Tranquilla passeggiata nel carpinetano con visita all’inghiottitoio di Monticelli, a quello del Bracconiere e all’ouso di Pozzo Comune con Maria, Gianni, Luisa, Maurizio, Giulio, Betti ed io. Con la partecipazione straordinaria di Luna e di Mhahrhthah Laccamuta! Stavolta non ho fatto nemmeno una foto e quindi mi sono mooooltoooo dilungato a parole.
L’appuntamento e’ alle 8 al solito bar “fico”, quello vicino ad Ikea sulla Anagnina. Stavolta a far parte della allegra comitiva ci sono anche Betti, mia moglie e Luna, la cagnolina di casa. Oggi, lusso dei lussi, Giulio, che parte da Montebuono, passa a prenderci a casa alle 7.30. Arriva un po’ in ritardo ma e’ giustificato perche’ non bazzica molto Roma. Quando arriva gli sommergiamo la macchina di bagagli (solo da parte mia 3 zaini ben gonfi!) e di noi. Arriviamo all’appuntamento con 10 minuti di ritardo, il resto del gruppo e’ gia’ li’ che aspetta da un po’. Temendo che vogliano partire subito, quasi senza salutare mi precipito a fare colazione! Dentro al bar c’e’ una baraonda di gente. Non mi era mai capitato. Son proprio finite le vacanze! In mezzo al caos ci sono 5 o 6 amici del GSCAI, per tutti i cari Barbara e Cristian, che vanno ad esplorare in Rava. Presento loro Betti e Giulio, scambiamo quattro chiacchiere su vacanze e prossimi impegni ma poi mi fiondo al bancone per la agognata colazione.
Placata la prima fame me ne esco fuori dove gli amici aspettano pazienti. Mentre divoro a rapidi morsi un paio di cornetti “di riserva” facciamo a voce una lista del materiale portato per verificare che ci sia tutto, decidiamo l’appuntamento a Carpineto e poi via.
Autostrada Roma-Napoli, uscita Colleferro, si attraversa Montelanico, poi Carpineto e si prosegue verso Maenza. Quando finisce Carpineto c’e’ uno slargo con una pizzeria sulla sinistra. I nostri amici sono gia’ li che aspettano. Senza uscire dalle macchine gli facciamo cenno di andare. Qualche chilometro di falsopiano in discesa e tante curve quindi giriamo a sinistra su una strada sterrata e parcheggiamo. La gita inizia da qui.
Ci cambiamo, ci carichiamo come muli e partiamo. La strada e’ sterrata ma larga e col fondo quasi a posto. Inizialmente tengo Luna al guinzaglio perche’ Maria e Gianni mi avvertono della possibile presenza di cani da pastore. Dopo un po’, la vedo che scalpita, decido di correre il rischio e la libero. Vederla che scorrazza felice su e giu’ e’ impagabile! Durante la passeggiata sfrutto la conoscenza enciclopedica di Gianni per chiedergli di illustrare un poco i Lepini e le loro grotte a Giulio che e’ la prima volta che vi mette piede. Incontriamo un paio di cancelli, di quelli spartani, chiusi da 2 anelli di fil di ferro sopra e sotto ad un bastone, che apriamo e superiamo senza difficolta’. Tra i 2 cancelli incrociamo uno dei temuti cani da pastore ma per fortuna si limita ad abbaiare da lontano, forse e’ legato. Luna lo ignora e continua a correre felice. Proseguendo incontriamo anche un terzo cancello, in ferro e chiuso con catena e lucchetto, ma a lato una rustica scaletta permette di superare l’ostacolo. Un unico inconveniente, la simpatica scaletta e’ letteralmente infestata dalle formiche rosse. Si, proprio quei simpatici animaletti con la testa rossa che amano affondare le loro minuscole ma temibili mandibole a tenaglia nelle morbide carni dei malcapitati che osano importunarle! Maurizio si dice convinto che il loro nome sia termiti, ma io le ho sempre indicate come formiche rosse e cosi’ continuero’ a fare! Nonostante la loro strenua difesa della scaletta riusciamo a passare tutti, ognuno come meglio puo’. In particolare Giulio si infratta e sbuca poco piu’ avanti mentre Luna, col nostro aiuto ed incitamento, si intrufola agilmente nello spazio tra i battenti in mezzo al cancello.
