Cavoni – 9/11/2013

Continuazione della esplorazione al cavone del triangolo con Barbara, Cristian, Daniele, Nonno Pintus, Fabrizio, Stefano ed io. Rotta la fotocamera!

Sono qui a scrivere, ma sono passati quasi 10 giorni dall’uscita, devo proprio sbrigarmi perche’ gia’ sento che il ricordo inizia a sgretolarsi! Allora, come al solito, abbiamo appuntamento al bar “fico” di Anagnina. Solo Daniele andra’ per conto suo e ci troveremo direttamente a Carpineto. Oggi siamo un bel gruppo, oltre a Daniele e me, c’e’ Barbara, Giorgio, ovvero Nonno Pintus, Cristian, Fabrizio e Stefano. Dopo la colazione si parte. Barbara e Cristian con la loro macchina. Noi altri 4 ci inzeppiamo, ma nemmeno tanto, nella macchina di Fabrizio. Mi fiondo al posto di dietro cosi’ posso anche provare a dormire. Arrivati a Carpineto facciamo tappa al bar “Semprevisa”. Inizialmente non mi sono interrogato circa il motivo della sosta, pensavo si trattasse di un cappuccino di incoraggiamento e magari una tappa al bagno. Quando la sosta ha iniziato a protrarsi ho chiesto, stavamo aspettando Daniele. Mi ero scordato di dir loro che Daniele sarebbe andato direttamente al parcheggio di acqua di mezza valle! Ripartiamo senza ulteriori indugi ed arriviamo finalmente a pian della faggeta dove troviamo il buon Daniele che traffica con la sua attrezzatura. Saliamo tutti al parcheggio dove in un rapido consulto decidiamo di tentare la sorte, arriveremo con le macchine fino alla fine della strada. Sono contento, finalmente vedro’ il sentiero che desidero conoscere da questa estate e che mi e’ sfuggito finora. Per non lasciarlo solo, mi sposto in macchina di Daniele e pianin pianino saliamo. La strada e’ in buone condizioni. E’ percorribile, con attenzione, anche con macchine non proprio da fuoristrada come le nostre. Arriviamo alla fine della strada, parcheggiamo e iniziamo la vestizione. Abbiamo un bel mucchio di materiale, per fortuna siamo in tanti.009parcheggioUn rapido spuntino e poi, zaino in spalla e via. Il sentiero che parte proprio dalla fine della strada prosegue diritto mantenendoci praticamente alla stessa quota di partenza. La giornata promette pioggia e c’e’ anche un po’ di nebbia, provo a scattare qualche foto ma non rendono molto.
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060andataSi cammina almeno mezz’ora di buon passo fino ad intercettare il canalone di acqua di mezza valle. Passiamo sull’altro versante del canalone 080canalonee risaliamo, ancora seguendo le chiare segnalazioni del sentiero. Incontriamo un cespuglio basso di more, visto che ce ne sono ancora, con Stefano e Fabrizio approfittiamo per una dolce sosta mentre aspettiamo che il gruppo si ricompatti.
090moreRipartendo lasciamo il sentiero iniziando ad affrontare la salita, e’ arrivato il tanto temuto momento della pettata finale!
100pettataIniziamo a salire, siamo ancora tra gli alberi ma davanti a noi, e ben piu’ in alto, la pietraia ci aspetta, si vede chiaramente nonostante la nebbia. In una macchia di prato troviamo un buco per terra, e’ occultato dalle foglie di un alberello che vi cresce dentro, ma e’ indubbiamente una grotta.
