Riscoperta del cavone “der pintus” con Cristian, Vincenzo, Fabrizio, Francesca ed io.
A dire la verita’ non avevo progettato alcunche’ per il fine settimana. Mi chiama (o meglio, mi “messaggia”) Cristian proponendomi di andare a Carpineto a ritrovare il cavone piu’ in alto, quello che lui chiama “Cavone I°” o “Cavone del triangolo rettangolo” ed io in maniera piu’ casareccia “Cavone der Pintus”. Ci avevamo gia’ provato questo inverno, il ghiaccio ci aveva fatto desistere, ma questo mi pare di avervelo gia’ raccontato. Ma ritorniamo un poco al passato cosi’ vi racconto perche’ lo chiamo il “cavone der Pintus”. Il “signore anziano nonno Pintus” ancora il secolo scorso aveva deciso di approfondirne la conoscenza e aveva trascinato tutti gli amici su per l’erta che porta al cavone. Dopo una simile esperienza gli amici diventavano molto meno amici e rinunciavano volentieri a frequentare oltre l’accoppiata Pintus-Cavone. Ad un certo punto entro in scena anche io. Nonno Pintus (allora era solo un giovine ed aitante “signore anziano”) mi porta a conoscere il cavone. Mi piace! Ne divento un assiduo frequentatore, prima insieme al Pintus e a qualche raro sventurato e poi anche da solo. Insieme ne allarghiamo la frattura orizzontale sulla sinistra e poi la strettissima buca da lettere che scende verso il basso. Facciamo molto lavoro ma ad ogni ostacolo oltrepassato ne troviamo uno nuovo. Praticamente troviamo una strettoia ingombra di sassi, la sgombriamo, scendiamo qualche metro e poi ci ritroviamo nella medesima situazione. La versione speleo della “storia infinita”! Comunque dopo tanto lavorare lasciamo stare il cavone per un lungo periodo, forse nonno Pintus e’ andato ancora alcune volte ma io sicuramente no. Arriviamo cosi’ ai giorni nostri dove inizia questo resoconto. Con Cristian abbiamo appuntamento al bar “fico” vicino a Ikea alle 7.30. Non so chi altri verra’ con noi ma non mi importa, comunque sono sicuro che mi divertiro’ e questa e’ l’unica cosa che conta! Arrivo al bar alle 7.15, sono con Luna, la cagnolina di casa, anche a lei piacciono le passeggiate in montagna. Cristian ha mandato un messaggio dicendo che ritarda qualche minuto, decido di consumare l’attesa con una colazione e la solita sistemazione del caos di attrezzatura che ho in macchina. Al bar, ai tavolini di fuori vedo seduta una coppia. Lui mi sembra una faccia conosciuta, non mi faccio avanti per evitare le mie solite figuracce ma passando sfodero un sorrisone verso di loro che pero’ non viene corrisposto con un “ma guarda un po’ chi si rivede” e quindi tiro dritto dentro al bar per la prima colazione. Quando ne esco recupero Luna dal palo dove l’avevo legata ed insieme andiamo alla macchina dove, con fatica, compongo lo zaino. Chiudo la macchina e porto Luna a passeggio nel prato antistante il parcheggio. La vegetazione e’ rigogliosa in questo periodo, mi arriva ai fianchi ma Luna vi si tuffa con gioia ed entusiasmo odorando e ciancicando erba a tutto spiano. Sono quasi le 8. Di Cristian nemmeno l’ombra, alla faccia di “qualche minuto”! Lo chiamo, sento che e’ in macchina, conta di arrivare tra 5 minuti. Eccolo finalmente! Quando arriva al bar ho la conferma, i ragazzi seduti al tavolino sono con noi. Cristian ci presenta, sono Francesca e Fabrizio. Fabrizio mi sembra di averlo gia’ incontrato ma lui non si ricorda di me. Vabbe’, se ne ricordera’ la prossima volta! Andiamo per la seconda colazione, offre Cristian per farsi perdonare. Dobbiamo aspettare ancora un amico di Cristian, Vincenzo ma pare debba ancora uscire di casa. Per telefono Cristian gli da’ appuntamento direttamente a Carpineto, al parcheggio di “acqua Mezzavalle”. Non riusciamo a compattarci con le auto perche’ per la sera abbiamo tutti programmi differenti. Faccio montare Luna in macchina e partiamo. All’uscita dell’autostrada a Colleferro mi accorgo che Cristian e’ dietro di me. Per la strada si ferma a fare benzina, mi accosto per aspettarlo ma l’angoletto che ho scelto e’ il piu’ trafficato del mondo e quindi riparto prima che qualche camion in manovra mi speroni. Vado pianino e mi ribecco con Cristian sulla strada carpinetana. Accelero un po’, ho voglia di iniziare la nostra camminata! Facciamo una sosta in paese per fare un po’ di spesa e poi saliamo verso pian della faggeta e quindi al parcheggio di acqua Mezzavalle.