In breve ci ritroviamo a percorrere un sentierino bordato da ampi banchi di rovi allegramente punteggiati da bellissime more. Sono veramente belle e se la bonta’ corrisponde alla bellezza, si impone una sosta! Le more non smentiscono l’aspettativa, sono ottime, ma non possiamo indugiare oltre, la grotta ci attende. Passiamo accanto ad una formazione rocciosa, Gianni la descrive come una “faglia netta”, RemoContro borbotta che a Netta non piacera’ essere associata ad una faglia, Luisa nel frattempo litiga con Lucia per toglierle la bottiglia della grappa! Anche se con un po’ di confusione passiamo di lato all”inghiottitoio di Monticelli e proseguiamo per il vicino inghiottitoio del Bracconiere.
Il suddetto inghiottitoio si presenta come un buco rettangolare profondo un metro ed ingombro di sassi sul fondo. Gianni ci dice che in inverno quel buco inghiotte una quantita’ d’acqua non indifferente. Detto questo iniziamo a sistemarci. Maria con Betti stendono un plaid (gentilmente offerto da Giulio) per terra e riposano, anzi, Betti scopre che il cellulare prende e si dedica a qualche telefonata. Luna si aggira tra noi annusando e sicuramente chiedendosi la ragione di cotanta agitazione. Gianni ci saluta e sparisce nella vegetazione in cerca di nuovi buchi . Maurizio fa la supervisione dei lavori mentre Luisa ed io ci disputiamo le cesoie per tagliare un po’ di rovi. Giulio si veste ed inizia a tirare fuori i sassi dall’inghiottitoio. Si ferma perche’ ne incontra uno troppo grande da tirare fuori con le sue sole forze. Gli passiamo trapano e accessori acconci per piantarci un fix. Intanto organizziamo un tiro grazie ad un albero compiacente ed alla carrucola gentilmente messa a disposizione da Luisa. Con una tale organizzazione il sassone cede le armi e si lascia estrarre senza protestare. Ancora qualche sassetto di poca importanza e stavolta e’ Giulio che cede le armi. Nel frattempo mi sono intutato anche io e Giulio mi cede il posto in prima fila. Accidenti! A starci dentro ci si accorge che e’ piu’ stretto di quel che sembra. Tanto per far vedere che ci metto buona volonta’ tolgo anche io un paio di sassetti poi mi piego a libretto (povera schiena!) e riesco a mettere la faccia oltre il masso che ci ostacola (vi dico solo che il lato a noi visibile ha una superficie di circa 2 metri quadri). Intanto mi accorgo che Luisa sta poggiando i piedi sul vuoto, in pratica e’ su un sottile strato di sassi incastrati a volta che tengono su l’esiguo strato d’erba soprastante. La grotta, se c’e’, naturalmente continua girando intorno al masso ostacolante, non riesco a vedere oltre. Aria non mi sembra di sentirne. In compenso mentre mi districo dalla posizione assurda che ho assunto vedo tra i sassi i chiari resti di una precedente disostruzione. Commento la scoperta con gli altri e ci riproponiamo di comunicarlo a Gianni quando ritornera’ dai suoi giri. L’orientamento del gruppo e’ di lasciar perdere, la mancanza d’aria non incoraggia. Siamo ancora li’ a parlare quando il buon Gianni ritorna. Lo aggiorniamo e quindi decidiamo di spostarci a visitare l’inghiottitoio di Monticelli che dista pochi metri. Visto che nel frattempo alla postazione di Maria e Betti e’ arrivato il sole spostiamo tutto l’accampamento. L’operazione dura pochi minuti. Durante lo spostamento mi accorgo con orrore che Mhahrhthah Laccamuta, la fida corda, ha una lesione! Relaziono angosciato i miei amici. Tutti ci chiediamo, chi lo potra’ mai dire a Netta?!? Non potendo destinarla ai posteri rimandiamo a piu’ tardi l’ardua sentenza. Mi attardo qualche minuto con la dolce meta’, nel frattempo Gianni, Luisa, Maurizio e Giulio vanno ad esplorare la grotta. Dopo un poco