo passati tutti e continuiamo. In una serie di piccole pozze d’acqua facilmente passabili la grotta prosegue a meandro, prendiamo prima a sinistra, poi a destra arrivando alla sala del Drago Volante. Qui, se la memoria non mi gioca scherzacci, ci fermiamo per un meritato spuntino. Merita una nota particolare Luciana che sfoggia un porta banana a tenuta ermetica, veramente indispensabile per una speleologia degna di questo nome. Io mi accontento del mio ultimo panino con salame. Segue uno smercio massiccio di cioccolatini. Personalmente mi concedo una abbondante bevuta a reintegrare il sudore che ho buttato a fiumi sinora. Dopo lo spuntino c’e’ chi inizia a prendere la via del ritorno e chi prosegue ancora un poco. Oramai con Emanuela siamo amiconi e andiamo avanti insieme, mi aiuta ancora nei passaggi successivi che sono un po’ acquatici. Arriviamo ad un punto in cui ci sono 2 possibili prosecuzioni, una in piano ma completamente allagata e l’altra per la quale si deve risalire su corda per circa 5 metri. Lo scopriro’ solo dopo, guardando il rilievo, la risalita porta ad un altro ingresso chiamato “buca di poggio alle piane”. Alcuni del gruppo arrivati sin li’ sono gia’ risaliti ma noi preferiamo astenerci. Rimaniamo alla base della risalita ad ascoltare i commenti di chi e’ salito e per riprendere fiato. Dopo un giusto riposo torniamo indietro fino al lago Egizio. Quando siamo un buon numero iniziamo a percorrere il traverso del lago. Emanuela, oramai veterana, pretende di passare per prima. Ce la caviamo benone ed in pochissimo siamo al sicuro dall’altra parte. Arriva anche Gianni supportato da Chiara. Simone passa in scioltezza. Luciana ha qualche indecisione ma anche lei se la cava egregiamente. Manca all’appello almeno un terzo del gruppo pero’ sono tutti autonomi quindi decidiamo di avviarci all’uscita senza aspettarli. Ripercorriamo velocemente il meandro fino al lago del Granduca e poi iniziamo il passaggio con il canotto. Emanuela e Chiara passano assieme a Laura. Luciana passa in solitaria, sprezzante del pericolo. Anche Marione passa in solitaria perche’ non vuole stressar troppo il povero canotto. Quando rimango solo soletto mi balena un’idea, sicuramente figlia del caldo che ho sofferto. Decido di indossare il sottomuta e fare la traversata in acqua. Mi cambio velocemente. Quando il canotto e’ pronto per me lo recupero e poi lo uso come salvagente immergendomi in acqua fino al collo mentre dalla parte opposta Piero mi recupera. L’acqua al primo impatto e’ veramente gelida ma a fine tragitto inizia quasi a piacermi, tanto che resto in acqua mentre chiacchiero con Piero, aspettando per vedere se arriva qualcun altro per la traversata. Gia’ che ci siamo inganniamo il tempo lavando il canotto ed esaminandone i vari buchi che lo infestano. Sembra venga nessuno, tutti quelli che erano con noi si sono da tempo avviati alle macchine, lasciamo il canotto e andiamo verso l’uscita. Arriviamo alla strada e quindi alle macchine. C’e’ un bel vento freddo che ben si sposa con i miei vestiti bagnati. Solo ora mi rendo conto che sono in macchina con Giulio e che lui, con le chiavi, e’ ancora in grotta. Mi guardo attorno, mi sembra manchino Giulio con Andrea, Simona ed Augusto, Beatrice con suo zio, Giuseppe. Rimango a prendere un po’ di freddo poi mi decido, abbandono lo zaino accanto alla macchina e vado a vedere che fine abbiano fatto. Accompagnato dai primi brividi da freddo rifaccio velocemente la strada fino all’ingresso naturale