Quando noialtri siamo pronti per partire di Vincenzo non si vede ancora neanche l’ombra. Costringiamo Cristian a chiamarlo per sapere quanto dovremo ancora aspettare. Per fortuna e’ vicino, ancora pochi minuti. Sono un poco innervosito dalle attese e per placarmi metto mano a quello che doveva essere il mio pranzo. Divoro con gusto 2 dei 3 pezzi di pizza con mortazza. Uno almeno riesco a salvarlo per il pranzo! Finalmente Vincenzo arriva e ci stupisce favorevolmente quando si presenta gia’ pronto a partire. Gli ammolliamo un po’ di peso aggiuntivo (batteria e trapano) e via! Luna sfreccia felice per il prato iniziando il suo solito andirivieni di corsa mentre noi arranchiamo lentamente su per la salita. Dopo il primo tratto di erta intercettiamo il sentiero ed iniziamo a seguirlo. Cristian annuncia che ci vuol far vedere dei buchi e nel contempo farci evitare la “pittata” come lui chiama la pietraia infame che caratterizza il tratto finale di salita (40 minuti di sana agonia che tanti amici ha fatto perdere al Pintus!). Come stabilito, ad un certo punto deviamo dal sentiero principale ed iniziamo a seguire dei segni rossi a vernice fatti sui sassi, e’ il nuovo sentiero che sta tracciando Vincenzone (vecchia gloria della speleologia locale e sempre molto attivo, ha da poco festeggiato i suoi primi 40 anni di attivita’). Probabilmente deve ancora finire il lavoro perche’ ad un certo punto perdiamo di vista i segni rossi e continuiamo a casaccio. Perdiamo cosi’ la visita al primo buco perche’ Cristian non ne ha preso il punto con il fido GPS. Proseguiamo per gli altri. Il primo che incontriamo con l’aiuto del GPS e’ uno dei famigerati cavoni, poi facciamo una sosta poco piu’ in su ad un buco “senza nome” (ma Gianni il nome lo conosce sicuramente!) che aspira e quindi al “Cavone della Mezzaluna”.
Riprendiamo fiato e poi via per l’ultimo tratto fino alla nostra destinazione, il “Cavone del triangolo rettangolo” (ma si chiamera’ proprio cosi’?). Stavo cercandolo ma lo avevo sorpassato, Cristian ed il fidato GPS mi riportano sulla retta via.
Lo raggiungo e sbatto a terra lo zaino spargendo il materiale tutto attorno. Come prima cosa una bella bevuta per Luna e poi per me. Poi prendo attacchi e corda ed armo il pozzetto d’ingresso. Gli spit sono “anzianotti” e ben arrugginiti pero’ uno si puo’ salvare. Utilizzo il vicino albero per la partenza, finisco di sistemare la corda e poi mi preparo.