110buco150fotobuca160bucoTiriamo sassi dentro, sembra andare giu’ parecchio. Ho l’impressione di conoscere questa grotta e credo di averla anche scesa, ma e’ facile che mi sbagli quindi lo tengo per me. Pure Nonno Pintus dice che gli pare di conoscere la grotta. Riprendiamo il cammino, in fondo oggi abbiamo altri programmi e ci sara’ occasione di tornare qui. Nonno Pintus dice che si informera’ e ci fara’ sapere. Usciamo dal bosco. Ora tutto intorno a noi c’e’ la ripida pietraia e nebbia. Uno spettacolo che potrebbe deprimere qualcuno piu’ savio e/o meno determinato. Saliamo spostandoci di poco sulla destra e, prima di quanto mi aspettassi, siamo in cresta. Strada facendo rischiamo di perderci di vista in mezzo alla nebbia ma con qualche urlo ci ricompattiamo. Scavallo la cresta, ecco li’ sulla mia destra il piccolo menhir semi-adagiato. Siamo proprio arrivati. Mi affretto alla grotta rimediando ben tre scivoloni sulle foglie bagnate. Eccoci!
200fabrizioarrivo210barbaraarrivo240stefanoarrivoIniziano i consueti preparativi. 180ingresso Con Nonno Pintus facciamo anche una foto ricordo all’ingresso, simile a quella che scattammo insieme nel millennio scorso 190PintusIoIngresso Forse perche’ sono piu’ veloce del solito, piu’ probabilmente perche’ i miei amici mi lasciano fare, mi ritrovo pronto per primo. Monto la corda ed inizio a scendere, sono impaziente e c’e’ tanto lavoro da fare per mettere in sicurezza la prima parte della grotta. Siamo venuti su con 2 trapani, rimaniamo d’accordo che Nonno Pintus rimarra’ indietro con Fabrizio e Stefano e, col secondo trapano, armeranno nuovamente i primi pozzi fino alla zona nuova. Lascio loro, con sospiri e rimpianti, la mia (in verita’ del GSS!) corda da 50m, fida compagnia di tante discese estive, che sacrifichero’ alla esplorazione del cavone. Daniele, Barbara e Cristian mi seguiranno. Sceso il primo pozzetto vado per lo scivolo di fango e quindi per la strettoia orizzontale. Nel farlo spiego la questione a Daniele che non conosce la grotta. Alla ex-strettoia verticale non manco di magnificare il lavoro di disostruzione fatto a suo tempo. All’altezza delle salette laterali dico a Daniele di fermarsi facendo attenzione a non tirarmi sassi. Scendo i pochi metri fino al restringimento. La volta prima avevo notato un pericoloso slittamento dei sassi ivi incastrati e legati con fanghiglia. Era stata proprio una crepa nella fanghiglia ad evidenziare il problema. L’avevo ricompattata, urlando poi ai miei amici di quella volta di fare molta attenzione. La fetente pero’ e’ evidentemente instabile, forse anche a causa dell’aumento dell’acqua che ammolla il fango di tenuta. Affondo le dita nella crepa, non devo nemmeno fare forza, ed una rispettabile massa di sassi e fango crolla giu’ con fragore. Continuo il lavoro buttando giu’ tutti i sassi instabili. Alcuni sono davvero grossi, pensa, mi dico, se ostruisco il passaggio appena aperto e non possiamo andare ad esplorare, Cristian mi ucciderebbe! Quando sono soddisfatto, continuo la discesa. Qui succede il fattaccio, mentre mi infilo nel breve passaggio stretto il fondo del tascone della tuta si impiglia ad una roccia. Il fondo della tasca si apre come una scarpa vecchia e tutto il suo contenuto affronta la caduta per il pozzetto. Nella tasca avevo un bounty, il mio fido tubicino e la mia amata macchinetta fotografica! Scendo il pozzo col cuore in tumulto e lanciando sinceri e sonori improperi alla tuta ed al suo fabbricante. Alla base del pozzetto successivo cerco affannosamente i miei averi perduti ma trovo solo il bounty mezzo spiaccicato. Del tubicino nessuna traccia, della macchinetta fotografica, nessuna traccia. Sconsolato continuo la mia opera rumorosa sgombrando anche da li’ tutti i sassi che avevamo