li seguo. Da fuori per il primo tratto si presenta come una frattura a cielo aperto, anzi, si entra passando sotto un piccolo arco di roccia, si entra in un ambiente lungo 3 metri e largo 2 con il cielo per soffitto e poi si entra nella grotta vera e propria. Abbiamo un altro ambiente simile al precedente ma con il soffitto integro da cui si dipartono 3 rami. Il primo da sinistra Gianni ci spiega cos’e’ (non mi ricordo pero’ la spiegazione) ma non vado a vederlo. Dritto, salendo un po’ inizia il meandro principale e a destra c’e’ il ramo che inizia con strettoia a suo tempo passata da Cecilia. Baldanzoso mi faccio avanti per tentare la strettoia. Gianni mi fa: “guarda che non ci passi e poi attento che dopo c’e’ un pozzo da 15 metri”. In effetti provo ma dopo una decina di sbuffi devo desistere. Potrei farcela senza l’attrezzatura ma forse e’ meglio mettere la corda per il pozzo. C’e’ un enorme armo naturale 2 metri prima della strettoia. Giulio, che ha lo zaino modello “Eta Beta” tira fuori niente meno che 2 pezzi di catena! Li uniamo con una maglia rapida, la giriamo intorno all’armo naturale e ci attacchiamo la corda. Sono pronto a riprovare. Prima tento con il discensore montato…follia! Mentre esco pero’ riesco a sentire con i piedi degli appoggi tranquilli. Sposto gli attrezzi di lato togliendoli dal delta e riprovo, mi metto orizzontale con i piedi in avanti, sollevo il corpo ad un mezzo metro da terra ed inizio ad avanzare centimetro centimetro sbuffando rumorosamente aria nemmeno dovessi spostare la montagna di forza. Un ultimo sospiro e passo! Riprendo fiato guardandomi attorno. Sono sospeso in un meandrino stretto, il soffitto e’ vicino alla mia testa, il pavimento e’ una decina di metri piu’ in basso. Mi giro verso la prosecuzione del meandro ruotando solo il busto perche’ le cosce sono incastrate. Continua per poco piu’ di un metro e poi gira bruscamente a sinistra. Riesco ad arrancare fino alla curva e ad affacciarmi a guardare come prosegue. Dopo la curva va avanti ancora un paio di metri poi si interrompe. Sotto vedo un pavimento piatto di sassi e fango. Potrei forse arrivare al fondo ma sarebbe una fatica improba perche’ e’ proprio stretto e poi la mancanza d’aria ed il fondo fangoso non sono un forte stimolo ad affrontare ulteriori sofferenze. Prendo pazienza e affronto con rassegnazione la strettoia al ritroso. Dopo tanti sbuffi e sospiri sono di nuovo fuori. Mentre riprendo fiato aggiorno gli amici. A mo’ di serpe tentatore provo ad invogliare Luisa e Giulio a tentare la strettoia ma si vede che sono rimasti impressionati dai miei gemiti perche’ si affrettano a declinare l’invito. Faccio in tempo a mettermi in posa per una foto e poi partiamo tutti assieme a visitare il ramo centrale. Portiamo con noi la corda perche’ Gianni ci avverte di un saltino da passare. Vado avanti seguito da presso da Giulio, Luisa e Maurizio. Arrivati al saltino inizio a scenderlo in arrampicata (o disarrampicando per dirla come Cristian!) quando mi ricordo che si deve mettere la corda e quindi mi fermo a meta’. Giulio mi raggiunge con la corda. Trova un armo naturale di partenza che poi doppio su uno sperone sporgente. Finita di sistemare la corda riparto seguendo il meandro che prosegue tra punti piu’ o meno stretti. Trovo un altro saltino. Visto che non ho altro sistemo il mio pedale attorno ad una piccola colonna, in fondo ci attacco un anello di corda e con questo formidabile aiuto scendo. Mentre inizio la discesa noto la scritta “ASR” su una stalattite. Mi riprometto di dirlo a Gianni piu’ tardi. Giulio nel frattempo mi ha raggiunto e, guidato dalla mia luce, me lo vedo sbucare da un comodo passaggio a mezza altezza che