Nel frattempo sono arrivati tutti, Fabrizio e Francesca si cercano un angolino comodo poiche’ non entreranno in grotta. Cristian e Vincenzo si preparano a seguirmi. Mi calo per il pozzetto e mi faccio da parte per aspettarli. Per il momento scende solo Cristian, Vincenzo si attarda un po’ nei preparativi. Mentre inizio a descrivere la grotta a Cristian gli dico anche di lasciare qui l’attrezzatura, tanto la grotta non e’ armata e comunque noi non abbiamo altre corde. Davanti a noi abbiamo lo scivolo di fango ricoperto di foglie lungo un paio di metri che porta alla prima strettoia orizzontale. La strettoia in questione e’ sulla sinistra ed e’ stato il primo dei molti lavori di allargamento che ha subito la grotta. Sulla destra c’e’ un ambiente ma e’ chiuso da un diaframma di roccia. Passata la strettoia si arriva in un piccolo ambiente dove inizia la parte verticale della grotta. Inizialmente era una strettissima buca da lettere, larga non piu’ di 4 dita. Ancora ricordo bene che allargarla lavorando a testa in giu’ non e’ stato un gran divertimento! Quando ci arrivo trovo 2 sorprese, il buco e’ piu’ comodo di quanto ricordassi ed in piu’ e’ armato! Ma allora il cavone in questi ultimi 10 anni non e’ rimasto abbandonato a se stesso! Qualcuno ci ha lavorato! E le sorprese non finiscono qui. Non ho idea di chi possa essere ma sono contento che qualcuno abbia avuto la pazienza di venire fin quassu’ a lavorare! Chissa’ che questa relazione possa servire anche a scoprire l’autore del bel lavoro fatto. Magari e’ il Pintus stesso e non me lo ricordo?!? Ma torniamo alla grotta. Scesi i primi metri mostro a Cristian la saletta laterale, anche qui e’ stato fatto del lavoro e trovo un piede di porco ben arruginito a testimoniarlo. Continuiamo a scendere, c’e’ un’altra corda su armo naturale che arriva dove l’ultima volta che c’ero stato avevo lasciato l’ennesimo punto da allargare. Questo costituiva, allora, il fondo della grotta. E’ stato allargato! La grotta, come naturalmente mi aspettavo continua a scendere. La corda nell’ultimo pozzetto non c’e’ ma e’ abbastanza stretto da poterlo affrontare anche senza; disarrampicando, come dice Cristian! Sul fondo, una decina di metri piu’ in basso, c’e’ ancora un punto da allargare. Il passaggio e’ ostruito da un sassone piatto di buone dimensioni. Sembra solo appoggiato ma ha un peso immane, almeno per le mie forze. Anche aiutandomi con un piede non riesco a sollevarlo. Decidiamo di romperlo. Dobbiamo pero’ andare fuori a prendere il necessario. Visto che e’ anche ora di pranzo torniamo indietro per unire l’utile al dilettevole! Quando arriviamo allo scivolo di fango sentiamo Vincenzo, ci dice di averci chiamato a lungo ma senza risposta, in effetti nulla avevamo sentito. Non conoscendo la grotta si e’ rassegnato ad aspettare. Gli diciamo succintamente cosa contiamo di fare. Lui vuole scendere e aspettiamo che lo faccia. Gli descriviamo brevemente la grotta e rimaniamo d’accordo che, mentre noi andiamo a pranzo ed a preparare il necessario, Vincenzo smazzettera’ il diaframma per accedere all’ambientino subito a destra alla fine dello scivolo.Per quanto riguarda il pranzo, Vincenzo aveva annunciato di avere con se ben 4 salsicce, Cristian in paese ha comperato 2 scamorze, possiamo organizzare una festa!
Fabrizio e Francesca per riscaldarsi e in previsione delle libagioni hanno acceso un fuocherello e sono pronti a cuocere il tutto. Fornisco il mio contributo contornando il fuoco con alcuni sassi, sarei stato un ottimo boy-scout se mai mi fossi cimentato!