accumulato. Stavolta lavoro con piu’ tranquillita’ perche’ posso vedere il passaggio aperto la volta scorsa e tiro i sassi in maniera che non si fermino in mezzo alle scatole. Daniele mi raggiunge, inizio a spostarmi nel pertugio. Anche li’ abbiamo dei bei mucchi di sassi non proprio stabili che mando prontamente a rumoreggiare piu’ in basso. Quando, anche in questo caso, mi posso ritenere soddisfatto, continuo a scendere fermandomi alla piccola cengia subito sotto. Urlo a Daniele che puo’ raggiungermi, spero abbia lui tutto quel che mi manca per procedere ad armare. Io ho gli attacchi e la mazzetta, Daniele ha portato la corda, il trapano con la punta, ma la batteria l’ha Barbara. Aspettiamo. Barbara, santa subito (!), scendendo ritrova la mia macchinetta. Dentro di me saltello dalla gioia, me la tiene lei perche’ ora non saprei dove metterla. Cosi’ rallegrato nell’animo, una volta raggranellato tutto il necessario, iniziamo l’armo. Trovo un po’ di roccia compatta e vi armo la partenza. Serve un subito un deviatore per non far toccare la corda. Scendo il primo pezzo. Non so come, pero’ Cristian si materializza accanto a me. Armiamo insieme il secondo tratto del pozzo. Quando siamo alla base possiamo dire finalmente iniziata l’esplorazione per questa uscita. Cristian si assicura alla corda e va avanti verso la frattura ed i massi instabili. Inizia a buttarne giu’ qualcuno. Mi sistemo per attendere che finisca ma, con sorpresa, lo vedo tornare indietro per cedermi il posto. Mi puzza di fregatura! Pero’ ho troppa voglia di andare. Sistemo un attacco a formare un breve traverso e lo uso come base di partenza per osservare la situazione. Ai miei piedi ci sono dei pietroni tanto enormi quanto instabili, di lato, sulla parete di sinistra la roccia e’ molto fratturata ed instabile. C’e’ poco da fare, quella roba deve sparire prima di poter andare avanti. Sara’ un lavoro massacrante. Avevo visto giusto, in effetti la fregatura c’era! Mi rimbocco le maniche ed inizio. I primi a partire sono i massi ai miei piedi. Alcuni stimo superino abbondantemente la mezza tonnellata, riesco a farli cadere perche’ sono proprio in bilico. Sono un po’ teso, controllo che nessuna delle corde e cordini che ho addosso possa andare ad incastrarsi alle rocce che faccio cadere, sarebbe spiacevole rimanere tagliati in 2 a causa loro. Cristian e’ alla partenza della frattura e mi fila la corda. Dovrebbe fare attenzione anche lui che la corda non sia lasca ma, sembra impegnato a chiacchierare con gli altri. Gli urlo una miriade di volte di fare attenzione ma ogni volta che mi giro vedo la corda lambire pericolosamente il masso che sto per far precipitare. Evidentemente non riesco a renderlo partecipe del pericolo, sembra anzi un po’ scocciato dei miei continui richiami. Bene o male comunque il lavoro progredisce. Durante una pausa per riprendere fiato, da sopra ci arrivano le urla degli altri amici. Ci chiedono informazioni, vogliono sapere cosa stiamo combinando e perche’ ogni tanto sentono boati come di lavatrici che si schiantano. La battuta ci piace. Abbiamo trovato il nome del pozzo. Sara’ il “pozzo delle lavatrici”. Terminati i massi alla base attacco con decisione quelli pericolanti sulla parete sinistra, fortunatamente la parete destra e’ integra. Mi passano il piede di porco, con lui e’ cosa di un attimo. Ho bisogno di frequenti pause, sono sullo sfinito, un po’ per la fatica, un po’ per la tensione. Pero’ ora e’ tutto ragionevolmente pulito e sicuro. Anzi, ai lati della frattura ora ci sono delle sporgenze che creano un comodo camminamento che permette di affacciarsi al fuso principale del pozzo. Pratico il camminamento e vado a mettere 2 begli attacchi quasi al termine della frattura. Quando sono finalmente