Di nuovo a lavorare a Doppio Rum, con Matteo.
Doveva venire anche Valentina, ma la mattina ci avverte che si sente poco bene. Partiamo solo Matteo ed io. Ci fermiamo a fare colazione e rifornimento alla prima area di servizio in autostrada, quindi per stavolta Cicchetti salta. A Subiaco ci fermiamo al magazzino a prendere l’attrezzatura e proseguiamo. Mentre saliamo chiamo Maurizio per ricordargli che stiamo andando in grotta vicino casa sua. E’ a Livata ma ha altri impegni, rimaniamo solo in 2. Facciamo ancora un paio di soste, all’alimentari di Livata per i viveri e quindi al ristorante dove lavora Livia per un caffe’ ed un saluto alla nostra amica. Arrivando al parcheggio chiedo a Matteo di fare una ulteriore deviazione. Voglio presentargli pozzo Vale. Purtroppo scordo di portare la fotocamera quindi non posso documentare la visita. Ad ogni modo troviamo i dintorni del pozzo oramai sgombri dalla neve, dentro sembra cambiato nulla, non si e’ stappato come speravamo. Dopo la visita arriviamo finalmente al parcheggio utile per andare al Doppio Rum. Iniziamo a cambiarci senza ulteriori indugi.

Pronti. Si parte. Oramai la neve e’ solo un ricordo.

Con appena un filo di fiatone arrivo alla grotta cercando nel frattempo di raccontarla a Matteo.

Mentre termino di sistemare l’attrezzatura, spiego a Matteo come sistemare la corda di partenza.

Entriamo. Parte per primo Matteo e poi arrivo io a tirargli un poco di terra.

Sfruttiamo l’armo doppio del primo pozzo per scendere assieme. Faccio scegliere a lui su quale corda scendere. Alla fine prende quella con i frazionamenti, per fare esercizio.

Arrivo al terrazzino fangoso e lo aspetto.

Per il tratto successivo di grotta mando avanti lui, cosi’ si puo’ godere la scoperta della grotta. All’ultimo pozzo facciamo una rapida sosta per sistemare finalmente il deviatore che manca. Abbiamo appositamente preso dal magazzino un cordino ed un moschettone. Pochi minuti ed e’ a posto.

Arriviamo al “campo” dell’attuale fondo. Matteo si toglie tutto l’imbrago e va subito a vedere lo stato dell’arte in zona lavori. Io faccio la stessa cosa ma con piu’ calma.

Lo raggiungo che gia’ si sta infilando nello stretto, dove ci siamo fermati la volta scorsa.

Dopo un rapido esame della curva, Matteo dichiara che con qualche sforzo gia’ potrebbe passare. Decidiamo pero’ che non e’ il caso di andare ad incastrarsi nello stretto quando comunque dovremo lavorarci per fare in modo che ci si passi tuttti.

Dopo un’ora abbondante siamo riusciti a smussare la curva. Ora Matteo passa senza troppe difficolta’, io ancora no. Gli passo la fotocamera per documentare il piccolo ambiente dopo la curva.

Il denso e spesso strato di fango che riveste le pareti dopo la curva.

Non sono sicuro, questo dovrebbe essere quello che si vede oltre la curva successiva.

L’inizio della seconda curva.

Una panoramica della prima curva dopo il lavoro fatto. Matteo per ricavare altro spazio dopo la curva decide di buttare giu’ parte del fango che c’e’ sulla parete. Riesce nell’intento di ricavarsi spazio, pero’ con il fango ostruisce la via di deflusso dell’acqua ed in breve si ritrova con le scarpe completamente sommerse da fango acquoso.

Appena me ne accorgo gli dico di correre ai ripari e gli passo il piede di porco con il quale scava un nuovo canaletto di scolo. Ora avrebbe lo spazio per fare foto migliori della zona dopo la seconda curva. Gli ripasso la fotocamera, pero’ ha le mani che grondano fango, quando la afferra gia’ intuisco che le foto non saranno buone…ed infatti.

Anche Matteo si e’ trasformato in una statua di fango. Mentre lui continua a lavorare sguazzando nell’acqua fangosa, io dalle retrovie cerco di migliorare il deflusso dell’acqua lavorando con il piede di porco.

Alla fine, anche se la situazione migliora, il fango ha la meglio sulla tenacia di Matteo. Quando lo vedo tremare come una foglia e’ facile decidere che e’ l’ora di tornare indietro. Rifacciamo gli zaini, indossiamo di nuovo gli imbraghi ed iniziamo la salita. Vado avanti io. Ci teniamo ad un frazionamento di distanza. Riesco a beccarlo con un sasso, pero’ piccolo, solo una volta. Vista la mala parata Matteo rallenta la sua andatura ed in breve ci perdiamo di vista. Arrivo al primo pozzo, al terrazzino fangoso, li’ dove ci sono 2 vie per risalire. Mi fermo ad aspettare il mio amico per salire assieme. Stavolta mi sistemo sulla corda con i frazionamenti, cosi’ puo’ godersi la tirata unica.

Arriva che inizio a sentire freddo. Quando passa il frazionamento e prende la sua corda, rompo gli indugi ed inizio a salire.

Da sopra vedo che arriva ancora la luce del giorno. Stavolta non abbiamo fatto troppo tardi.

A meta’ pozzo mi sono di nuovo riscaldato. Posso fermarmi ad aspettare il mio amico, faccio qualche foto ombrosa.

Ogni tanto guardo verso l’alto. La luce mi attira, faccio una pedalata ogni tanto, tanto per fare.

Arrivo pian pianino al frazionamento. Matteo e’ ancora a qualche metro di distanza. Lo aspetto per non tirargli sassi e/o fango mentre esco.

Nell’attesa continuo a guardare verso la luce.

Ecco Matteo.

Nemmeno il tempo che metta la longe e fuggo fuori al tepore del giorno. Inizio a togliere l’attrezzatura mentre aspetto per fare una foto dell’uscita del buon Matteo.

E’ infangato cosi’ bene che si merita anche piu’ di una foto.

Dopo il reportage fangoso prendiamo le nostre cose e torniamo alla macchina e a questo bel prato fiorito.

Ci cambiamo con molto piacere indossando vestiti caldi ed asciutti. Chiudiamo la giornata con una veloce cena a Marano, da Antonia. Del ritorno non direi nulla, perche’ nulla c’e’ da dire. Alla prossima.