Mentre loro si adoprano ancora negli ultimi preparativi, Cristian ed io ci dedichiamo alla preparazione del materiale necessario per proseguire i lavori in grotta. Ad un certo punto noto che Luna si e’ allontanata, la chiamo. Stavolta non torna, come al solito. Inizio a preoccuparmi, continuo a chiamarla. Francesca mi da una mano a cercarla, la troviamo ferma immobile a qualche decina di metri da noi.
Ai miei richiami non si volta nemmeno, Mi chiedo chissa’ cosa impegna cosi’ la sua attenzione ma sono troppo incavolato perche’ non ha risposto ai richiami. La vado a prendere e la trascino in malo modo al nostro accampamento dove la lego ad un albero.
Mi sento la persona piu’ crudele del mondo per averla trattata male e per il tenerla legata ma non posso nemmeno pensare alla eventualita’ che si possa perdere nel bosco. Sistemata Luna riprendo ad aiutare Cristian nella sistemazione del materiale mentre oramai il fuoco e’ pronto. Vincenzo nel frattempo e’ uscito anche lui e lo coinvolgiamo subito nella preparazione del festino.
Insieme a Fabrizio selezionano una pietra piatta che poi pongono sulle braci. Sara’ la nostra griglia. Quando la pietra e’ calda mettiamo a cuocere salsicce e scamorze ed inganniamo il tempo parlando della grotta e di quello che bisogna fare. Decidiamo che andremo a vedere per prima cosa l’ambiente a destra alla fine dello scivolo di fango
e poi che smonteremo la corda del primo pozzetto che abbiamo trovato armato per spostarla all’ultimo pozzo che e’ piu’ complesso da scendere.
Nel frattempo le scamorze si sono ben sciolte e le salsicce sono praticamente pronte, iniziamo il banchetto!
Non abbiamo pane, Francesca, gentilissima, ci offre i suoi cracker al riso, ma sinceramente non danno il meglio di se come accompagnamento della scamorza con salsiccia. Mi ricordo che ho ancora un pezzetto di pizza con la mortazza che avevo comperato per pranzo. Ne uso un pezzo per avvolgervi la salsiccia scamorzata.
Ora si che va bene! Per farmi perdonare da Luna le offro un po’ di salsiccia e di mortadella, accetta ma continua a tenermi il muso per averla maltrattata.
Terminato il lauto pasto (grazie Vincenzo! Grazie Cristian!) rientriamo in grotta. Constatiamo subito che Vincenzo ha fatto un buon lavoro sul diaframma di roccia.
Riesco a passare quasi senza sforzo e mi ritrovo nella piccola sala. Faccio un poco d’ordine spostando di lato i sassi che danno piu’ fastidio. Si sente aria arrivare alla mia destra (guardando verso il punto da cui sono entrato).
Mi giro verso quel punto, l’aria potrebbe venire da un buco in basso a sinistra o da una frattura ingombra di sassi di crollo davanti a me. Inizio a scavare davanti a me perche’, a mio avviso, il buco in basso a sinistra comunica con la saletta subito sotto.
Anzi, per escludere arrivi d’aria da li’, copro il buco con la terra che tiro fuori dalla frattura.
Cristian non ce la fa a resistere e si infila anche lui nella piccola sala. Siamo strettini ma ci stiamo. Diciamo a Vincenzo di scendere nella saletta sotto per vedere se ci sono punti di contatto tra la saletta dove siamo noi e quella sottostante. Cristian inizia a liberare la frattura dai sassi e se ne prende un paio sulle mani, per fortuna senza gravi conseguenze. Vincenzo ci chiama dalla saletta sotto ma la sua voce sembra arrivare da tutta altra direzione. Forse la mia impressione che le 2 salette siano comunicanti e’ sbagliata, ci sara’ da approfondire. Ma sara’ per un’altra volta. Mentre usciamo dalla saletta Vincenzo ci raggiunge.
Iniziamo a spostarci verso il fondo per fare il lavoro che ci siamo prefissi.
Parte prima Cristian e disarma la corda al primo pozzetto. Poi passa Vincenzo e lo seguo io buon ultimo.