assicurato facciamo il punto della situazione. La corda che parte dall’attacco iniziale ora tocca su uno spuntone di roccia, bisogna frazionare. Nel fuso, alla mia destra, poco piu’ in basso c’e’ un blocco di rocce che sembrano pronte a cadere ma si puo’ fare poco per loro. Alla base del pozzo sotto di me altre rocce non propriamente stabili. Sotto di me, in corrispondenza della parete opposta del fuso, alle mie spalle, il pozzo continua ma non si riesce a vedere per quanto. Scendo un paio di metri per mettere un deviatore poi passo il trapano a Cristian che sistema il frazionamento aggiuntivo. Scendo alla base del pozzo ed inizio a fare pulizia. Tolgo il “grosso”, sarebbe impossibile levare tutto. Faccio un nodo su una roccia per tenermi mentre Cristian mi raggiunge con il trapano. Quando arriva mi stupisce decretando: “Ora continuo io, ‘che tu sei stanco”. Non riesco a replicare, avrei voluto continuare ad armare fino alla fine del pozzo, pero’ in effetti sono stanco e poi e’ giusto che anche lui abbia la sua parte di divertimento. Decidiamo che serve pendolare fino alla parete opposta e mettere un attacco li’ per scendere la continuazione del pozzo. Mentre Cristian cerca gli attrezzi necessari, approfitto del trapano per mettere un attacco sulla roccia per assicurarmi e lasciargli la corda libera. Cristian si pendola fino alla parete opposta, si aggancia alla roccia con l’attrezzo acconcio ed inizia ad operare col trapano. Al momento di sistemare il fix lancia un po’ di male parole, gli si e’ rovinata l’impanatura e non riesce a togliere il dado. In qualche modo rimedia ed in breve il frazionamento e’ sistemato. Inizia a scendere. Sembra che il pozzo finisca 15 metri piu’ in basso, in una sala di crollo. Scende direttamente, non c’e’ bisogno di altri frazionamenti. Quando grida la libera parto immediatamente. Il frazionamento e’ un po’ bastardo, ma si passa. Scendo l’ultima parte del pozzo. Ma qui e’ pieno di sassi pronti a cadere. Devo dare una pulita. Avverto Cristian che zompetta qua e la’ tra i massi di tenersi al sicuro ed inizio la pulizia. Non e’ semplice come pensavo, c’e’ molta roba che pronta a rovinare giu’, magari quando saremo in risalita. Finalmente posso continuare la discesa. Arrivo a poggiare i piedi per terra ed inizio a guardarmi attorno. Ho la parete di fronte, alle spalle ho il salone di crollo che ho osservato scendendo. Sulla destra ci sono delle diramazioni tra i massi, una delle 2, quella piu’ a sinistra, scende in una sala dove c’e’ un arrivo d’acqua che cade dall’alto. Anche quella sala e’ piena di massi di crollo. L’altra diramazione e’ piu’ piccola, Cristian e’ andato ad intrufolarsi li’, sembra promettere bene ma visto che lo spazio non e’ molto e sono tutti sassi poco stabili mi astengo dal raggiungerlo. Riesco a ritornare alla sala principale mentre il resto della banda ci raggiunge. E’ bella grande, e anche i massi alla base sono di dimensioni notevoli. Aspetto pazientemente di essere riuniti. Arriva Daniele, arriva Barbara, ecco anche Fabrizio e Stefano. Buon ultimo inizia a scendere Nonno Pintus che se la gode centimetro per centimetro. Barbara mi porge la fotocamera. La carezzo con affetto, non pensavo di vederla ancora. La accendo speranzoso ma lei fa dei rumori strani e poi mi dice: “Errore Zoom”. Sono desolato e deluso, con un tono tra il contrariato ed il commosso esclamo: “No zoom!”