e quindi al laghetto. Ora sono troppo infreddolito per immergermi nuovamente, opto per un giro in canotto. Arrivato all’altra sponda lo parcheggio e vado. Il movimento mi scalda in fretta, ora va proprio meglio. La luce sul casco inizia ad essere un po’ fioca, controllo quella di riserva, e’ ancora gagliarda, nessuna preoccupazione. Avvicinandomi al lago Egizio sento il vociare dei miei amici. Stanno finendo di smontare le corde. Avevo sentito Andrea parlare di fare una teleferica sopra al lago, sembra sia riuscito a convincere gli altri ed hanno messo in pratica il proposito. Andrea mi rimprovera perche’ non sono rimasto con loro, la mia punizione consiste nel non sapere quanto si siano potuti divertire con la teleferica. Provo a discolparmi, ma le mie ragioni sono giudicate deboli. Peccato, sara’ per un’altra volta. Radunati materiali e persone ce ne torniamo nuovamente indietro. Andrea si canotta autonomamente dall’altra parte. Passa anche Beatrice. Arriva il mio turno. Oramai sono ben caldo, anche troppo, decido di ripetere il bagno. Mi immergo reggendomi al canotto e come l’altra volta mi faccio trainare. Una bella rinfrescata ci stava proprio bene. Arrivano anche Simona ed Augusto ma optano per il passaggio su traverso che costeggia il lato del lago. Mentre ci raggiungono per vie terrestri arriva anche Giulio e Giuseppe. Sono gli ultimi, tocca a loro disarmare il traverso. Giuseppe si offre volontario poiche’ ha scarsa simpatia per il canotto. Mentre Giuseppe e’ intento all’opra sua, provvediamo a recuperare le corde che vincolano il canotto e lo recuperiamo con Giulio a bordo. Subito dopo, Andrea, che ha trovato la paletta-remo, si diverte ad andare in giro per il lago con molto strepito. Tra una remata e l’altra raggiunge Giuseppe che ha terminato di togliere il traverso e dai e dai riesce a convincerlo ad accettare un passaggio sul canotto. In breve, ma non senza un fiume di imprecazioni da parte di Giuseppe, i nostri 2 eroi toccano terra dalla nostra parte e li aiutiamo a scendere. Fatto questo, visto che sono bagnato rientro in acqua e rovescio il canotto per pulirlo. Gli facciamo una accurata toletta e poi lo portiamo in galleria dove lo sgonfiamo ed imbustiamo nel suo zaino non senza averlo ringraziato per i servigi resi. Detto questo prendiamo per l’uscita. Stavolta pero’ proviamo quella artificiale, o meglio, la provo io perche’ Andrea, Giulio e gli altri l’avevano usata anche all’andata. All’uscita nessuna traccia di porte chiuse o altri sbarramenti. Appena fuori, sulla destra c’e’ un enorme impianto per il barbecue che e’ decisamente in rovina, ma credo che qualche salsiccia ben rosolata la possa ancora produrre. Subito dopo c’e’ un camper abbandonato da tempo immemorabile, sul tetto ci cresce l’erba. Spuntiamo sulla strada in corrispondenza al barcone abbandonato, di fronte a noi il resto della banda, o meglio quel che ne resta. Piero e Luciana col camper, dopo aver fatto la doccia calda, hanno levato le tende. Lo stesso hanno fatto Gianni e Laura con Simone e le bimbe. Tullio con Mattia, Antonio e Riccardo sono in procinto di partire, giusto il tempo per un saluto e poi vanno anche loro. Ci cambiamo, ognuno cercando riparo come puo’ dal vento freddo che morde la pelle. Giuseppe e Beatrice sono pronti a tempo di record, ci salutano e partono. Finalmente sono riuscito a strapparmi via il sottomuta in neoprene dopo aver allietato Giulio ed Andrea che smettono di vestirsi per ammirare e commentare i miei frenetici