Alla saletta scavalco Vincenzo per andare ad armare la corda sull’ultimo pozzo.
Utilizziamo la seconda corda fino a che ce n’e’ e dove il pozzo restringe mettiamo un deviatore.
C’e’ un “piccolo” problema con il fix, battendo per inserirlo nel foro si rovina la filettatura, il dado si blocca ed il fix inizia a girare nel foro. Cristian lancia imprecazioni perche’ cosi’ ha perso una piastrina. L’attacco, anche se il fix non ha tirato, sembra reggere e puo’ funzionare ugualmente come deviatore. Lo utilizzo comunque. Scendo piu’ in basso, unisco le 2 corde, faccio un armo su naturale e continuo a scendere.
Cristian mi segue. Prima che scenda Vincenzo decido che l’armo naturale che ho utilizzato e’ troppo risicato per essere sicuro e quindi risalgo per mettere un fix. Questa volta faccio attenzione a pulire bene il foro e quando inserisco il fix lo faccio martellandolo senza dado. Dado e piastrina mi cadono di mano! Per fortuna Cristian, sotto di me, ritrova tutto. Finisco di martellare il fix. Fatico un po’ ad impanarlo ma poi prende bene. Stavolta e’ andata!
Dopo questo intervento, scendiamo tutti e, con pochi minuti di lavoro, frantumiamo il sassone che ostruiva il passaggio. Cristian si infila subito nel pertigio che si e’ aperto.
Inizia a spostare sassi come un forsennato, ogni tanto ne tira giu’ uno, i rumori che produce sono confortanti sembra che sotto di noi ci sia un altro ambiente con un pozzo di circa 20 metri. Contribuisco come posso alla sua opera di pulizia ma obbiettivamente in quel posto in 3 siamo troppi. Quando inizia ad utilizzare il trapano per rompere i sassi che ostruiscono il passaggio decido di lasciare il passo a Vincenzo e annuncio ad i miei amici che mi ritiro per andare a vedere come sta Luna. Risalgo piano piano facendo attenzione a tirare meno sassi possibile agli esploratori sotto di me. Mi fermo per una visita alla saletta laterale. Anche qua ci sono vistosi segni del gran lavoro fatto. L’accesso alla saletta successiva che avevo lasciato stretto mi sembra essere rimasto stretto. Affacciandomi vedo pero’ che qualcuno e’ passato dall’altra parte e ha lavorato aprendo un passaggio in basso a sinistra.
Provo ad infilarmi, e’ troppo stretto per me, come minimo dovrei togliermi l’imbrago e non ne ho voglia. Qualcuno piu’ smilzo di me vedra’ se vale la pena! E’ stato fatto del lavoro anche entrando sulla sinistra ma anche li’ non mi sembra di vedere cose eclatanti. Per terra vicino all’ingresso della saletta dove sono c’e’ una piccola buatta, simile a quelle dove si metteva il carburo. A tastoni cerco di capire cosa ci sia dentro ma non riesco a capirlo. La apro e…mi ritrovo i guanti fradici di acqua rugginosa! Guardo dentro e trovo dei cilindretti metallici ridotti ad un grumo di ruggine. Faccio scolare l’acqua, rimetto tutto dentro e richiudo. Non credo che quei cosi possano ancora servire a
qualcosa pero’ sposto la buatta dentro la saletta in un punto dove credo non circoli acqua. Dopo il sopralluogo alla saletta riprendo a salire, sento i miei amici lavorare di brutto ma non credo ne avranno per molto, la prima delle 2 batterie l’ho consumata io, la seconda ancora sembra andare ma non credo durera’ tantissimo.
Alla base del pozzetto iniziale recupero la maniglia e risalgo. Sono fuori, Luna e’ sempre li’ e mi guarda in cagnesco!