. La cosa piace ad i miei amici, e’ deciso, la sala dove siamo, da oggi si chiamera’: “sala no zoom”. Non mi consola tanto della rinnovata perdita, ma archiviare il dispiacere con qualche risata in compagnia e’ la miglior medicina. Nel frattempo ci raggiunge Cristian. Ha portato un illuminatore veramente potente e vuole fare una ripresa con la sua fotocamera. Inizia, io faccio il tecnico delle luci manovrando l’illuminatore. Dobbiamo interrompere subito perche’ la sua fotocamera ha esaurito la memoria. Gli passo allora la scheda di memoria della mia compianta, mi consolo cosi’, donando i suoi organi ancora caldi! Filmiamo la storica discesa di Nonno Pintus e poi una panoramica della sala con i suoi occupanti. Fatta la documentazione video per i posteri passiamo ad altro. Si mangia qualcosa, si gira lo sguardo un po’ a casaccio per la sala commentando possibili continuazioni. Mi cambio perche’ sono fradicio, dentro per il sudore, fuori per lo stillicidio, ed inizio ad avere freddo. Esaurita la lunga sosta andiamo a visionare le nostre scoperte. Cristian si inoltra nella diramazione stretta per vedere se trova prosecuzioni. Noi andiamo a vedere il resto del salone. Si sale qualche metro tra i massi ma poi una parete di massi malamente incastrati ci sbarra la strada. Cerchiamo pertugi ma con poca fortuna. Mi arrampico per vedere un punto e discendendo rischio di tirare un massone in testa ai miei amici. Per evitare altri pericoli scendo poggiando i piedi sulle spalle di Nonno Pintus e Daniele. Decidiamo che non e’ il caso di rischiare oltre, per il momento sembra piu’ sensato cercare una prosecuzione verso il basso. Stefano si attarda a cercare ma, con qualche urlo e poche blande minacce lo convinciamo a seguirci. Ritornati al punto di ristoro decidiamo il da farsi. Siamo tutti abbastanza stanchi. Non scordiamo la camminata del ritorno che ci attende per tornare alle macchine. Decidiamo che per oggi l’esplorazione puo’ terminare. Nonno Pintus inizia a risalire, verra’ poi seguito da Fabrizio e Stefano e quindi da tutti noi. Mentre lui risale andiamo a curiosare da Cristian. Ora e’ in compagnia di Daniele, hanno trovato un pozzo da 10m e stanno attrezzandolo. Barbara li attende nell’ambiente appena sopra di loro ma si prepara a scendere per lo stretto passaggio ricavato tra i massi. Con lei, tiriamo via qualche sasso ma senza esagerare, fare pulizia li’ sarebbe come voler svuotare il mare con un cucchiaio. Barbara scende, mi dice che c’e’ abbastanza spazio. Mi avventuro anche io. Mi segue Stefano. Alla fine siamo ammucchiati in un paio di metri quadri, sotto uno stillicidio che e’ quasi una doccia. Cristian ha messo un attacco di partenza e scende per completare l’armo. Daniele gli fa da assistente, Barbara e’ spettatrice in prima fila, io sbircio dalle sue spalle e Stefano e’ in piccionaia. Il pozzo viene sceso da un Cristian euforico, sono circa 10m, sembra ce ne sia subito un altro. La cosa e’ avvincente ma si e’ fatto decisamente tardi e poi, dopo circa venti minuti di immobilita’ e doccia fredda, mi e’ ripreso un freddo intenso. Ho la schiena che mi “pizzica” dolorosamente. Ci mancherebbe solo il mal di schiena! Per oggi ne ho abbastanza e lo comunico agli altri. Stefano ha iniziato ad uscire e probabilmente ha raggiunto Nonno Pintus e Fabrizio. Prendo anche io la strada del ritorno. Barbara dapprima mi segue, poi arrivata alla sala “no zoom” decide di aspettare Cristian. Risalgo con calma dando la libera a Daniele dopo il primo frazionamento, quando sono gia’ nel vuoto e non rischio di tirar giu’ sassi. Finiti i pozzi nuovi arrivo alla parte “vecchia”. Nonno Pintus ha fatto un buon lavoro riarmando tutto con la “mia” 50. Mi dispiace abbandonarla la’, tutta sola, pero’ ora la grotta si e’ approfondita e nel prossimo futuro potrebbe diventare veramente impegnativa. Anche se questi pozzi sono facilmente arrampicabili e’ meglio non arrischiarsi a farlo quando si e’ stanchi. Arrivato allo scivolo di fango lancio un urlo, i miei amici sono fuori, non piove, bene! Esco. E’ buio, la temperatura e’ piacevole. mi cambio con calma scambiando qualche chiacchiera.