permette di evitare quasi tutto il saltino! Gli chiedo di Luisa e Maurizio ma anche lui ne sa nulla, li ha lasciati al saltino precedente. Magari son tornati indietro. Una volta scesi troviamo che il meandro stringe, sul fondo si potrebbe passare, noto i resti di una disostruzione. Dopo la strettoia il meandro prosegue, almeno per qualche metro. Sul fondo c’e’ abbondante fango ed alcune pozzette d’acqua. Pensando al bel sole che c’e’ fuori non mi viene la voglia di strisciare nel fango. Anche in questo caso la mancanza di aria non invoglia. Chiedo a Giulio se vuole tentare lui l’inzaccherata ma scuote la testa deciso. Si torna allegramente indietro! Recupero la mia attrezzatura e parto. A meta’ strada vado a vedere una deviazione sulla sinistra ma chiude in una minuscola saletta. Mi fermo a fotografare (con la macchinetta di Giulio) un piano pensile fatto solo di terra, e’ incredibile che tenga! Passando recuperiamo la corda ed in breve raggiungiamo i nostri amici. E’ ora di pranzo e ho una fame da lupi. Fuori il caldo ci assale selvaggio, Gianni e’ scomparso per un altro tour, Maurizio riposa, Luisa cerca di tenere calme Lucia e RemoContro. Maria e Betti riposano sul plaid con Luna accoccolata nei pressi. Non mi faccio spaventare dal caldo e affronto impavido il mio panino. Pensando alla cena decido di dividerlo con Betti. Buono, ci voleva proprio! Terminato il lauto pasto vado a fare una passeggiata digestiva in cerca di buchi. Ne trovo qualcuno ma nessuno sembra promettente. Torno alla base, mi calo la tuta a meta’ e mi metto a riposare accanto a Betti. Si tratta di pochi minuti perche’ di li’ a poco Gianni fa ritorno. Lo aggiorniamo su quanto visto e poi decidiamo di considerare chiusa per questa uscita l’esplorazione ai 2 inghiottitoi. Andiamo a vedere i nuovi buchi trovati da Gianni. Facciamo armi e bagagli. Quando partiamo Maurizio si accende un toscanello aromatizzato all’anice. Seppur puzzolentissimo il suo fumo sara’ prezioso per rilevare la presenza di aria nei buchi. Arriviamo all’altezza della “faglia netta” e facciamo sosta. In prossimita’ ci sono 3 buchi da vedere. I primi 2 sono vicinissimi tra loro e probabilmente sono collegati. Mentre liberiamo dai sassi il buco piu’ in alto facciamo la prova sigaro sul buco basso ma l’aria e’ appena un accenno. Una volta liberato il pertugio con qualche decisa mazzettata, Giulio scende il pozzetto. Sono un paio di metri ben stretti e non sembrano portare a nulla. Nemmeno il collegamento tra i 2 buchi e’ certo. Maurizio sempre appostato al buco basso non vede traccia della luce di Giulio. Anche in questo caso la mancanza d’aria ci fa desistere. Il terzo buco e’ nei pressi ma non sembra essere interessante. Riprendiamo gli zaini e proseguiamo non senza alcune gustose soste per le more. Quando Gianni chiede come vogliamo proseguire la giornata esprimo il desiderio di una veloce visita a Pozzo Comune. Non essendoci altre proposte si decide che vada per la visita a Pozzo Comune. Facciamo velocemente la strada a ritroso fino alle macchine anche se il caldo e’ veramente opprimente. Il passaggio del cancello con la scaletta oramai e’ una pratica che smarchiamo velocemente. Tra i cancelli dove avevamo incontrato il cane all’andata dapprima penso di legare Luna ma poi decido di fare un esperimento. La chiamo e mi raggiunge, continuo a parlarle di continuo intimandole di rallentare ogni volta che accenna ad allontanarsi e, incredibilmente, Luna sembra darmi ascolto. Facciamo tutto il tragitto fianco a fianco. Appena passato il cancello allento la “catena verbale” e lei riparte come un razzo, ma se lo e’ proprio meritato! Alle macchine sistemiamo il bagaglio risistemando al