Fabrizio e Francesca sono vicini al fuoco. La giornata e’ ora bella, il cielo si e’ completamente rasserenato ma a stare fermi si sente un freddo notevole. Mentre aspettiamo gli esploratori preparo la pappa per Luna. Come al solito divora il tonno e disdegna i croccantini. E’ proprio offesa! ogni volta che mi avvicino lei si gira e si allontana, ci provo un paio di volte poi la lascio in pace. Passiamo il tempo a chiacchierare del piu’ e del meno ma ad un certo punto, nonostante il tepore delle braci inizio a sentire freddo seriamente. Il sole sta calando oltre la cima dei monti di fronte a noi e la temperatura sta’ scendendo rapidamente. Indugiamo ancora un paio di volte nella speranza che i nostri amici in esplorazione spuntino fuori ma poi il freddo vince e decidiamo di abbandonarli. Prendo con me il pochissimo materiale che e’ rimasto fuori dalla grotta per non lasciare tutto il carico a loro e poi partiamo. Arriviamo alla cresta, vorrei scendere a destra per arrivare a fondo valle dove si apre la piana per poi scendere lungo il sentiero. Ho appena iniziato a spostarmi quando dalla nostra destra un nuvolone basso arriva a coprire tutta la valle dove volevo arrivare. Deviamo decisamente a sinistra per non rimanerci dentro. Scendiamo in diagonale lungo la pietraia fino a raggiungere il sentiero e poi proseguiamo chiacchierando di cose speleo.
Arriviamo alle macchine che si sta facendo buio. Mi cambio in fretta perche’ i vestiti bagnati di sudore e l’aria fredda non vanno d’accordo con il mio mal di schiena! Sono quasi pronto quando ecco spuntare dal buio una figura polverosa, e’ Vincenzo! Ma allora sono usciti non appena siamo partiti, succede sempre cosi’! Come si dice, e’ tutto bene quel che finisce bene! E ora non rimane altro che la cena che e’ sempre e comunque bene! Fabrizio e Francesca ci lasciano, noi altri raggiungeremo alla Sbirra degli amici del gruppo Speleologi Romani con il quale Cristian deve andare in grotta domani.
Qui, come di consueto, vi saluto dandovi appuntamento alla prossima uscita, aggiungo solo parte della relazione di Cristian che riguarda la giornata perche’ mi piace il suo stile, conciso e dinamico: Sabato insieme a Fabrizio Toso (GSS), Fabrizio Paoloni e Francesca (Shaka Zulu Club Subiaco) e Vincenzo Bello sono stato al Cavone I (o del triangolo rettangolo che dir si voglia). Abbiamo ispezionato una saletta a 7 metri di profondità come da indicazioni di G. Pintus ma non abbiamo trovato prosecuzioni rilevanti. Ciò che invece ha catturato decisamente la nostra attenzione è il fondo della grotta (a circa una trentina di metri di profondità dall’ingresso) dove con Bibbo e Vincenzo abbiamo rotto un paio di massi e quindi siamo entrati in un piccolo ambientino un po’ stretto ma che ci ha dato la possibilità di decretare fattibile l’opera di disostruzione poichè incentivata dalla presenza di una verticale di una ventina di metri inesplorata. C’è un po’ di lavoro di scasso da fare ma SI PUO’ FARE visto che inoltre la circolazione d’aria è invitante: il cavone è impostato su frattura (è giovane) quindi è contraddistinto dalla presenza di massi di crollo che sembrano essere sempre lì in bilico a caderti addosso…nulla di preoccupante ma bisogna concedergli la dovuta attenzione nella progressione. Si spera che scendendo ulteriormente, il Caprea ci consenta di entrare nelle sue ampie cavità.
Ora siamo proprio alla fine! Un saluto da Bibbo!
Certo che un’uscita senza Mharhthah…
L’avevo sentita Mhahrhthah. Era a pranzo da laccamuta e poi dice che non si impegna per pozzi da meno di 40 metri… 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂 🙂
…ti sbagli…Laccamuta è Mhahrhthah…era a pranzo dal Fatiglio casomai!
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