260pintusFabrizioUscitaArriva anche Daniele, e’ infangato come non mai. Gli scatto una foto con la fotocamera “buona”, quella che non porto in grotta.
250danieleuscitaMentre aspettiamo Barbara e Cristian decidiamo il da farsi. Vorremmo concludere la giornata con una bella cena alla Sbirra. Pero’ e’ tardi, dobbiamo aspettare i nostri amici e da quel momento circa 2 ore ci separano dall’arrivo al ristorante. Qualcuno ha per caso il numero della Sbirra per sentire che ci dicono? Purtroppo pare di no. Non voglio rinunciare cosi’. Accendo il cellulare e provo. Riesco ad accedere ad internet! Trovo il numero del ristorante e li chiamo. Gli dico che siamo speleologi, negli anni hanno imparato che siamo un po’ particolari e possiamo piombare da loro agli orari piu’ strani. Ci dicono che possono aspettarci. Rimaniamo che arriveremo verso le 10. E’ piu’ una speranza che altro pero’ ci teniamo allegri con il pensiero di un bel piatto di fettuccine. Sono quasi le 9 quando escono i nostri amici. Non li facciamo nemmeno sospirare e dopo un quarto d’ora siamo gia’ di partenza per le macchine. Scendiamo la pietraia spostandoci un poco a destra cercando di indovinare la giusta traiettoria per intercettare il sentiero. Lo raggiungiamo sbagliando di pochissimo. Ripassiamo per il cespuglio di more, il canalone e poi prendiamo il sentiero pseudo-pianeggiante. Non me lo ricordavo cosi’ lungo. Non ho forzato il passo ma nemmeno posso dire di essere andato piano. Sara’ il miraggio della cena mi da’ nuove forze! Ogni tanto faccio una sosta per ricompattarci, Barbara e Cristian sono dietro a chiudere la fila. Con sollievo ecco che intravedo le macchine. Sono le 10 e mezza, e’ tardi per il ristorante, cerco di non pensarci. Ci cambiamo e sistemiamo i materiali. Poco prima di partire, anche se con poche speranze, richiamo la Sbirra. Sono ancora li’ e ci aspettano! Gli dico che non saremo da loro prima di un’ora, mi confermano che va bene, ci aspetteranno. Finiamo i preparativi e partiamo. Anche per il ritorno sono ospite in macchina di Daniele. Commentiamo assieme la lunga ed interessante giornata. Ci vuole circa mezz’ora per arrivare a pian della faggeta, dove inizia la strada asfaltata. A quel punto ci salutiamo, Daniele andra’ direttamente a casa. Io ritorno in macchina con Fabrizio, Stefano e Nonno Pintus. Mentre stiamo riavviandoci Cristian ci richiama. Lui e Barbara si sentono stanchi ed hanno deciso che andranno a casa senza cena. Ci salutiamo frettolosamente e scappiamo verso il ristorante. Ci hanno aspettato veramente! Concludiamo degnamente la giornata con un allegro pasteggiare. Eccoci tutti a fine pasto con la stanchezza che inizia a calare, ma molto soddisfatti SbirraIo SbirraPinBib SbirraPintus SbirraSteFab
Torno a casa che sono quasi le 3 del mattino ma ne e’ valsa la pena. E poi, per fortuna, domani e’ domenica!

Informazioni su fato63

Pratico la speleologia da qualche anno ormai. Mi sono finalmente deciso a tenere un diario delle uscite. Approfitto del blog per renderlo consultabile e commentabile.
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Una risposta a Cavoni – 9/11/2013

  1. Isi ha detto:

    Forte! Ma le foto della sbirra le potevi mette! Prrrrr

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