proprio posto il materiale non piu’ necessario. Non mi cambio e salgo in macchina con la tuta speleo limitandomi a tirarla giu’ per non sporcare il sedile. Noi partiamo mentre il resto del gruppo nella macchina di Maurizio e’ ancora alle prese con il cambio abiti. Ci diamo appuntamento al parcheggio vicino la grotta. Ci spostiamo verso Pian della Faggeta mentre, nel limite della poca memoria che ho, faccio del mio meglio per descrivere a Giulio e Betti questi luoghi cosi’ significativi per la speleologia romana. Al paese facciamo una breve sosta dove Giulio si prende un gelato per pranzare e noi dell’acqua fresca. Arriviamo infine a Pian della Faggeta, parcheggiamo. Quasi subito arrivano i nostri amici. Giulio ed io iniziamo a prepararci per scendere in grotta. Pensavo la cosa interessasse anche gli altri pero’ mi sbagliavo, preferiscono del sano riposo. Facciamo la conta del materiale che serve, un po’ a mente e un po’ grazie ad un libro col rilievo che Gianni prontamente tira fuori da non so dove. Quando siamo pronti e bardati a dovere ci avviamo. Per strada, vicino all’imbocco della grotta, ci troviamo quasi circondati da 3 o 4 enormi pastori maremmani che ci abbaiano contro. Per fortuna sembra che i nostri caldi inviti a non avvicinarsi vengano accolti con favore dalle belve canine e canute! Scendiamo il ripido sentiero fino allo sgrottamento iniziale mentre inizio a “spiegare” la grotta a Giulio. E’ sicuramente la grotta in cui sono stato piu’ volte e quindi riesco a ricordare quel poco che basta per incuriosire il mio amico. Sempre chiacchierando scendiamo il primo saltino e poi armiamo il primo pozzetto e lo scendiamo. Un rapido sguardo alla sala e poi proseguiamo per il pozzo da 19. Passando non manco di illustrare al mio amico gli effetti di una eventuale piena, tanto per farlo stare tranquillo! Armiamo la partenza e poi vado a scegliere un paio degli innumerevoli fix che pendono dal soffitto. Non abbiamo anelli quindi metto degli attacchi normali, un bel topolino e poi inizio a scendere per posizionare il deviatore. Guardo in alto all’armo appena fatto, caspita! C’e’ un attacco che lavora proprio male. Risalgo a sistemarlo e poi riprendo da dove avevo interrotto. Traffico un po’ per montare il deviatore perche’ sono mancino e lo spit mi sta “contromano”. Mi rigiro e mi aggiusto, ora posso montare il deviatore. Il cordino che ho portato sembra fatto apposta, la corda scende giu’ senza toccare le pareti. Benone! Scendo fino alla base del pozzo dando poi la libera a Giulio. Mentre lui scende vado avanti a dare una occhiata. C’e’ solo una lieve circolazione d’acqua, appena un velo ne scorre sul pavimento del meandro. Arrivo al saltino successivo, mi e’ un po’ antipatico perche’ riesco sempre a bagnarmi i piedi nella pozza che sta alla base. Inizio a vedere se qualcuno ha predisposto un armo “furbo” ma non mi sembra ci sia nulla di particolare da sfruttare. Passo qualche minuto immerso in queste profonde riflessioni. Quando ne riemergo mi accorgo che dal pozzo non si sentono ancora tracce di Giulio. Torno indietro a dargli una voce, per sicurezza. Arrivo quasi alla base del pozzo e lancio un sonoro urlo, Giulio mi risponde prontamente, e’ tutto ok. Ritorno indietro e lo aspetto al saltino. Intanto inizio ad armare. Quando Giulio mi raggiunge sono pronto a scendere e quindi vado senza ulteriori indugi. Rischio il bagno perche’ la corda che abbiamo e’ da 8mm in kevlar, la mezza chiave che utilizzo per bloccarmi mentre sposto i piedi scorre facilmente. Mi ritrovo col sedere a tanto cosi’ dall’acqua! Stavolta mi e’ andata bene, arrivo a superare la pozza ancora tutto asciutto. Visto che la corda e’ in kevlar, sfruttiamola, sistemo