contorsionismi. Ora sono ancora in mutande, pero’ ho indossato maglia, pile e giacca a vento. La situazione e’ decisamente migliore, mando mentalmente una pernacchia al vento. Finisco di vestirmi e sistemo la roba inzeppandola nello zaino, poi carico tutto in macchina. Ci contiamo, siamo rimasti in pochi ma buoni. Ci sono Simona ed Augusto, Marione, che sono insieme in macchina, e poi noi 3. Facciamo riunione vicino alla macchina di Giulio, l’intenzione e’ di chiudere degnamente la giornata con una bella cena insieme. Peccato non aver pensato a dirlo a Giuseppe, magari si sarebbe aggregato. Non conosciamo ristoranti da queste parti e comunque e’ preferibile avvicinarsi a casa. Marione ha la macchina a Vitorchiano, dove ha anche casa, e propone di andare da quelle parti dove lui conosce alcuni ristoranti. La proposta viene accettata. Il primo ristorante a cui telefona e’ pieno, passa al secondo che sembra avere un tavolo libero. Ce lo riservano ma non inizieranno a cucinare prima delle 20, ora sono le 17! Contando un’ora di viaggio abbiamo ancora un bel po’ di tempo da spendere. Andiamo a far visita a Porto Santo Stefano. La strada non e’ lunga, sul lungomare troviamo anche parcheggio. Dopo una breve passeggiata al freddo ed al gelo andiamo a rifuggiarci in un bar dove prendiamo qualcosa per rifocillarci e riscaldarci. Spendiamo ancora un po’ di tempo in chiacchiere e poi ci avviamo alle macchine. Il viaggio fino al ristorante e’ bello lungo ma e’ quel che serve per arrivare all’ora di cena. Augusto ci precede con la sua macchina e Giulio lo segue. Imbocchiamo assieme la superstrada verso Orte. Tutto procede per il meglio fino a quando vicino ad una uscita Augusto si produce in una brusca sterzata ed esce. Quando ce ne rendiamo conto per noi e’ troppo tardi per seguirlo quindi proseguiamo dritti. Dopo un rapido contatto telefonico decidiamo di continuare ognuno per la strada presa e di vederci piu’ avanti, vicino Tuscania. Giulio tira fuori il fido navigatore ed imposta per Vitorchiano. Ad un certo punto Giulio accusa la stanchezza e minaccia di addormentarsi guidando. Stiamo quasi per cambiare guidatore quando dice che si e’ ripreso e che se la sente di continuare. Proseguiamo fino alla uscita che ci indica il navigatore. Appena fuori dalla superstrada troviamo la macchina con i nostri amici che ci attendono. Facciamo loro segno con i fari, ripartiamo con loro che fanno strada. Ancora pochi minuti di macchina e siamo a Vitorchiano. Tra una cosa e l’altra si e’ fatta ora di cena per cui dopo aver trovato parcheggio ci dirigiamo con speranza e convinzione al ristorante. E’ ancora un poco presto per loro ma ci fanno accomodare. Impiegano ancora qualche minuto ad entrare a regime ma ci tengono buoni con pane, acqua e vino. Alla fine, oltre ad antipasti misti, ordiniamo tutti la tagliata in varie salse. Non male devo dire. Anche il conto non e’ salato. Il ristorante di Vitorchiano si e’ meritato una sufficienza. Ben satolli ce ne torniamo alle macchine, ora e’ proprio tempo di tornare a casa. Ci separiamo con saluti e baci e poi via. Ora Giulio si dichiara finito e lascia la guida ad Andrea. Io rimango a fianco del guidatore e riesco anche a restare quasi sveglio. Arrivati a Montebuono Andrea riesce addirittura a portarmi sotto casa infilandosi a retromarcia per i stretti vicoli del centro storico di Montebuono. Scarichiamo le mie robe e li saluto. Anche questa volta e’ stata una bella giornata in compagnia di tanti amici, alla prossima!