un attacco e monto velocemente una teleferica per far passare Giulio con tutta comodita’. Quando e’ passato risistemo l’attacco per proseguire la discesa e poi scendo. L’attacco successivo lo uso come deviatore. Sono arrivato, grido la libera a Giulio che mi raggiunge in un lampo e poi inizia ad esplorare la sala dove siamo arrivati. Ci avviamo verso lo scivolo di fango, gli mostro il pozzo alternativo allo scivolo. A proposito del pozzo mi torna alla mente un episodio che mi sembra accaduto proprio li’, durante una esercitazione di soccorso. Gli racconto di quando stavamo recuperando la barella con dentro Pollo a fare da ferito e la barella si e’ ribaltata sottosopra. Abbiamo finito il recupero del nostro amico con la barella verso l’alto ed il corpo verso il basso. Visto che il malcapitato teneva le braccia allargate per bilanciarsi, sembrava di tirare su un bel crocifisso! Finisco di raccontare e passiamo lo scivolo, il fango e’ abbastanza compatto. Descrivo a Giulio la cascatella d’acqua che lo aspetterebbe subito dopo nel caso non fossimo in un periodo di magra e passiamo oltre. Proseguiamo in relativo silenzio il resto del meandro, e’ il pezzo della grotta che mi piace di piu’ e, dopo tanto tempo dall’ultima visita, me lo gusto veramente con piacere. Arriviamo sopra il Marilu’, anche qui di acqua veramente poca. Descrivo a Giulio l’armo del pozzo e gli mostro il chiodo da roccia che da decenni fornisce un valido appoggio a chi scende il pozzo. Passiamo ancora un poco di tempo ad osservare gli armi fatti durante le numerose esercitazioni di soccorso fatte in questa grotta e poi prendiamo la via del ritorno. Annuncio a Giulio che vorrei tornare abbastanza velocemente perche’ abbiamo detto agli altri che saremmo stati via al piu’ 2 ore e non vorrei sforare di tanto. Tornando indietro e’ Giulio a disarmare mentre io rifaccio su le corde e le inzeppo nello zaino. Al saltino passo prima io e…dannazione! Mi scivola un piede e mi finisce in acqua. Mi bagno poco, pero’ anche questa volta il maledetto mi ha fregato!!! Giulio passa indenne. Risaliamo anche il pozzo da 19, qua il disarmo prende un poco piu’ di tempo ma oramai siamo quasi fuori. Saliamo il saltino iniziale e recuperiamo la corda. Passiamo in arrampicata l’ultimo ostacolo e siamo nello sgrottamento di ingresso. Fuori e’ ancora giorno ma il sole sta calando oltre la cresta delle montagne. I cagnoni non ci sono piu’, meglio cosi’! Torniamo svelti al parcheggio dove troviamo in nostri amici in quieta attesa. Gianni e’ impegnatissimo a parlare con Vincenzone, Betti e Maria riposano in macchina. Maurizio e’ nei pressi. Luna si precipita a salutarmi con la solita gioiosa foga. Luisa, che si e’ prestata a fare da dogsitter per Luna, viene letteralmente trascinata. Mentre ci cambiamo commentiamo la bella gita, tra l’altro, quasi per caso, siamo stati via proprio le 2 ore promesse. Luisa ci aggiorna sulla spinosa questione delle condizioni di Mhahrhthah. E’ lesionata a 12 metri, si dovra’ tagliarla e farne 2. Luisa non sapendo come dirlo a Netta le ha scritto in un sms che Mhahrhthah e’ stata masticata da Luna. Speriamo che Netta non invochi la legge del taglione pretendendo di masticare la povera Luna! Nel frattempo Gianni e Vincenzone parlano a raffica di nuove grotte, di vecchie, di possibili prosecuzioni e di nuove scoperte. Giulio ed io ci vestiamo, ricomponiamo il materiale e siamo pronti. Ridendo e scherzando si e’ fatta ora di cena ed il mio stomaco brontola speranzoso!
Salutiamo Vincenzone e partiamo alla volta della Sbirra. Non vado oltre a raccontare ma vi posso assicurare che la cena e’ stata il degno coronamento di una bella giornata.
Alla prossima!